Il giornalista denuncia la mafia su Facebook. E la sua pagina scompare…
Stefano Corradino
"Su Facebook mica si potrà solo scrivere, ‘ho mangiato, ho dormito e tutte quelle altre fesserie che si leggono, no? Si potrà pur comunicare qualcosa di più serio e di più drammatico?"
"Su Facebook mica si potrà solo scrivere, 'ho mangiato, ho dormito e tutte quelle altre fesserie che si leggono, no? Si potrà pur comunicare qualcosa di più serio e di più drammatico?". Ad affermarlo è Nino Randisi, giornalista e dirigente sindacale siciliano dopo aver scoperto di essere stato cancellato da Facebook, il social network di internet. Senza alcun preavviso. E in molti sorge il sospetto che non sia un problema tecnico ma che la motivazione possa affondare nelle cose che Randisi ha scritto, in particolare sulla mafia. Siamo al secondo caso in pochi giorni (il primo è stato Michelino Crosti di Radio Popolare) di cancellazione da FB di giornalisti che utilizzano il web non per parlare di sé ma per porre all'attenzione dell'opinione pubblica fatti ed opinioni. Che interessano a molti degli utenti. Ma altri, evidentemente, da queste rivelazioni, si sentono minacciati.
Il messaggio ricevuto da Randisi è freddo e burocratico, e lo informa che il suo account "è stato disabilitato da un amministratore". "Avevo semplicemente ironizzato – ci dice Randisi al telefono – sul fatto che si dà diritto di cittadinanza su Facebook ad alcuni gruppi inneggianti la mafia e che invece se ne cancellano altri che contestano il presidente del Consiglio…" E così, in un solo colpo sparisce un profilo biografico, i contatti, la corrispondenza in bacheca (che tutti possono vedere), foto e filmati pubblicati e la propria posta personale.
E qualcuno ricorda il film "The Net. Intrappolati nella rete" in cui a una persona qualunque, che aveva fatto una scoperta clamorosa, veniva cancellata l'identità…
Censura o problema tecnico? Vorremmo saperlo. Facebook è un canale di comunicazione importante. Come ogni strumento di grande diffusione sul web ha i suoi problemi legati ai rischi di diffamazione, alle violazioni della privacy all'uso volgare ed offensivo del linguaggio, e delle immagini. Purtroppo però più di una volta il criterio di inclusione o di esclusione sembra appartenere a logiche piuttosto arbitrarie… Si consente l'esistenza di un gruppo “Per chi vuole aiutare la camorra ad ammazzare Roberto Saviano” che oggi conta solo 2 iscritti, mentre una settimana fa ce ne erano una decina, ma se ne cancella uno nel quale le donne allattano i figli perché sarebbe ai limiti della pornografia. Si consentono siti che inneggiano alla mafia e si cancellano giornalisti che della lotta alla mafia hanno fatto la loro battaglia quotidiana. Ci auguriamo che si tratti solo di un errore di sistema e che non sia questo, il sistema.
Fonte: Articolo21
6 marzo 2009