Il giornalismo italiano non può non prender parte alla mobilitazione
Roberto Morrione
E’ sui contenuti validi che "Si può saldare subito uno schieramento, che veda insieme i tanti giornalisti e tecnici Rai che non accettano di esercitare il mestiere ammanettati dal potere e da direttori grati a chi li ha messi in quel posto e gli autori, i programmisti, gli sceneggiatori, i tanti collaboratori esterni e soprattutto la parte responsabile della società civile".
Dopo l’orgia delle nomine Rai di mezz’estate, antica consuetudine bi-partisan, ma con i diktat e la diretta supervisione del premier nella scelta dei direttori ( in puro stile berlusconiano) si accende ora lo scontro su Rai 3 e TG 3, che nello schema della lottizzazione storica dominante nel Servizio Pubblico spettano alle scelte del PD, ma che il premier dichiaratamente non sopporta, per i contenuti antitetici al suo modello di informazione allineata, asettica, priva di denuncia critica e autonoma. Sullo sfondo, nel paludoso quadro della gestione aziendale dominata dal conflitto d’interessi, dalla legge Gasparri e dai proconsoli della maggioranza di governo, sembra riaprirsi così una giostra di nomi, il cui esito dipenderà da giochi di potere, anche con personalismi all’interno del CDA, non certo da oggettive valutazioni sulle professionalità e le esperienze acquisite, la qualità dei contenuti, i bilanci degli ascolti, il consenso di quella parte dei cittadini che, considerate le scelte delle altre Reti, già permeate dal modello evasivo e propagandistico caro al premier, su Rai 3 appuntano i residui motivi di affezione al Servizio Pubblico.
Il PD a sua volta, immerso a testa bassa solo nel confronto congressuale, sembra vivere su un altro pianeta e rischia di essere posto all’angolo, assumendosi brutalmente l’immagine del lottizzatore, per di più sprovveduto e attaccabile “da sinistra”, secondo una definizione di un tempo magari declinabile oggi in chiave “dipietrista”…
E tutto questo passerà largamente al di sopra della società italiana, tramortita da un quadro dell’informazione televisiva fatto del nulla, dove la banalità e il conformismo affogano gli enormi problemi della realtà, della crisi, delle tragedie collettive sul mare e di quelle quotidiane di milioni di persone rese realmente “clandestine”, dell’assenza di legalità e di responsabilità, in un Paese sempre più irriconoscibile e privato della parte migliore delle proprie radici, in un mondo di contraddizioni e drammi che la TV del consumo e dell’effimero ignora.
E’ su questi contenuti che occorre invece puntare e farlo subito, prima che con l’Autunno si profili minaccioso il piano di definitiva occupazione mediatica annunciato da Berlusconi, a partire dalla legge sulle intercettazioni, il cui contrasto non potrà essere affidato solo alla vigilanza costituzionale e all’intervento del Presidente Napolitano. E’ decisivo comprendere come gli attacchi di Berlusconi a Rai 3 e il tentativo di cambiarne assetti, gestione e probabilmente scelte editoriali non sono cosa diversa, ma costituiscono una parte essenziale di questo piano, che non si accontenta più del servilismo dell’impero mediatico, sul parametro del TG 1, ma che esige un bavaglio più stretto, rifiutando anche sprazzi di verità, di memoria critica, attraverso inchieste, news non reticenti, uso della diretta giornalistica nel vivo delle situazioni sociali e delle battaglie sui diritti.
Sull’obiettivo di salvare e rendere anzi più incisivi i Report, gli approfondimenti del TG 3, le serate di Lucarelli, le inchieste di Jacona, come la satira intelligente e creativa, si può saldare subito uno schieramento, che veda insieme i tanti giornalisti e tecnici Rai che non accettano di esercitare il mestiere ammanettati dal potere e da direttori grati a chi li ha messi in quel posto e gli autori, i programmisti, gli sceneggiatori, i tanti collaboratori esterni e soprattutto la parte responsabile della società civile. Anche riaprendo un’analisi intelligente sulla fiction, come hanno fatto con grande incisività i Procuratori di Palermo Ingroia e Scarpinato ponendo interrogativi reali su come la TV pubblica e privata stia trattando da anni i temi della lotta alla mafia, con esiti culturali e sociali, soprattutto fra i giovani, estremamente rischiosi e problematici.
Il giornalismo italiano, attraverso le sue rappresentanze sindacali, ma anche quella parte di redazioni che non vuole rinunciare a esprimere un approccio con la realtà tetragono all’edulcorato appiattimento sul potere, non può non rispondere a questo tipo di mobilitazione. Libera Informazione, come Articolo 21, faranno la loro parte, ma spetta alla FNSI il compito di muoversi subito per coordinare e attivare queste energie, fissare un programma d’azione, collegarsi a chi – come il segretario del PD Franceschini ha fatto in una dichiarazione importante, ma finora solitaria – ha preannunciato per Settembre una forte protesta popolare per fermare il disegno berlusconiano. Non dimentichiamoci la scena finale del “Caimano” di Nanni Moretti: quando si accendono roghi, niente di meglio della stampa per alimentarli e le immagini, come i byte, ardono benissimo.
Fonte: Articolo21
28 agosto 2009