Il futuro dell’europarlamento: allarme per il successo dei partiti xenofobi
Maurizio Molinari
L’analisi sul voto di Luciano Scagliotti, coordinatore italiano dell’Enar, network contro il razzismo: “Preoccupano i risultati di Ungheria, Grecia e Francia”. Ma “possiamo consolarci parzialmente con l’Italia, per una volta àncora di salvezza”.
Abbastanza preoccupati dal risultato delle Europee, ma molto più preoccupati per quello che potrà essere il futuro se non si imparerà dalla lezione che questo voto ci dà. Ecco, in sintesi, il pensiero di Luciano Scagliotti, coordinatore italiano dell’Enar, il network europeo contro il razzismo.
“Possiamo consolarci parzialmente con i risultati in Italia – ha detto Scagliotti – perché i partiti dichiaratamente xenofobi nel nostro paese hanno ottenuto percentuali trascurabili. La Lega ha sì superato il 6%, però la sua influenza sul Parlamento Europeo a livello politico sarà minima. Il Movimento Cinque Stelle, che ha perso molti voti rispetto alle ultime elezioni politiche, pur avendo posizioni abbastanza ambigue su temi quali l’immigrazione e la lotta alla discriminazione, non è dichiaratamente xenofobo e comunque non ha sfondato. E i partiti più ostili alla società multiculturale e a una gestione più aperta dei flussi migratori, in Italia, non eleggono nemmeno un europarlamentare”.
Diversa, secondo Scagliotti, la situazione in Europa: “I successi degli indipendentisti fiamminghi del Vlaams Belang in Belgio, del Front National in Francia, dello Jobbik in Ungheria, del partito anti-immigrazione danese, dei Veri Finlandesi, dello Ukip di Farage nel Regno Unito, i tre deputati dei neonazisti di Alba Dorata in Grecia, la buona performance dell’estrema destra tedesca… Questi sono i risultati che fanno scattare un campanello d’allarme. “Avremo un europarlamento con circa centoquaranta deputati che, seppur con diverse sfumature, si dichiarano contro l’idea di un’Europa più sociale, più attenta ai più deboli e più aperta verso gli immigrati. Ma c’è un altro aspetto poco sottolineato: i partiti che confluiranno nei popolari europei, il PPE per intenderci, tendono a spostarsi sempre più verso destra per cercare di togliere voti alle formazioni più radicali appunto. Questo fa sì che il primo partito in Europa, pur dichiarandosi di centro-destra, avrà una componente di destra sempre più forte”.
Per una volta, secondo Scagliotti, l’Italia rappresenta un’àncora di salvezza: “Pur avendo io molte riserve nei confronti del PD, il risultato di oltre il 40% che il partito ha ottenuto dimostra come la maggior parte dell’elettorato italiano sia filoeuropeo, in favore di un’idea di Europa più aperta e che guardi alle categorie di persone più vulnerabili. Lo stesso ci viene confermato dal risultato deludente dei Cinque Stelle e dal fallimento della campagna antitedesca portata avanti da Forza Italia. Gli euroscettici, insomma, in Italia non escono bene dal voto e le elezioni, per quanto ci riguarda, dànno un risultato tutto sommato soddisfacente”.
Ma cosa succederà adesso? “E’ difficile prevedere come si muoveranno il Parlamento e le altre istituzioni europee nei prossimi mesi. Sicuramente si dovranno fare alleanze e negoziati a tutto tondo, non solo per la presidenza della Commissione ma anche per sostituire van Rompuy alla presidenza del Consiglio Europeo, per il presidente del Parlamento post Schulz, per il sostituto della Ashton ad Alto Rappresentante della Politica Estera dell’UE, per chi guiderà l’Eurogruppo e in seguito anche per la Banca Centrale. Non è detto che l’alleanza che verrà fuori sarà quella fra socialisti e popolari, le due formazioni più grandi all’Europarlamento. La cosa certa è che gli euroscettici, seppur numerosi a Strasburgo, non riusciranno a costituire un gruppo unico e quindi non bloccheranno il Parlamento. La Le Pen ha già detto che non vuole stare con Farage, nessuno vorrà probabilmente formare un gruppo con Alba Dorata e con gli antisemiti dello Jobbik, che hanno detto apertamente che Hitler avrebbe dovuto uccidere più ebrei. I Cinque Stelle non si sa bene dove si collocheranno. Insomma, fra distinguo e veti incrociati non ci sarà una formazione euroscettica unitaria, e questo sarà senz’altro un bene.
D’altro canto però, l’altra cosa abbastanza certa è che la nuova Commissione, così come i governi degli Stati membri, continueranno a essere a maggioranza di centro-destra, quindi poco attenti a una diversa gestione dell’immigrazione , o alle leggi contro le discriminazioni (penso ad esempio alle persone omosessuali). Il rischio è che non cambi di molto la politica europea attuata fino a ora col rigore, l’austerità e i pochi progressi a livello sociale. Se questo dovesse succedere, sarebbe un soffiare ancor di più sul fuoco dei partiti razzisti e xenofobi, e nel 2019 ci troveremmo di fronte a elezioni europee dal risultato ancor più catastrofico di quelle attuali”.
Una speranza però c’è, secondo Scagliotti, ed è rappresentata proprio dall’Italia: “Ora che la vittoria della Le Pen in Francia ha indebolito di molto l’asse franco-tedesco – spiega – l’Italia avrà nel Consiglio più o meno lo stesso peso politico della Germania. Inoltre, con la vittoria schiacciante del Pd per quanto riguarda i nostri europarlamentari, e col semestre di presidenza italiana alle porte, Renzi ha un’occasione d’oro per compiere una svolta e mettere in atto quello che ha promesso: dare priorità a un’Europa più sociale e a più forti tinte di integrazione, porre al centro delle discussioni fra i ventotto Stati membri la questione dell’immigrazione e adoperarsi per ridurre le disuguaglianze sia fra paese e paese che all’interno dei paesi stessi”.
Infine un punto interrogativo grande come una casa resta, per Scagliotti, quello relativo a come si comporterà David Cameron, dopo la vittoria degli indipendentisti di Farage, per quanto riguarda il possibile referendum per sancire l’uscita del Regno Unito dall’Inghilterra e la consultazione, che si svolgerà a settembre, per l’indipendenza della Scozia.
Fonte: www.redattoresociale.it
26 maggio 2014