Idee confuse sulla guerra afgana
Emanuele Giordana - Lettera22
La guerra? Via dal 2011. Anzi non proprio. Cioè si. I segnali, tanto per cambiare, sono confusi. Riguardano l’Afghanistan e vengono dagli Stati uniti o dagli statunitensi impegnati sul terreno.
La parola fine all'ultimo balletto di dichiarazioni sul ritiro delle truppe arriva con una dichiarazione del portavoce della casa Bian ca secondo cui, per il presidente, la data del 2011, indicata da Obama come quella di inizio per il ritiro dei marine, “non è negoziabile”. C'è chi però non la pensa così e la verità sembra purtroppo che, mai come ora, Washington non abbia una linea perfettamente univoca sulla “guerra di Obama”, una palude nella quale il presidente si muove a fatica. Una guerra che ha intanto guadagnato un altro primato: in Afghanistan sono ormai morti oltre duemila militari stranieri impegnati dal 2001 nel Paese dell'Hindukush. E la metà fra loro sono americani.
Il primo puntino sulle i è del segretario americano alla Difesa, Robert Gates, che su Foreign Policy (uscito lunedi) ribadisce che 2011 è la data del ritiro. Ma poi interviene il generalissimo David Petraeus che immette qualche dubbio in tanta sicurezza. Così, dopo che il comandante della Nato e delle truppe americane in Afghanistan lascia intendere che i tempi potrebbero allungarsi, Gates ribadisce al Los Angeles Times che “nessuno pone in dubbio che inizieremo a ridurre le truppe nel luglio 2011” . E il capo del Pentagono ci tiene a precisare che l'andamento dell'addestramento delle truppe afgane, condizione per il trasferimento al governo di Kabul del controllo della sicurezza, è addirittura in anticipo rispetto ai tempi previsti: “Con un maggior numero di forze afgane, possiamo avviarci alla transizione in un maggior numero di aree del paese”, ha detto.
Per Petraeus però le cose stanno diversamente: l'inizio del ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan è programmato per luglio 2011, ma – dice il generalissimo – non è un dogma. Dipenderà insomma dalle condizioni sul terreno e affermarlo ora sarebbe “prematuro”. Petraeus non lo dice distrattamente. Ne parla con diversi organi di stampa: Nbc, Washington Post, New York Times, con cui fa il punto della situazione. “Lei è in linea con il presidente anche per quanto riguarda l'inizio del ritiro tra un anno”?, chiede l'Nbc: “Assolutamente sì”. Talmente d'accordo da obbligare Gates e lo stesso presidente a rimettere a posto le cose con alcune precisazioni tra cui quel “non è negoziabile” affidato a un portavoce.
Intanto la palude afgana continua a produrre vittime anche tra i soldati: sono 2.002 i militari stranieri morti dal 2001 nella guerra in Afghanistan, la metà dei quali (1.226) americani. Lo dice il sito indipendente icasualties.org, che tiene il drammatico conteggio. Dall'inizio del 2010 sono in tutto 434 i soldati morti, contro i 521 di tutto il 2009, anno in cui si è registrato il più alto numero di decessi. Tra gli italiani, dal 2004 a oggi, sono 27 i soldati caduti in Afghanistan, oltre all'agente del Sismi Lorenzo D'Auria e al funzionario dell'Aise Pietro Antonio Colazzo. Più pesante di quello dell'Afghanistan è solo il bilancio dei soldati stranieri morti in Iraq dal 2003: 4.732, in gran parte soldati Usa (4.414).
La palude produce anche contrasti politici e militari interni. L'ultimo riguarda i contractor. Come annunciato giorni fa, è ormai ufficiale che entro quattro mesi tutti le società private per la sicurezza dovranno essere sciolte. È la decisione del presidente Hamid Karzai, ribadita nuovamente ieri in modo definitivo. Il 10 agosto la presidenza aveva già annunciato lo scioglimento di 52 società private di sicurezza, nazionali e internazionali, e minacciato la chiusura delle altre. Karzai le accusa di essere un pericoloso doppione delle forze di sicurezza nazionali e di far sprecare risorse preziose necessarie per la formazione dell'esercito e della polizia. Ma le società di contractor non solo sono lobby potentissime, ma sono ormai anche la spina dorsale della guerra. Anche quella che non si vede, dalla logistica ai servizi per le cucine e per i gabinetti delle truppe.
Fonte: www.lettera22.it
17 Agosto 2010