I tempi lenti della diplomazia


Paola Caridi - invisiblearabs.com


La mediazione egiziana sulla tahdiyya, sulla calma tra Israele e Hamas a Gaza non si è interrotta, dicono tutte le fonti giornalistiche. Nel frattempo, in Cisgiordania, sembra essersi alzato il livello contro Hamas.


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I tempi lenti della diplomazia

La mediazione egiziana sulla tahdiyya, sulla calma tra Israele e Hamas a Gaza non si è interrotta, dicono tutte le fonti giornalistiche. Sono solo i tempi lunghi dei negoziati attraverso la triangolazione del Cairo. Omar Suleyman ha riunito i diversi gruppi dirigenti di Hamas, da Mahmoud al Zahhar e Khalil Hayya da Gaza, a Moussa Abu Marzouq da Damasco. Ha descritto loro le controproposte israeliane, concentrate soprattutto su due punti: la gradualità della realizzazione della tregua, e l'inserimento del dossier Shalit-prigionieri. A questo punto, i dirigenti di Hamas se ne sono tornati a Gaza e a Damasco (dove si suppone che discuteranno anche di quello che Israele ha proposto), mentre le ultime informazioni di stampa egiziane dicono che Omar Suleyman dovrebbe aver consegnato le contro-controproposte di Hamas ad Amos Gilad, l'alto funzionario israeliano che negli ultimi tempi funge da tramite tra il governo di Tel Aviv e le autorità egiziane, facendo la spola col Cairo. Nel frattempo, però, la tahdiyya a Gaza sembra un obiettivo molto lontano, visto che gli scontri tra militanti palestinesi ed esercito israeliano sono continuati anche stamattina.

Questo andirivieni potrebbe sembrare una noiosa lista della spesa, salvo il fatto che anche i dettali logistici, in tutta questa storia, sono importanti. Importante, comunque, è soprattutto quello che l'Egitto sta facendo: sta mettendo tutto il suo peso sulla storia della tahdiyya. Uno sforzo che spiega più di molte altre cose la necessità, per il Cairo, di spegnere la miccia di Gaza, prima che anche il dossier Gaza influisca in maniera preoccupante sull'instabilità politica egiziana. Elemento-chiave, in questo rapporto tra Egitto e Hamas, è certo il muro di Rafah che Hamas ha fatto crollare, buttando l'Egitto dentro la mischia. Helena Cobban ha spiegato molto bene questo passaggio sul numero di maggio/giugno della Boston Review:

"Hamas cooperated with Cairo only on the condition that Cairo agree to do something that Hamas badly needed from them: mediate rapidly and in good faith with Israel and the other relevant parties. The desired agreement would cover three points: first, a ceasefire with Israel that would end the Israeli assassination operations against alleged Palestinian militants, the armed exchanges between Israel and Gaza, and preferably also those between Israel and the Palestinians of the West Bank (the form of the ceasfire would be a tahdi’eh, which is a “stop-gap” arrangement, as opposed to a more formal and far-reaching hudna); second, a prisoner-release agreement involving the exchange of Gilad Shalit, the Israeli corporal taken captive by Hamas allies in June 2006, for as many Palestinian prisoners as possible; and third, an agreement on the re-opening of the crossing points between Gaza and the outside world that would allow normal economic life in Gaza to resume. Preferably, from Hamas’s point of view, this arrangement would involve Gaza gaining access to the global economy through Egypt, or directly via its own airport and seaport, rather than through Israel, as had been the case since 1967."

Nel frattempo, in Cisgiordania, sembra essersi alzato il livello contro Hamas. Lo si arguisce dal fatto che le unità speciali israeliane stanno arrestando non solo militanti, ma anche figure di diverso tipo, come per esempio sheykh Ibrahim Jaber, uno degli esponenti di Hamas più conosciuti nel campo profughi di Jenin, figura religiosa, rilasciato peraltro solo un mese fa dall'Autorità Nazionale Palestinese, che l'aveva arrestato nel dicembre scorso. Viene alla mente l'arresto di un altra figura religiosa di rilievo, in Cisgiordania, come sheykh Majid Barghouthi, morto tre mesi fa a causa degli interrogatori subiti dagli investigatori dei servizi di sicurezza dell'ANP.

Fonte: Blog di Paola Caridi

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