Hebron, nuovo insediamento israeliano


L’Osservatore Romano


L’annuncio israeliano alimenta le tensioni in una città già divisa e problematica. Immediate le proteste dei palestinesi.


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Israele ha annunciato ieri di aver ordinato i preparativi per la costruzione di un insediamento a Hebron, in Cisgiordania. Stando a quanto riportano fonti giornalistiche, il ministro della Difesa, Naftali Bennett, ha ordinato al settore delle forze armate che gestisce le questioni civili di «far procedere la pianificazione nell’area del mercato, sulla base della quale le attuali strutture saranno distrutte e nuovi edifici saranno costruiti».

L’obiettivo — spiegano fonti governative citate dalle agenzie internazionali — è di creare continuità territoriale fra la Tomba dei Patriarchi (un luogo di culto sacro ai musulmani e agli ebrei) e il vicino rione ebraico Avraham Avinu.

In questo modo, secondo le fonti, «sarà possibile raddoppiare il numero degli israeliani residenti in città». Com’è noto, Hebron è suddivisa in due settori: H1, sotto il controllo dell’Autorità palestinese, con oltre 200 mila abitanti; e H2, sotto il controllo israeliano, dove abitano circa 800 ebrei e alcune migliaia di palestinesi.

Immediate le proteste dei palestinesi. Il segretario dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), Saeb Erekat, ha detto che l’annuncio «è il primo tangibile risultato della decisione degli Stati Uniti di legittimare la colonizzazione» della Cisgiordania. Due settimane fa il segretario di stato Usa, Mike Pompeo, aveva dichiarato che Washington non considererà più gli insediamenti come contrari al diritto internazionale. In questo modo «abbiamo aumentato le probabilità per la pace», aveva spiegato Pompeo nell’annunciare la decisione che in base ai «fatti sul terreno» — ha detto — fornisce un’opportunità a israeliani e palestinesi per «mettersi insieme e trovare una soluzione a questo problema assillante».

Pochi giorni fa l’esercito israeliano aveva demolito le abitazioni di quattro palestinesi coinvolti nell’uccisione di un soldato lo scorso agosto. Durante le operazioni di demolizione, avvenute all’alba nel villaggio di Beit Kahel, vicino Hebron, sono scoppiati scontri con decine di palestinesi che hanno lanciato pietre contro i soldati. Fonti giornalistiche locali riferiscono che non vi sono stati feriti gravi fra i manifestanti. L’ordine di demolizione era stato emesso in settembre. I quattro palestinesi, ora in carcere, sono accusati dell’omicidio di Dvir Sorek, un soldato il cui corpo fu trovato in agosto in Cisgiordania. Il giovane, in abiti civili, stava recandosi presso un seminario nell’ambito di un programma per favorire la leva degli ultraortodossi.

A far salire la tensione nelle ultime ore è stata anche l’uccisione di un palestinese di 18 anni, Badawi Khaled Masalmeh, da parte delle forze israeliane, durante scontri a fuoco nella città di Beit Awwa, a ovest di Hebron nel sud della Cisgiordania. Lo ha reso noto il ministero della Sanità palestinese, spiegando che i soldati israeliani avrebbero ferito anche altri tre civili, di cui uno gravemente. Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Wafa, i militari avrebbero anche impedito ai medici di recarsi sul posto per fornire assistenza al ragazzo colpito e poi morto.

3 dicembre 2019

Osservatore Romano

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