Gruppo Facebook contro i down: “Condannare l’episodio, non il mezzo”
Redattore Sociale
Il commento di Daniela Mignogna, madre di una ragazza affetta da una malattia rara, che usa il social network per difendere i diritti dei disabili. “La rete è uno specchio della società: contro questi episodi serve una battaglia culturale”.
BOLOGNA – Si intitola "Deridiamo i bambini Down" il gruppo di Facebook, con oltre 800 membri, che ha scatentato una bufera nel web, in particolare per queste parole: "I bambini down sono solo un peso per la nostra società. Dunque cosa fare per risolvere il problema? Come liberarci di queste creature in maniera civile? Ebbene sì signori… io ho trovato la soluzione: essa consiste nell'usare questi esseri come bersagli, mobili o fissi, nei poligoni di tiro al bersaglio". Il gruppo è stato oscurato subito dopo le proteste degli utenti, ma la polemica è ancora accesa.
“Un episodio da condannare, senza dimenticare che in rete esiste anche un contraltare”. E' indignata Daniela Mignogna, abituata a usare il social network per tutt’altri scopi. Mamma di una ragazza affetta da sindrome di Angelman, Daniela è la creatrice del gruppo “Se vuoi il mio posto, prendi anche il mio handicap”, che ha da poco tagliato il traguardo dei 15 mila membri. Nato per sensibilizzare sulla quetione dei parcheggi riservati ai disabili, nel tempo il gruppo è diventato luogo di discussione e riferimento per tutte le questioni legate alla disabilit, anche le più burocratiche. “La mia esperienza su Facebook è stata molto positiva – spiega Daniela – soprattutto perché mi ha permesso di entrare in contatto con altri genitori che condividono l’esperienza di una malattia rara come la sindrome di Angelman”.
Che sul social network ci siano però anche cose negative è un dato di fatto. “La rete è uno specchio della società – dice Daniela –, con la differenza che l’anonimato e l’identità virtuale tolgono i freni inibitori: e così i ‘cattivi’, in rete, diventano ancora più cattivi”. Nonostante l’indubbia gravità, “il gruppo anti-down mi sembra una grande stupidaggine – commenta Daniela –: mi sembra opera di persone molto giovani, direi ‘bulli virtuali’ non diversi da quelli che a scuola maltrattano i ragazzi con disabilità”. Non ci sarebbe insomma un progetto dietro la nascita del gruppo, ma preoccupa ugualmente il numero dei membri (1.200) che vi aderivano. “Sarebbe interessante capire da quanto tempo esisteva questo gruppo e in quanto tempo ha raccolto i suoi membri”. Daniela si dice comunque contraria a un “controllo” della rete. “Quando si scoprono episodi del genere è giusto condannarli e chiudere i gruppi – spiega – ma un controllo preventivo non risolverebbe il problema: quello che vediamo on line esiste nella società, e si combatte solo con una battaglia culturale”. Quella che Daniela conduce ogni giorno, in rete e nella vita reale.
Fonte: Redattore Sociale
22 febbraio 2010