Giornata contro i test nucleari: a che punto siamo?
Avvenire
L’Onu la celebra oggi dal 2009. Ma quante sono le testate atomiche nel mondo? E quante e dove sono le armi nucleari in Italia? E quali sono i trattati che le contrastano?
Il 29 agosto di ogni anno si celebra la Giornata internazionale contro i test nucleari, promossa dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti nocivi a livello globale delle detonazioni di ordigni nucleari e chiedere la fine di questi esperimenti su questi armamenti.
Sul tema esiste anche un Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT), che vieta le esplosioni di test di armi nucleari e qualsiasi altra esplosione nucleare, sia per scopi civili che militari, in tutti gli ambienti. È stato adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 settembre 1996, ed è stato firmato e ratificato da 170 nazioni. Il trattato però non è mai entrato in vigore perché in conformità all’articolo XIV sono necessarie le ratifiche da parte di 44 Stati ben precisi. Di questi, cinque paesi non hanno ancora ratificato il trattato: Cina, Egitto, Iran, Israele e Stati Uniti; tre non hanno invece mai firmato: Corea del Nord, India e Pakistan. Sono tutti Stati che hanno (o che vorrebbero avere) un arsenale nucleare.
In ogni caso ufficialmente dal 1996 i test tradizionali di armi nucleari sono cessati salvo che in India, Pakistan e Corea del Nord. Proseguono invece i cosiddetti test subcritici (o freddi), esperimenti che coinvolgono materiali nucleari ed eventualmente esplosivi ad alto potenziale ma che non creano una massa critica di materiale fissile.
Storia
Nonostante possa apparire un’iniziativa nata ai tempi della guerra fredda (tra il 1945 e il 1996 sono stati condotti in totale 2mila test nucleari), la storia della Giornata internazionale contro i test nucleari è piuttosto recente: venne infatti istituita il 2 dicembre 2009 con una risoluzione adottata all’unanimità dall’Assemblea generale dell’Onu. La risoluzione era stata promossa dal Kazakistan per celebrare il 18° anniversario della chiusura del sito di test nucleari di Semipalatinsk, controllato dall’URSS, avvenuta nel territorio kazako nel 1991.
Il primo test nucleare della storia è quello, celebre, chiamato “Trinity”, condotto dall’esercito degli Stati Uniti il 16 luglio 1945 nel deserto del Nuovo Messico. A questo test nucleare seguì lo sganciamento da parte degli Stati Uniti delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto 1945, che causarono 200mila vittime sull’istante mentre i sopravvissuti soffrirono di cancro indotto dalle radiazioni.
I Trattati Onu sulle armi nucleari
Il Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) è un trattato multilaterale che vieta le esplosioni di test di armi nucleari e qualsiasi altra esplosione nucleare, sia per scopi civili che militari, in tutti gli ambienti. È stato adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 settembre 1996, ed è stato firmato e ratificato da 170 nazioni. Inoltre, 15 Paesi hanno firmato ma non ratificato, motivo per cui il trattato non è ancoora entrato in vigore. Undici Paesi non hanno firmato. Nonostante il trattato non
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (tradotto in italiano anche con Trattato per la proscrizione delle armi nucleari o Trattato per la messa al bando delle armi nucleari), conosciuto con la sigla TPNW, è invece il primo trattato internazionale legalmente vincolante per la completa proibizione delle armi nucleari, rendendole illegali. È stato adottato il 7 luglio 2017 ed è entrato in vigore il 22 gennaio 2021, ovvero 90 giorni dopo la ratifica di almeno 50 stati.
Il più antico documento sul tema è però il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), siglato nel 1968 ed entrato in vigore il 5 marzo 1970. Basato su tre principi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare, fu sottoscritto in prima istanza da Stati Uniti (non ratificato), Regno Unito e Unione Sovietica. Francia e Cina vi aderirono solo nel 1992 (Cina senza ratificare) mentre la Corea del Nord, che lo aveva sottoscritto nel 1985, sospettata di costruire ordigni atomici e rifiutando ispezioni si è ritirata definitivamente dal trattato nel 2003. Anche India, Pakistan e Israele, che possiedono testate nucleari, non aderiscono al TNP.
Quante sono le armi nucleari nel mondo?
Nonostante possano sembrare ampiamente disatteso, a livello globale questi trattati uniti al movimento popolare per il disarmo hanno avuto nel tempo effetti positivi: se nel 1970 le testate atomiche nel mondo erano 38mila salite nel 1986, a causa dei meccanismi determinati dalla pratica della deterrenza, a oltre 69mila, i ricercatori nel 2011 ne stimavano circa 20.500 (di cui un quarto operativo) mentre oggi dovrebbero aggirarsi intorno alle 13mila unità.
Il calo è dovuto sostanzialmente allo smantellamento operato da Usa e Russia, mentre negli ultimi 10 anni Regno Unito, Francia e Israele sono sostanzialmente costanti (rispettivamente 225, 290 e 80 unità). La Cina in 10 anni invece è cresciuta di un centinaio di testate, così come hanno aumentato l’arsenale atomico India, Pakistan e Corea del Nord.
Per quanto diminuiti numericamente, in ogni caso il potenziale distruttivo di questi armamenti resta totale.
In Italia ci sono armi nucleari?
Tra gli anni 60 e 70 le Forze armate italiane avviarono progetti per lo sviluppo di un programma nucleare militare italiano ma il mondo politico raffreddò ogni ambizione e nessun programma per l’assemblaggio di armi nucleari venne mai di fatto messo in atto. Nel 1975 poi l’adesione dell’Itallia al TNP mise fine a ogni possibile passo ulteriore.
Attualmente, quindi, l’Italia non produce né possiede armi nucleari ma partecipa (insieme a Belgio, Germania, Olanda e Turchia) al programma di “condivisione nucleare” della Nato, fatto che non senza paradossi, fa sì che testate nucleari si trovino sul suolo italiano ma sotto il totale controllo statunitense: i codici PAL (Permissive Action Link) per armarli restano infatti nelle mani di Washington. Gli ordigni non sono armati o montati sugli aerei ma conservati in caveau sotterranei. Per essere utilizzate, le bombe dovrebbero essere caricate su caccia a doppia capacità designati dalla NATO. Ogni Paese sta modernizzando i propri caccia a capacità nucleare con l’F-35A, l’F-18 Super Hornet o l’Eurofighter Typhoon: i caccia che portano le bombe sono dunque di proprietà del paese ospitante.
Su quante e dove siano le bombe nucleari in Italia non c’è nessun dato ufficiale, dato che gli Usa non confermano né smentiscono le varie informazioni al riguardo. Per quanto riguarda l’Italia, le testate nucleari americane si troverebbero con ogni probabilità ad Aviano e Ghedi. Per quanto riguarda i numeri, da una quindicina di anni si parla generalmente di 50 unità ad Aviano e 20-40 a Ghedi, su un totale di 200 testate Usa in Europa. Ricerche più recenti sembrano però ridimensionare questi numeri: nel 2021 si stima che ci fossero 100 armi nucleari di proprietà degli Stati Uniti stoccate in sei basi dei cinque Stati che aderiscono al “nuclear sharing” della NATO.
Altro indicatore che i numeri che circolano sulle testate nucleari collocate in Italia sino ormai superati è dato dal fatto che in corso una completa sostituzione dell’arsenale. Le armi nucleari statunitensi in Europa sono infatti costituite interamente da bombe a gravità di tipo B61-3 e -4, ma entro il 2024 verrà completato l’ammodernamento dell’arsenale (insieme a quello dei jet delle nazioni ospitanti). Le nuove bombe saranno di tipo B61-12, la cui produzione è iniziata negli Usa nei mesi scorsi: entro il 2026 ne verranno costruite 500, per un costo di 10 miliardi di dollari. Si tratta di una nuova arma nucleare polivalente, dotata di una testata nucleare con quattro opzioni di potenza, selezionabili a seconda dell’obiettivo da distruggere. Viene sganciata a distanza, per essere diretta verso l’obiettivo da un sistema satellitare. Può penetrare nel sottosuolo, esplodendo in profondità per distruggere i bunker dei centri di comando.
Avvenire
29 agosto 2022