Già troppi i lutti e nessuno vuole che si ripetano anche in Libia


Tiziana Barucci


Intervista a Nabil Abdel Fattah, direttore del dipartimento di studi sociologici del prestigioso Al Ahram, il Centro di studi politici e strategici del Cairo.


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Già troppi i lutti e nessuno vuole che si ripetano anche in Libia

Oltre quarant’anni di potere esercitato con la forza di un carattere irascibile e quantomeno bizzarro hanno creato i presupposti perché oggi Gheddafi fosse particolarmente odiato dall’opinione pubblica araba. D’altronde nella “primavera araba” appena iniziata il Colonnello, con le sue violazioni dei diritti umani e la costituzione di una dittatura di fatto non può che avere il ruolo del raìs da mandare a casa. A quale costo però? Lo abbiamo chiesto a Nabil Abdel Fattah, direttore del dipartimento di studi sociologici del prestigioso Al Ahram, il Centro di studi politici e strategici del Cairo.

Secondo lei cosa pensa l’opinione pubblica araba a proposito dei fatti libici di queste settimane?
Credo che ci siano due posizioni dominanti. Una è quella del totale disinteresse e della maggiore concentrazione, se vuole del tutto giustificata, sui fatti interni. Questo vale soprattutto per paesi come il Bahrein, lo Yemen e l’Arabia Saudita che stanno vivendo situazioni drammatiche. L’altra posizione è quella dell’appoggio alle azioni della comunità internazionale, ma con delle riserve. L’appoggio nasce dall’odio che negli anni Gheddafi è riuscito ad attirare verso di sé. Pochi intellettuali, analisti, uomini politici e persone comuni del mondo arabo possono amare un uomo così strano, e uso un eufemismo, come Gheddafi. Il Colonnello, nei suoi quarant’anni di potere, non ha fatto altro che creare instabilità in Africa e nel mondo arabo. Ha dato le sue interpretazioni della religione e della società che sono del tutto contestabili. Pensi ai problemi che ha creato in Sudan, in Uganda o in Ciad. Inoltre, stava preparando un sistema di potere ereditario che nulla aveva da invidiare a quello messo su da Hosni Mubarak da noi o da Hafiz al Assad in Siria. E poi c’è la questione dei diritti umani, sempre violati. Insomma, viste tutte queste premesse, per un arabo è impossibile volere ancora Gheddafi al potere.

E le riserve di cui parlava?
Le riserve sull’appoggio alle azioni della comunità internazionale sono legate all’uccisione dei civili libici. Certo, un’azione va portata avanti, ma nella memoria collettiva è ancora troppo fresca la ferita delle morti civili in Afghanistan, Pakistan e in Iraq. Vi sono già stati troppi lutti e nessuno vuole che si ripetano anche in Libia.

Ma una guerra necessariamente porta morte, non crede?
Dipende, si può cercare di non colpire i civili. L’idea della no-fly zone era buona e avrebbe portato risultati se fosse stata messa in pratica diverse settimane fa.

È quindi d’accordo con la posizione del segretario della Lega araba, Amr Moussa?
La Lega araba purtroppo è soltanto un club di discussione. Tenga presente che tra l’altro è formata per la maggior parte da dittatori che hanno sempre ignorato le atrocità fatte dagli altri regimi arabi, come per esempio quello di Saddam. Perché mai dovrebbero interessarsene ora? Tanto più che molti di loro oggi hanno in casa situazioni simili a quella di Gheddafi in Libia. Questo non significa che la posizione del segretario della Lega araba rispecchi solo tale situazione. È ovvio che la posizione di Amr Moussa non è una posizione chiara, soprattutto se vista nel suo insieme. Chiedere in un primo momento l’intervento internazionale per una no-fly zone per poi criticarlo non vuol dire avere una posizione netta. Significa piuttosto, secondo il mio parere, preoccuparsi della politica interna del proprio paese e della propria posizione di aspirante presidente d’Egitto. In sostanza, il segretario della Lega araba ha fatto questo balletto di dichiarazioni per accattivarsi consensi nell’elettorato egiziano. Le rivolte che sono iniziate in Tunisia, per poi arrivare da noi e negli altri paesi arabi, hanno costretto i leader arabi a prestare maggiore attenzione, per la prima volta, al sentimento comune. Moussa sa che l’opinione pubblica egiziana deve essere in qualche modo conquistata, migliorando la propria immagine agli occhi delle persone. E fare dichiarazioni sulla salvaguardia della vita dei civili è uno dei modi.

Cosa crede quindi che possa essere efficace per salvare i libici da Gheddafi e dalla morte?
Credo che Gran Bretagna, Francia, Italia, Stati Uniti, Emirati e Qatar debbano concentrarsi su due punti chiave.
Primo, devono portare avanti azioni militari più efficaci e più numerose contro Gheddafi e le sue truppe. Perché dire che l’obiettivo non è Gheddafi quando è chiaro che l’obiettivo è proprio lui? Le truppe e i rifornimenti di Gheddafi in alcune parti del paese si devono necessariamente muovere allo scoperto, su strade aperte e sono quindi bersagli facilissimi. Allora concentratevi su di loro. Secondo, portare avanti un’azione più politica e diplomatica sui fiancheggiatori di Gheddafi. Washington e l’Unione europea devono lavorare subito in modo da convincere i vertici algerini a mollare e desistere dall’aiutare il colonnello. Le due azioni congiunte possono contribuire a creare una Libia nuova e libera, cosa che tutti noi cittadini arabi desideriamo.

Fonte: Articolo21, Il Mondo di Annibale

25 marzo 2011

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