Gheddafi chiude l’ufficio dell’Onu per i Rifugiati


L'Unità


La scritta «chiuso» e stop alle file davanti all’ufficio Unhcr a Tripoli. Laura Boldrini, portavoce Onu: “Cerchiamo di capire”.


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Gheddafi chiude l'ufficio dell'Onu per i Rifugiati

Il colonnello Gheddafi non ha fornito spiegazioni. Ma da mercoledì scorso ha "soppresso" l'unico sportello dell'Onu per i Rifugiati presente a Tripoli. Nessuna parola, solo un invito categorio all'Masi Abushanab, il direttore dell'Unhcr in Libia.

Davanti alla palazzina in cui si trova la sede dell'Unhcr – sul lungomare appena fuori dal centro di Tripoli – non c'è più la camionetta della polizia libica a guardia dell'edificio. Ma sulle porte, sbarrate, è stato affisso un cartello categorico: «chiuso», c'è scritto.

Sono sparite all'improvviso da circa una settimana anche le consuete file di immigrati clandestini in cerca di una «intervista» per ottenere il documento che gli assegna lo status di «richiedenti asilo». Secondo quanto riferiscono alcuni funzionari locali dell'Onu, il nuovo coordinatore delle Nazioni Unite in Libia, Costanza Farina, accreditata solo lo scorso 1 giugno, si trova a Ginevra «per affrontare il caso Unhcr» e rientrerà a Tripoli domani. Il direttore dell'Unhcr di Tripoli, Masi Abushanab, raggiunto telefonicamente, al momento non ha rilasciato alcuna dichiarazione.

Parla invece Laura Boldrini. «Confermo che l'ufficio dell'Unhcr di Tripoli è chiuso. Stiamo cercando di capire il motivo di questa decisione delle autorità libiche», ha detto la portavoce dell'Unhcr per l'Italia, Malta, Cipro, Grecia e Albania.

«L'invito a chiudere l'ufficio libico – spiega Boldrini – è arrivata dal coordinatore del sistema delle nazioni Unite in Libia. Ora stiamo cercando di capire se ci sono motivi specifici dietro questa richiesta e se esistono margini di trattativa». «Sono 19 anni – aggiunge Boldrini – che, pur con alcuni limiti, siamo in Libia, e ci siamo arrivati la prima volta dietro richiesta delle autorità libiche, anche se finora non abbiamo mai avuto un riconoscimento formale». «Per noi – continua – è importante continuare a lavorare in Libia, il fenomeno dei richiedenti asilo e dei rifugiati c'è ed è in aumento, anche se le autorità libiche non lo riconoscono. Ora spero in un confronto produttivo, spero ci siano margini per negoziare».

Preoccupato per la chiusura dell'ufficio Unhcr in Libia, il Cir: il Consiglio italiano per i rifugiati. La decisione del ministro degli Affari Esteri libico di chiudere la delegazione dell'Unhcr, rende noto il Cir, è stata già oggetto di una lettera indirizzata il 1 giugno al ministro italiano degli Esteri, Franco Frattini, a firma del presidente del Cir, Savino Pezzotta, e del direttore, Christopher Hein.

Il Cir ha chiesto l'intervento di Frattini affinchè l'Unhcr possa immediatamente riprendere le proprie attività e ottenga dal governo libico formale riconoscimento diplomatico. Analoga richiesta è stata avanzata dal Cir assieme con l'International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), l'altro partner del progetto, nei confronti della Commissaria Europea per gli Affari Interni e Giustizia, Cecilia Malmstrom.

Il Cir è partner dell'Unhcr Tripoli per l'attuazione di un progetto triennale, iniziato nell'aprile 2009 e mirato a proteggere i rifugiati e i migranti in Libia e a gestire i flussi migratori. Le attività, rende noto il Consiglio, includono visite regolari a 16 centri di detenzione per migranti, la fornitura di aiuti umanitari, un programma di rimpatrio volontario assistito nonchè iniziative di capacity building delle istituzioni libiche, anche attraverso scambi di esperienze nella gestione dei flussi migratori tra Libia e Italia e l'organizzazione di missioni di studio. Il Cir auspica che «sia superato al più presto questo momento critico che rischia di deprivare rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia di quel minimo di protezione che in questi ultimi tempi si è potuta fornire soprattutto alle persone trattenute nei centri». Inoltre confida che comunque, grazie al suo partner operativo in Libia, l'International Organisation for Peace, Care and Relief (IOPCR) nel frattempo le attività sul campo non subiscano interruzioni.

Fonte: l'Unità

07 giugno 2010

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