Gaza: Onu chiede indagine su violenze


L'Osservatore Romano


Sedici palestinesi uccisi e oltre mille feriti negli scontri con l’esercito israeliano. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, è intervenuto oggi per chiedere «un’indagine indipendente e trasparente» sulle violenze.


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Una donna si allontana dai gas lacrimogeni. (AP Photo/Adel Hana)

Sedici morti e più di mille feriti. Tra le vittime, la più giovane ha sedici anni. È il bilancio degli scontri scoppiati ieri al confine tra Israele e la striscia di Gaza nel corso della “grande marcia del ritorno” indetta da Hamas, che ha visto la partecipazione di almeno ventimila persone. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, è intervenuto oggi per chiedere «un’indagine indipendente e trasparente» sulle violenze.

«Questa tragedia evidenzia l’urgenza di rivitalizzare il processo di pace per creare le condizioni per un ritorno a negoziazioni significative» ha dichiarato Guterres in una nota. L’obiettivo «è arrivare a una soluzione pacifica che permetta a palestinesi e israeliani di vivere fianco a fianco in pace e in sicurezza». Da fonti diplomatiche si apprende che il Consiglio di sicurezza dell’Onu, su richiesta del Kuwait, terrà una riunione d’urgenza.
Stando alle ricostruzioni fornite dai media, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco in più occasioni con colpi di artiglieria, munizioni vere e proiettili di gomma vicino alla barriera di sicurezza al confine, davanti alla quale stavano manifestando migliaia di palestinesi. Dalla folla sono stati lanciati sassi e bottiglie molotov verso i militari.
Già nelle prime ore del mattino il colpo di artiglieria di un carro armato aveva ucciso Omar Samour, un agricoltore palestinese di 27 anni che era entrato nella fascia di sicurezza istituita dalle forze armate israeliane. Testimoni hanno raccontato che si trovava su terreni vicini alla frontiera. Riferendosi all’episodio, un portavoce dell’esercito ha detto che «due sospetti si sono avvicinati alla barriera di sicurezza nel sud della striscia di Gaza e hanno cominciato a comportarsi in maniera strana e i carri armati hanno sparato contro di loro». Poco dopo la morte di Samour, è stato ucciso un venticinquenne a est di Jabaliya, nel nord del territorio palestinese. Di qui, poco alla volta, le violenze si sono intensificate. La maggior parte dei feriti sono stati colpiti da proiettili di gomma e gas lacrimogeni.
La “grande marcia del ritorno” si è aperta ieri in concomitanza con quella che i palestinesi chiamano la “giornata della terra” e che ricorda l’esproprio, avvenuto nel marzo 1976, da parte del governo israeliano di terre di proprietà araba in Galilea. Le manifestazioni e i cortei legati alla “grande marcia” dureranno fino al 15 maggio, data in cui Israele festeggia la dichiarazione di indipendenza, mentre i palestinesi ricordano la naqba, la “catastrofe”.
Yusef al Mahmoud, portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas, ha chiesto «un intervento internazionale immediato e urgente per fermare lo spargimento del sangue del nostro popolo palestinese da parte delle forze di occupazione israeliane». Abbas ha indetto per oggi una giornata di lutto nazionale e ha incaricato l’ambasciatore palestinese all’Onu di chiedere al palazzo di Vetro «la protezione internazionale». Più dura la posizione di Hamas, che controlla la striscia dal giugno 2006. «Siamo qui per dichiarare che il nostro popolo non concorderà mai nel considerare il ritorno solo come uno slogan» ha fatto sapere.

Osservatore Romano

31 marzo

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