Gaza: lottando contro la morte


Paolo Affatato


Nella totale emergenza sanitaria, si cerca di salvare delle vite con pochi mezzi e scarsi medicinali. Nello strazio di dover dire sempre più spesso a una madre: "Attenda, non so se riuscirò a curare suo figlio".


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Gaza: lottando contro la morte

E’ una continua lotta contro il tempo e contro la morte. Non è facile essere medici oggi a Gaza. Anzi, forse è il mestiere più difficile. Cercare di salvare delle vite e curare i feriti con pochi mezzi, con scarsi medicinali, pregando che la corrente elettrica non cessi all'improvviso. E sperando che una bomba non centri l'ospedale o l'ambulanza su cui si opera. Il dottor Aeed Yaghi è il responsabile della “Palestinian Medical Relief Society”, associazione di medici palestinesi che opera da anni nella sanità a Gaza. Insieme con altri 70 colleghi, è impegnato, giorno e notte, in quattro ospedali di Gaza, dove continuano a giungere i civili feriti nel conflitto. Le condizioni di sicurezza sono precarie, riferisce Oxfam, in costante contatto con il personale medico a Gaza. Anche l'Ong “Medici senza frontiere”, pur a malincuore, è stata costretta ad abbandonare alcune cliniche nella Striscia.

Come è la situazione in queste ore?
C’è una prevedibile, totale emergenza sanitaria. I feriti continuano ad arrivare a frotte e sono oltre 3.300, tutti civili. Pensi che la somma dei posti letto per i pazienti, negli ospedali e le cliniche di Gaza è di 2.053. Questo dà un'idea dell'emergenza. Non ce la fanno le strutture e non ce la facciamo noi dottori. Inoltre il blocco dei degli aiuti sanitari e dei medicinali causa ulteriori problemi e sofferenze. Feriti che in altre condizioni potrebbero sopravvivere continuano inesorabilmente a morire. E fra loro molti sono bambini. E’ un vero disastro: tutto ciò è contro le regole elementari del diritto umanitario.

Di cosa avete bisogno in particolare?

Urgono medicinali e mezzi. Avevamo 140 ambulanze a Gaza. Ma da circa due anni, da quando Israele ha chiuso i valichi della Striscia, oltre la metà non funzionano più, in quanto necessitano di riparazioni. Sarebbero molto importanti oggi, dato che spesso siamo costretti a operare interventi d’urgenza nelle case. In altri casi l’esercito israeliano ostacola il nostro lavoro, impedendoci di raggiungere alcune aree. Occorre anche carburante per i generatori di corrente: se cessa l’elettricità per molti malati è morte sicura.

Vi sono vittime fra i medici?
Dall’inizio della guerra abbiamo perso 12 fra medici e infermieri. Fra i danni, altre 11 ambulanze distrutte e tre unità cliniche mobili rovinate e inutilizzabili. Ma conosciamo i rischi a cui andiamo incontro.

Cosa la spinge a fare il medico a Gaza?
Insieme con altri colleghi, vogliamo essere accanto al nostro popolo che soffre. E’ la nostra missione di medici. Ma non è facile. Lavoriamo in un’emergenza continua. Dobbiamo scegliere di quali feriti occuparci. Pensi allo strazio di dire a una madre: attenda, forse riuscirò a curare suo figlio.

Cosa chiedete?
Chiediamo una tregua duratura e il rispetto delle convenzioni internazionali. Urgono poi aiuti umanitari. E che l’esercito consenta almeno di trasportare altrove i feriti che non siamo in grado di curare. Oggi nemmeno un malato grave può varcare la frontiera di Gaza.

Fonte: Lettera22

11 gennaio 2009

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