Garantire il diritto all’educazione nei Paesi in guerra!


L'Osservatore Romano


Papa Francesco interviene nella Giornata internazionale della tutela dell’educazione dagli attacchi nell’ambito dei conflitti armati istituita dall’Onu. Ricorda l’importanza della scuola e della cultura della cura e del bene comune.


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scuolabombardata

Guerre e terrorismo hanno conseguenze devastanti anche per il mondo della scuola.

E così, in occasione della prima Giornata internazionale della tutela dell’educazione dagli attacchi nell’ambito dei conflitti armati, Papa Francesco ha invitato a pregare «per gli studenti che vengono privati così gravemente del diritto all’educazione».

Al termine dell’udienza generale di mercoledì 9 settembre — svoltasi, come già la scorsa settimana, con la presenza effettiva di fedeli nel cortile di San Damaso del Palazzo apostolico vaticano — il Pontefice ha preso spunto dall’iniziativa dell’Onu per rivolgere alla comunità internazionale un appello «ad adoperarsi affinché vengano rispettati gli edifici che dovrebbero proteggere i giovani studenti. Non venga meno — ha esortato — lo sforzo per garantire ad essi ambienti sicuri per la formazione, soprattutto in situazioni di emergenza umanitaria».

E al mondo della scuola Francesco aveva rivolto il suo pensiero anche nel saluto indirizzato poco prima ai fedeli di lingua araba presenti a San Damaso o collegati attraverso i media. «In una società sempre più sconvolta da grandi sfide che interpellano l’uomo contemporaneo — ha detto — voi studenti e insegnanti, che in questi giorni siete tornati a scuola, siate i veri artefici del futuro. Possa il Signore aiutarvi a diventare protagonisti di un mondo più giusto e fraterno, più accogliente e solidale, dove la pace possa trionfare nel rifiuto di ogni forma di violenza».

In precedenza, nell’ambito delle riflessioni dedicate alla necessità di guarire il mondo colpito dall’emergenza del coronavirus, il Papa aveva svolto la sesta catechesi della serie — inaugurata il 5 agosto scorso — sul tema «Amore e bene comune», sottolineando appunto che «la risposta cristiana alla pandemia e alle conseguenti crisi socio-economiche si basa sull’amore» verso ogni persona. Certo, ha riconosciuto, «amare tutti, compresi i nemici, è difficile, direi che è un’arte!». Però si tratta di «un’arte che si può imparare e migliorare», perché «l’amore vero, che ci rende fecondi e liberi, è sempre espansivo e inclusivo. Questo amore cura, guarisce e fa bene».

In questo contesto il Pontefice ha insistito soprattutto sulla necessità che l’amore fecondi anche «le relazioni sociali, culturali, economiche e politiche», permettendo così di costruire quella che Paolo VI definiva “civiltà dell’amore”.

Da qui l’invito a dar vita a una «buona politica» che ponga «al centro la persona umana e il bene comune». Dal Papa anche un nuovo appello affinché nell’azione di contrasto al virus non prevalgano «gli interessi di parte» di «chi vorrebbe appropriarsi di possibili soluzioni, come nel caso dei vaccini e poi venderli agli altri».

L’Osservatore Romano
10 settembre 2020

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