Fratelli, compagni …
Piero Piraccini
Fratelli, compagni… Non ci voleva molto a capire che non poteva andare tutto bene; che si cantava dai balconi per nascondere la verità; che le affermazioni sconsiderate di alcuni medici avevano a che fare non con la scienza ma con il modo di far politica di uomini piccoli piccoli, quelli che accusano chi deve fare, […]
Fratelli, compagni…
Non ci voleva molto a capire che non poteva andare tutto bene; che si cantava dai balconi per nascondere la verità; che le affermazioni sconsiderate di alcuni medici avevano a che fare non con la scienza ma con il modo di far politica di uomini piccoli piccoli, quelli che accusano chi deve fare, di fare troppo o di non fare abbastanza, mentori i sondaggi; che il rilassamento estivo ha coinvolto anche governo e regioni ancorché il ministro Speranza si prodigasse a raccomandare attenzione (ma intanto scriveva un libro, poi ritirato, per dire che ormai il peggio era alle spalle); che quei mesi dovevano servire a fronteggiare il probabile ritorno del virus.
Gli argini dei fiumi si devono rinforzare nei tempi quieti perché lo scorrere rovinoso delle loro acque può distruggere alberi e case, perché non c’è un Dio alla base dei disastri, perché la fortuna “dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resistere”, sosteneva il segretario fiorentino alcuni secoli fa. Forse quei mesi sono stati pochi a fronte dell’incuria protratta per anni verso la sanità e la scuola.
Ci si indigna dei modi troppo spicci con cui i governatori di Puglia e Campania affrontano i contagi, ma se la sanità del sud ha spostato verso il nord la bellezza di un miliardo di euro nel solo 2019, ci sarà stato un perché. E se la crisi sanitaria coinvolge l’intero paese, si consideri che già lo scorso anno il pensionamento dei medici di base metteva in crisi la medicina territoriale mentre vanno deserti i bandi per gli infermieri: hai voglia a potenziare le strutture se non hai a disposizione un numero sufficiente di personale.
E così è tornata con forza imprevista la pandemia, il virus invisibile che rende ancor più visibile il distanziamento sociale, quello che c’era già e quello oggi plasticamente visibile nei teatri e nei cinema chiusi, nelle serrande abbassate, nei bar e nei ristoranti semivuoti, nelle scuole a corrente alternata, nelle file ai pronto soccorso, nelle parole e nei volti degli operatori sanitari.
E’ tornata, e continua a sterminare la generazione nata durante la seconda guerra mondiale, quella che ne ha vissuti i lutti e le sofferenze; che ha lottato per la ricostruzione e ne ha vista la trasformazione; che ha avuto prima la radio poi la televisione, e per qualcuno l’Unità domenicale acquistata per fedeltà di partito senza essere poi letta, a volte invece vero e proprio sguardo sull’Italia e sul mondo.
La lotta di quella generazione ha trasformato il paese fino a creare una società più giusta. Poi le conquiste cancellate nel nome del mercato e dell’impresa che dietro il volto della modernità celavano il ritorno al passato. Allora i tagli alla sanità e alla scuola, allora le privatizzazioni. E ora il morbo che ripresenta il conto anche a chi, da artefice della sanità pubblica ne diventa vittima. Si tengano chiusi in casa gli anziani, a protezione loro e di ogni altro, perché gli ospedali potrebbero non essere in grado di accogliergli tutti, si dice. E mentre l’effimero e l’oblio, lo spettacolo e i consumi si presentano come vincitori, la filosofia eugenetica, figlia di questi tempi, rischia di affermarsi. Se non ce n’è per tutti, si sacrifichi chi ha minori prospettive di vita. I posti di terapia intensiva sono limitati: troppo alto il loro costo.
Ma chi s’indigna del fatto che l’Italia abbia prenotato aerei da guerra per 14 miliardi di euro per la sua sicurezza? Lo si vada a dire ai familiari di chi, intubati nei letti degli ospedali, non possono neppure fare una carezza ai loro congiunti.
Ma la nostra civiltà, si è detto, è quella di Enea che fugge da Troia portando sulle spalle l’anziano genitore e tiene per mano il figlio. Passato, presente e futuro legati in modo indissolubile perché l’intelligenza della specie, facendosi beffe degli ostacoli che la vita pone, è la pietà che spinge all’inclusione e alla cura.
“Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. L’avanzare di questo globalismo cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti”.
Dunque, l’intelligenza della specie si traduce nel titolo – quasi un imperativo – che papa Francesco affida alla sua ultima enciclica: “Fratelli tutti”.
“E che cosa si può e si deve fare perché prevalgano le alternative positive, quelle che vanno nella direzione della vita e della pace, e della affermazione della giustizia nei rapporti tra i popoli e all’interno delle nazioni?
Bisogna avere delle idee-forza: la difesa della pace e il disarmo sono una di esse”. Questo, Berlinguer dopo aver esordito con le parole: “Cari compagni”. Ecco, appunto: fratelli, compagni, …
Leopoldo Piraccini
14 novembre 2020