Far ripartire la cooperazione


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Il dg Belloni chiede al Parlamento una marcia in più per rimettere in moto l’aiuto allo sviluppo italiano e rilanciare strategie regolate da una legge ‘superata’. Facendo i conti con una carenza di fondi divenuta cronica.


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Far ripartire la cooperazione

La Cooperazione riparte dalle nuove linee guida formulate dalla Direzione generale (Dgcs) alla Farnesina  per il triennio 2010-2012, e le strategie politiche per l’Aiuto allo sviluppo targato Italia puntano sull’efficacia e sulla qualità. Partendo da un assunto: la legge che regola la cooperazione, la 49 del 1987, “è superata” e  necessita di una riforma, ma in attesa di questa “occorre puntare sulla razionalizzazione e la trasparenza”. Parola di Elisabetta Belloni, direttore generale della Dgcs, che ha già presentato le nuove linee approvate dal Direzionale del 15 marzo in audizione alla Commissione Esteri della Camera e ottenuto dal Parlamento l’assicurazione che le proposte elaborate dai tecnici del Mae saranno varate non appena sottoposte dal governo. “Da parte della Commissione c’è un grande sostengo, assolutamente trasversale, sulle impostazioni sia d’indirizzo sia della parte manageriale-operativa che la cooperazione ha dato alla legislazione vigente. Vi è la consapevolezza che nelle more di una riforma che tutti considerano importante e necessaria, la DGCS sta portando avanti tutti gli sforzi possibili nel quadro delle difficoltà poste da una normativa superata”. Un motivo di incoraggiamento, ha aggiunto il capo della Direzione generale, a proseguire su questa strada”. Il primo nodo da superare è quello di rendere più efficace la capacità d’azione della Cooperazione anche in un contesto di ‘tagli’ e di contenimento della spesa pubblica. “Stiamo introducendo misure per garantire innanzitutto maggiore correttezza e trasparenza”, ha spiegato Belloni, “per rimettere in ordine anche da un punto di vista amministrativo-contabile delle criticità dovute a carenze normative”. L’auspicio rimane comunque quello di un prossimo incremento delle risorse che però, ha tenuto a precisare Belloni, “dovrà essere accompagnato anche dalla volontà di darci gli strumenti per poter gestire eventuali aumenti di fondi che ci consentano poi di essere allo stesso livello degli altri Paesi donatori sulla scena internazionale in materia di sviluppo”. E ha aggiunto: “Abbiamo fatto importanti progressi nell’impostazione, nell’efficacia dell’aiuto, nella programmazione e stiamo andando sempre più a fondo anche con le linee programmatiche: tutti elementi che la Commissione parlamentare ha ampiamente riconosciuto e apprezzato”.  Certo, quello della mancanza di risorse rimane l’aspetto ‘più in ombra’ della questione, ma Belloni sembra oramai averci fatto i conti. “La gravissima riduzione di fondi all’Aiuto pubblico allo sviluppo che la legge finanziaria ha imposto non va certo taciuta –risponde- e purtroppo i tagli segneranno l'anno prossimo un'ulteriore marcata riduzione allontanando sempre di più l'Italia dall'obiettivo dello 0,5% del rapporto tra Pil e Aps (per il 2010) e dello 0,7% per il 2015”. Per  il momento dunque gli sforzi della DGCS rimangono concentrati sull’efficacia: “Nelle ultime riunioni del Direzionale abiamo approvato oltre alle linee guida anche dei piani ad hoc e i cosiddetti ‘marker’ per l’efficacia, punteggi richiesti dall’Ocse-Dac che dovrebbero sempre più consentire all’Italia di essere allineata alle linee guida internazionali per l’efficacia dell’Aps”. Sul fronte dei contenuti e del “nuovo approccio globale” allo sviluppo, Belloni insiste: “Senza rinunciare all’aiuto pubblico che deve essere una componente fondamentale, abbiamo messo sul tavolo una serie di iniziative che sempre più consentono all’Italia di intervenire nel settore dello sviluppo attraverso il sistema Paese. E cioè ho illustrato i tavoli di coordinamento (una sorta di ‘cabine di regia’)  avviati con tutto il sistema universitario italiano, le imprese e il settore privato, a cominciare da Confindustria, per far sì che anche attraverso progetti di cooperazione si innescano meccanismi d’investimento che sono parte integrante dei processi di sviluppo dei paesi destinatari dell’aiuto”. La parola d’ordine è: “Agire come sistema-Italia e non come singole realtà”, pena la dispersione di “fondi ed energie”. Il discorso riguarda anche l’universo delle ong, il cui ruolo Belloni ha tenuto a sottolineare è “fortemente rafforzato nella nostra ottica non solo perché viene loro formalmente riconosciuta la capacità di essere ‘attore’ della cooperazione ma anche d’interpretare e segnalare quelle che sono le esigenze dei percorsi di sviluppo”. Da parte loro le ong devono però “comprendere l’esigenza di essere più strutturate, di crescere e di fare comunicazione -ha sottolineato Belloni- così da costituirsi come ‘veri’ attori anche in termini di società civile e di capacità d’incidere nei processi di sviluppo attraverso linee di priorità condivise”, oltre a diventare “importanti antenne” per una cooperazione sempre più orientata a diventare timone e strumento della politica estera italiana.

Fonte: OngAgiMondo

editoriale aprile 2010

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