Egitto: nessun legame con gli attentatori
Michele Giorgio - Near Neast News Agency
I governatori del Sinai negano ogni legame con gli attentatori; secondo gli analisti, fra le cause degli attentati centrale rimane la questione palestinese
Gli attentatori non sono partiti dal Sinai. I governatori del nord e del sud del Sinai, Khaled Fouda e Abdel Wahab Mabrouk, ieri hanno escluso in modo categorico il coinvolgimento indiretto del territorio egiziano ipotizzato da fonti di Tel Aviv, negli attacchi sulla strada per Eilat e in altre aree nel deserto del Negev. Altrettanto netta la smentita dei servizi di sicurezza egiziani mentre un’analista molto noto, Nabil Abdul Fattah, del Centro Studi Strategici «al Ahram», definisce infondata l’accusa rivolta più volte dal ministro degli esteri israeliano Ehud Barak al governo post-Mubarak di aver allentato controlli e misure di sicurezza permettendo così un’ampia libertà di movimento ai gruppi «salafiti-qaedisti» che da qualche tempo agirebbero nella Penisola del Sinai.
«È impossibile che gli attentatori siano entrati da Gaza in Egitto per poi spostarsi in Israele, perché da qualche giorno lungo il confine è in corso una ampia operazione militare egiziana proprio per catturare capi e militanti di questi gruppi di estremisti armati», ha spiegato Abdul Fattah. L’analista si è riferito ad «Operazione Aquila», consentita peraltro dallo stesso governo israeliano che ha permesso a quello egiziano di schierare circa 1000 soldati, con 250 blindati proprio nel nord del Sinai. Il trattato di pace di Camp David infatti prevede la smilitarizzazione di quel territorio e le forze armate egiziane possono entrarvi solo con l’autorizzazione di Israele. Nei giorni scorsi giornali e blogger egiziani scrivevano ironicamente che «grazie a al Qaeda», l’Egitto ha recuperato la sua piena sovranità sul Sinai che per oltre 30 anni è rimasto una sorta di «territorio aperto», di fatto ancora sotto il controllo di Tel Aviv grazie alla massiccia presenza di turisti israeliani.
È difficile valutare la forza di queste cellule armate nel Sinai delle quali tanto si parla e che qualche settimana fa avevano attaccato con decine di uomini un comando di polizia e che potrebbero essere dietro ai ripetuti attentati al gasdotto per Israele. Nel Sinai è stato addirittura proclamato un Emirato islamico ma tra i residenti ben pochi hanno preso sul serio la notizia. Alla fine di luglio Il Giornale scriveva di un Sinai prigioniero di terroristi pronti a lanciarsi contro i turisti stranieri, finendo per scatenare le ire dei tour operator, in particolare di egiziani e stranieri che risiedono stabilmente nella penisola e si godono la vita lungo le coste bagnate dal Mar Rosso.
Piuttosto l’attentato di ieri ha dimostrato che queste formazioni armate puntano i loro mitra contro gli israeliani, non verso gli occidentali, e che la questione dei palestinesi sotto occupazione e sotto assedio (Gaza) rimane centrale. Il quadro dipinto dagli esperti israeliani è catastrofico. Secondo Ely Carmon, il Sinai rischia di divenire, più dell’Iran, una minaccia seria per la sicurezza di Israele perché il governo egiziano «non ha più le redini della situazione». Secondo il sito di intelligence Debka nel Sinai fuori controllo si nasconderebbero duemila miliziani bene armati appartenenti a diversi gruppi radicali, anche grazie alla complicità dei beduini per decenni abbandonati dalle autorità centrali egiziane.
L’«Operazione Aquila» intanto ha portato all’arresto di numerose persone ed in particolare di quattro che avrebbero progettato l’esplosione, per la quinta volta in poche settimane del gasdotto dall’Egitto a Israele. Attentati attribuiti a al Qaeda, e che invece fonti locali ritengono siano responsabilità di formazioni locali decise ad interrompere il flusso del gas, non per ragioni ideologiche ma per bloccare un accordo che ha garantito ad Israele l’acquisto del gas ad un prezzo inferiore a quelli di mercato. Regista di quell’accordo di vendita è il ricchissimo affarista Hussain Salem, ricercato in Egitto rifugiatosi in Spagna dopo la caduta di Mubarak.
Fonte: NenaNews
19 agosto 2011