E sulla politica estera il dibattito si infiamma


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Il segretario sostiene il sì alla Palestina all’Onu, per il sindaco la priorità è l’Iran. Scambio teso su Afghanistan e F35.


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Le differenze maggiori tra Bersani e Renzi in questo dibattito Rai? Sono sulla politica estera. La domanda di Monica Maggioni è sulle primavere arabe, ma il segretario del Pd sposta subito l'attenzione: «Il punto di fondo resta il problema israelo-palestinese. Se non succede qualcosa di positivo su questo punto, non si può risolvere nient'altro». Domani l'Assemblea generale delle Nazioni Unite vota sul riconoscimento della Palestina come stato non-membro: «Vedo che il governo italiano ha qualche titubanza – incalza Bersani –. Noi dobbiamo votare sì. Perché sennò avrà sempre ragione Hamas. Non possiamo isolare posizioni moderate come quelle di Abu Mazen». È la linea assunta dalla Francia di Hollande, dal grosso dell'Europa e, con qualche riserva, anche dal governo conservatore di Londra.
La risposta di Renzi è immediata: «Non sono d'accordo sulla centralità del conflitto israelo-palestinese. Il problema centrale di quell'area è l'Iran». Il sindaco cita il «terrore» delle donne iraniane, non il programma nucleare. L'Iran come fonte di tensione in tutta la regione: «Non a caso in questi giorni a Gaza c'era scritto "grazie Teheran"». Per questo l'Europa «non deve lasciare gli Stati Uniti soli in questa battaglia, che è la madre di tutte le battaglie». Una posizione che appare più dura di quella dello stesso Obama, che ha messo in cima all'agenda la necessità di fermare il programma nucleare iraniano a scopi militari anche attraverso forme di "engagement", di coinvolgimento della leadership di Teheran. Quella profilata dal sindaco suona più come una politica di "containment", di contenimento.
Sul voto all'Onu per la Palestina Renzi invece è allineato a Washington: «Non sono molto convinto» sull'opportunità di votare sì, «ma lo sono sulla soluzione dei "due popoli due stati"». Per domani, insomma, Renzi appoggia la linea di Stati Uniti e Germania, che rifiutano di votare contro l'alleato israeliano.
Sull'Europa i due candidati la pensano in modo simile. «Stati Uniti d'Europa» è una frase che piace a entrambi. Le divergenze tornano nelle battute finali del dibattito. Cosa direste a Obama nel vostro primo incontro da pari grado? Mentre Renzi parte dal dato dell'ammirazione personale per il presidente Usa, Bersani passa subito alle richieste politiche. Primo: il calendario del ritiro dall'Afghanistan. La Francia di Hollande ha completato il rimpatrio delle truppe "da combattimento". «Il 2013 deve essere l'anno decisivo», spiega Bersani. Allo stato attuale, l'Italia ha annunciato per il 2013 solo un ritiro «limitato» di truppe dall'Afghanistan, mentre il grosso dovrebbe avvenire nel 2014.
E poi la questione degli F-35, un programma militare i cui costi continuano a venire rivisti al rialzo, ma che promette di dare vita all'impianto di Cameri, in provincia di Novara, unico sito europeo per la costruzione dei caccia di ultima generazione. Bersani non scende in dettagli, ma lascia intendere che con Obama vorrebbe ridiscutere il programma. Durissima la replica di Renzi: «Segretario, basta populismo». Il progetto dei Joint Strike Fighter, insomma, con Renzi premier sarebbe al sicuro. Anche se non tutti i sostenitori del sindaco sono d'accordo sulla questione.

Fonte: www.europaquotidiano.it
28 novembre 2012

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