E’ fatta per l’adesione della Palestina alla Corte Penale Internazionale
Michele Giorgio - Near Neast News Agency
L’ambasciatore palestinese all’Onu Riyad Mansour ha precisato che sarà chiesto un procedimento contro Israele per crimini di guerra a partire dallo scorso 13 giugno. Si attendono ora le sanzioni israeliane.
Il dado è tratto. L’ambasciatore palestinese al Palazzo di Vetro, Riyad Mansour, ha depositato ieri all’ufficio legale dell’Onu i documenti per accedere a 14 convenzioni e trattati, tra cui lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Il presidente Abu Mazen non è tornato indietro e ha confermato quanto annunciato, e firmato in diretta televisiva, dopo la bocciatura a fine anno, da parte del Consiglio di Sicurezza, della risoluzione palestinese che chiedeva il ritiro entro tre anni di Israele dai territori che ha occupato nel 1967. Mansour ha precisato che lo Stato di Palestina chiede che siano indagati i crimini di guerra commessi da Israele a partire dallo scorso 13 giugno, in particolare a Gaza. Ma, ha aggiunto, non esclude di chiedere che il procedimento venga allargato a tutte e tre le offensive militari che Israele ha lanciato contro Gaza a partire dalla fine del 2008: Piombo Fuso, Colonna di Difesa e Margine Protettivo. Anche la colonizzazione israeliana, ha concluso Mansour, rientra nei crimini di guerra. Il caponegoziatore dell’Olp, Saeb Erekat, ha comunicato che la richiesta di adesione sarà accolta tra 60 giorni.
Il passo palestinese potrebbe innescare le ritorsioni discusse due giorni fa dal governo Netanyahu. Voci non confermate parlano di ulteriori restrizioni per i palestinesi nei Territori occupati e del congelamento dei permessi speciali accordati ai dirigenti dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Netanyahu l’altro giorno ha affermato che i palestinesi hanno da temere più di Israele da una indagine su crimini di guerra, alla luce di quella che ha definito “l’alleanza” tra l’Anp e il movimento islamico Hamas. In realtà Netanyahu sa che i palestinesi sono in grado, sulla base di rapporti ed inchieste internazionali, di far mettere sotto indagine Israele in relazione al comportamento delle sue Forze armate. Per questa ragione ha annunciato che proteggerà in ogni sede i suoi soldati ed ufficiali.
Oltre alle sanzioni israeliane, Abu Mazen e l’Anp potrebbero subire anche quelle statunitensi. Washington che ha condannato la decisione palestinese di aderire alla Cpi, versa annualmente nelle casse dell’Anp circa 400 milioni di dollari. Un taglio dei finanziamenti potrebbe essere preso subito in considerazione dal nuovo Congresso, controllato dai Repubblicani, fortemente filo israeliano. Una nuova legge prevede che nessun finanziamento Usa potrà essere dato ai palestinesi se questi agiranno per far indagare cittadini israeliani per presunti crimini di guerra. Negli ultimi mesi membri repubblicani e democratici del Congresso hanno chiesto ripetutamente il congelamento dei finanziamenti all’Anp. Secondo fonti di Ramallah la leadership palestinese non sarebbe particolarmente preoccupata da queste possibili ritorsioni poichè i fondi Usa finiscono in gran parte negli apparati di sicurezza dell’Anp. Tagliandoli gli americani finirebbero per colpire proprio le strutture che più apertamente cooperano con i servizi segreti israeliani.
Fonte: http://nena-news.it
3 gennaio 2015