Discernimento del bene comune


L’Osservatore Romano


Presentato presso la Sala Stampa della Santa Sede il documento del Pontificio Consiglio per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale.


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Discernimento del bene comune

La parola discernimento è la chiave interpretativa per comprendere la nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Per una riforma del sistema finanziario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale, presentata nella mattinata di lunedì 24 ottobre, nella Sala Stampa della Santa Sede, dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, dal vescovo salesiano Mario Toso, rispettivamente presidente e segretario del dicastero, e da Leonardo Becchetti, che ne è consulente.
Nella nota, volutamente diffusa a pochi giorni dal prossimo vertice del G20 del 3 novembre a Cannes, la costituzione di una simile autorità «al servizio del bene comune» viene individuata come «l’unico orizzonte compatibile con le nuove realtà del nostro tempo», soprattutto a fronte dell’attuale crisi economica e finanziaria che «ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala». La proposta si pone in continuità con la via tracciata dal magistero pontificio. Il documento del dicastero vaticano ricorda che oltre un miliardo di persone vivono con poco più di un dollaro al giorno e che all’origine dell’enorme aumento di disuguaglianze nel mondo c’è anzitutto «un liberismo economico senza regole e senza controlli». Proprio per questo, come ha detto il cardinale Turkson in conferenza stampa, rifacendosi all’insegnamento del più recente magistero sociale dei Pontefici – dalla Pacemin terris di Giovanni XXIII alla Caritas inveritate di Benedetto XVI – è necessario appunto un discernimento su quali sono le possibili vie per orientare economia e finanza allo sviluppo autentico di tutte le persone e di tutti i popoli.
In linea con l’intera tradizione di Dottrina sociale della Chiesa, il documento del Pontificio Consiglio non si addentra in questioni prettamente tecniche sui meccanismi finanziari, ma mostra chiaramente di non volerli ignorare, come ha sottolineato il vescovo Toso. Il documento mette infatti in campo appunto un discernimento e una progettualità ecclesiali, frutto «della cooptazione di molteplici saperi entro una prospettiva teologico-morale», comunque orientata a principi di solidarietà e di azione riformatrice di profonda ispirazione etica. A una finanza mondiale svincolata da ogni controllo, figlia di quella che lo stesso Benedetto XVI definisce un’ideologia tecnocratica, si può infatti rispondere muovendo da un nuovo umanesimo globale, come ha detto ancora il vescovo Toso, ossia da un’etica della fraternità e della solidarietà, nonché dalla subordinazione dell’economia e della finanza alla politica, responsabile del bene comune.
Le riflessioni del Pontificio Consiglio non demonizzano affatto i mercati monetari e finanziari, ma li considerano da orientare al bene pubblico. In questo senso, l’obiettivo è appunto quello di un’autorità mondiale alla quale si possa arrivare per consenso, nel contesto delle Nazioni Unite. È un punto di vista che suppone un salto di qualità rispetto alle istituzioni e ai consessi oggi esistenti, come ad esempio le istituzioni cosiddette di Bretton Woods (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale). Queste infatti — ha ribadito il vescovo —sembrano aver progressivamente perso il mandato e la vocazione universale di garantire uno sviluppo economico adeguato in modo da ridurre le situazioni di povertà e di disuguaglianza, che anzi hanno in non pochi casi aggravato. Lo stesso G20, ha proseguito, è certamente un passo in avanti rispetto al precedente G8, ma non può essere ritenuto rappresentativo di tutti i popoli e manca di una legittimazione e di un mandato politico.
La prospettiva indicata dal Pontificio Consiglio richiede prudenza e gradualità, ma anche determinazione nel perseguire gli obiettivi, compreso quello di restituire alla politica il suo primato sull’economia e sulla finanza, per ricondurre queste ultime alle loro reali funzioni, compresa quella sociale.
Tra le misure immediatamente adottabili, come ha ricordato Becchetti, la nota del Pontificio Consiglio propone la tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque, ma modulate con oneri proporzionali alla complessità delle operazioni, soprattutto in quelle che si effettuano nel cosiddetto mercato secondario, meno trasparente. Le risorse di una tale tassazione andrebbero destinate a promuovere lo sviluppo globale e sostenibile, secondo
principi di giustizia sociale e di solidarietà.
La nota sottolinea poi la necessità, particolarmente richiamata da Becchetti in conferenza stampa, di condizionare il sostegno pubblico alle banche, anche conforme di ricapitalizzazione, a comportamenti virtuosi e finalizzati a sviluppare l’economia reale.

In allegato la Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – 24 ottobre 2011

Fonte: L’Osservatore Romano

24/25 ottobre 2011
scarica l’allegato

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