Disabilità, giornata oltre le barriere


Stefano Pasta - famigliacristiana.it


Oggi è la Giornata internazionale delle persone disabilità. E la maggior parte di queste persone, troppo spesso, non riesce a partecipare pienamente alla vita sociale ed economica.


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Il 3 dicembre è la Giornata internazionale delle persone con disabilità e il tema dell’edizione di quest’anno è “Rimuovere le barriere per creare una società inclusiva e accessibile”. Comunità e città per tutti, insomma. In quest’occasione, non mancano le iniziative nelle città italiane, come quella del Ministero per i beni culturali per rendere accessibile il patrimonio di parchi, musei, gallerie e siti archeologici, attraverso percorsi di visite “non convenzionali” e progetti speciali di divulgazione. Va nella linea indicata dalle Nazioni Unite, che hanno istituito la Giornata internazionale nel 1982, e con le parole del segretario Ban Ki-Moon, ricordano che “occorre colmare il divario tra le buone intenzioni e le azioni attese da tempo; dobbiamo sforzarci di raggiungere gli obiettivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, quelli di eliminare la discriminazione e l’esclusione e di creare delle società che valorizzino la diversità e l’inclusione”.

“Accessibilità” significa, per esempio, che i cittadini disabili possano sempre aver accesso, su un piede di parità con gli altri, all’ambiente fisico, ai trasporti, alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e ad altri servizi e strutture. Sempre più, le società e le famiglie europee dovranno fare i conti con questo tema. Nell’Ue, infatti, una persona su sei – circa 80 milioni di cittadini – è affetta da una disabilità, da leggera a grave, mentre più di un terzo dei cittadini oltre i 75 anni è portatore di disabilità che in qualche misura lo limitano. Queste cifre sono destinate ad aumentare con il progressivo invecchiamento della popolazione europea. La maggior parte di queste persone, troppo spesso, non riesce a partecipare pienamente alla vita sociale ed economica a causa di barriere fisiche o di altro tipo, ma anche del clima culturale. Lo racconta bene Anna, mamma di una ragazza di 15 anni con una grave disabilità: “Alle volte, lo ammetto, mi limito nel partecipare alla vita sociale per un po’ di vergogna inconscia, la paura di condizionare sempre gli amici con cui si organizza qualcosa, il dubbio che la presenza di mia figlia Manuela sia imposta e non gradita”.
Tuttavia, dall’Eurobarometro, che monitora l’umore nell’Ue, arriva una chiara percezione: i cittadini europei sono fermamente convinti che le persone con disabilità debbano poter partecipare pienamente alla vita della società. Secondo un recente sondaggio, il 97% ha dichiarato che le persone con disabilità dovrebbero potere andare a scuola, trovare un impiego o entrare in un negozio come chiunque altro. Sette intervistati su 10 ritengono che una migliore accessibilità di beni e servizi potrebbe migliorare sensibilmente la vita di disabili, anziani e altri soggetti, quali i genitori con bambini piccoli. Scontato, si potrebbe dire, ma solo alcuni decenni fa non lo era affatto. Basta poi spostarsi più a Sud del mondo per capire che non è sempre così.
Nei Paesi poveri, dove vive l’80% dei disabili del mondo, il tasso di alfabetizzazione delle donne disabili è dell’1% e il 90% dei bambini disabili sono esclusi dalla scuola; disabilità e povertà sono, in molti casi, legati l’una all’altra: circa 20 milioni di donne sono rese disabili a causa di complicazioni della gravidanza o del parto. In occasione del 3 dicembre, riflettere sulle persone con disabilità vuol dire anche, e in molti casi soprattutto, riflettere sulle loro famiglie. Lucia, madre di Maria, disabile grave che ora ha 27 anni, sottolinea come “spesso di fronte alla disabilità di un familiare, l’equilibrio della famiglia viene stravolto e la famiglia stessa viene messa a dura prova. Tanto più se è una figlia o un figlio”.
Maria ha un ritardo mentale molto forte: “All’inizio, ero vinta dal senso di colpa: lo sapevo che non avevo fatto nulla di sbagliato, ma a tratti riappariva. Mi ha molto aiutato il brano evangelico della guarigione del cieco nato, in cui i Discepoli chiedono a Gesù se quell’uomo fosse cieco dalla nascita per un suo peccato personale o per colpa dei genitori. Poi, con mio marito e il nostro primo figlio, abbiamo dovuto reinventarci la vita”. Scoprendo che era possibile: “Nei primi anni, non facevamo vacanze, al massimo qualche giorno nella casa di montagna dei suoceri. Dopo abbiamo iniziato a viaggiare, prima timidamente, poi girando molte capitali europee”. Scoprendo che c’erano difficoltà da affrontare – anche economiche -, ma nessuna colpa, anzi: “Che gioia, non scontata, poter finalmente capire che mia figlia era un dono di Dio”.
Nell’esperienza di Lucia, “fondamentale è stato il confronto, sostegno e aiuto degli altri familiari di disabili, per affrontare insieme le preoccupazioni. Come quella più grande, quella sul futuro: cosa sarà di mia figlia quando io e mio marito non ci saremo più?”. Infine, Lucia aggiunge: “Mai dimenticarsi che le famiglie sono spesso il welfare principale per le persone disabili. È la storia di mia figlia, ma, ad esempio, anche di tanti anziani non più autosufficienti. In tempi di crisi economica, la sfida è ricordarselo. In parte, gli aiuti delle istituzioni ci sono, ma non c’è traguardo conquistato che non sia esposto al pericolo di un brusco arretramento. Ecco, dirci che la strada da percorrere è aumentare e non tagliare il sostegno alle famiglie dei disabili è il modo in cui vorrei celebrare il 3 dicembre di quest’anno!.
Fonte: http://www.famigliacristiana.it
3 dicembre 2012
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