I dimenticati dell’Alan Kurdi


Angela Caponnetto - articolo21.org


Una storia che si ripete e che dimostra l’incapacità dell’Europa di affrontare il problema migrazioni.


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Aprile 2009, mercantile Pinar – Aprile 2019, nave umanitaria Alan Kurdi. Località sempre la stessa: Mediterraneo Centrale tra Lampedusa e Malta.

Dal 15 al 19 aprile di dieci anni fa il mercantile Pinar che aveva recuperato 120 persone migranti al largo della Libia, resta in balìa delle onde e del braccio di ferro tra Italia e Malta che non vogliono lo sbarco a casa loro. Ieri come oggi, l’Unione Europea con la Commissione Affari Esteri cerca di mediare per giorni tra i botta e risposta italiani e maltesi.

Alla fine, l’Italia con l’allora governo Berlusconi, Maroni ministro dell’Interno e Frattini agli Esteri, cede consentendo il trasbordo di tutti i migranti in Sicilia con motovedette della nostra a Guardia Costiera. Scenderanno tutti a Porto Empedocle. Tutti tranne uno: il corpo senza vita di Ester, germana di 18 anni incinta, morta durante i soccorsi. Dall’imbarcazione in cui i trafficanti l’avevano stipata con gli altri aveva visto arrivare quella nave e si era lanciata a mare sperando di potersi arrampicare su per una cima pendente. Ma non ce la fa e muore tra i flutti. Una volta terminati i soccorsi, salvati tutti gli altri, il comandante del Pinar ordina ai suoi uomini di recuperare quel corpo. Chi era presente ricorda le lacrime di quell’uomo grande e grosso con i capelli lunghi sulle spalle, amareggiato per non essere riuscito a salvarla. Così avvolta in un sacco verde Ester viene portata a Lampedusa e lì seppellita: saranno i volontari del Forum Solidale a ricostruire la sua storia e a darle un nome sulla lapide.
Nel rimpallo di responsabilità tra Italia e Malta, 120 disperati e l’equipaggio del Pinar con il corpo di Ester avvolto nel sacco verde, sono rimasti per giorni in attesa di capire quale sarebbe stata la loro sorte. Finché alla fine uno dei due governi apre un porto.

Allora come adesso si diceva che bisogna seguire una “linea dura”,  che tormentare i migranti e penalizzare chi li salva, sarebbe servito a farli desistere.

Sono passati dieci anni eppure sembra oggi. Con un’altra nave umanitaria, la terza dall’inizio dell’anno, bloccata da sette giorni in mezzo al mare tra Lampedusa e Malta. Con 64 disperati caricati dai trafficanti su un’imbarcazione fatiscente partita da una Libia che più tempo passa più è evidente che è uno dei porti meno sicuri del Mediterraneo.
La Alan Kurdi, con le sue 64 persone migranti bloccate tra le due isole porte d’Europa, con i due bambini che si voleva separare dai padri, con una donna incinta che è stata evacuata dalla nave perché in precarie condizioni di salute, è oggi come ieri un esempio di cinismo politico sulla pelle degli esseri umani più deboli. Ci sono voluti quattro giorni prima che il governo della Valletta concedesse ad un’altra ONG Moas con sede a Malta di portare i rifornimenti necessari sulla nave tenuta a debita distanza oltre le 24 miglia, in acque internazionali: e a bordo, finalmente dopo sette giorni di navigazione, cibo e acqua razionati, arrivano generi di prima sopravvivenza. Ma l’ok all’ingresso non arriva. Anche se è inevitabile che, prima o poi, arriverà una soluzione e oggi, come ieri, i disperati potranno sbarcare e provare a costruirsi un futuro migliore.

Oggi come ieri, i governi usano il fenomeno migratorio, e le persone che vi sono coinvolte, per mera strategia politica. Ma c’è una cosa in più oggi che rende più grave la situazione che stiamo vivendo e che ieri era meno evidente. Il silenzio dei media italiani quando le navi che portano persone migranti, umanitarie, commerciali o militari che siano si è sposta dal nostro paese verso un altro del Mediterraneo Centrale.

Eppure quelle persone qualche giorno fa erano arrivate a bussare alle nostre porte: alla porta d’Europa per eccellenza. Finché per tre giorni la nave della Ong tedesca Sea Eye è rimasta davanti Lampedusa, la notizia è stata seguita da decine di reporter e telecamere. Quando la Alan Kurdi si è spostata verso Malta, l’interesse è scemato di ora in ora. Come se Italia e Malta non fossero Europa.

Sembra ieri e invece sono passati dieci anni esatti: dieci anni in cui non solo problema dei flussi migratori veicolati dai trafficanti non è stato affrontato con lungimiranza ma sembra aver intaccato i sistema Europa dando spazio a forze reazionarie e ultra nazionaliste che non aspettavano altro di  vedere disunita l’ Europa che mirava a invertire la rotta, da Vecchio a Nuovo Continente. L’Europa dei popoli uniti senza perdere la propria identità ma multi culturale e multi etnica.

Ora questa Europa, di fronte all’ennesima violazione dei diritti fondamentali umanitari rappresentata dall’ennesima nave di persone migranti dimenticata in mezzo al mare, vacilla sempre più. Può restare ancora in piedi se quelle persone migranti saranno fatte entrare senza torturarle ulteriormente. Perché, come ieri, hanno continuato a partire nonostante si sia cercato di fargli cambiare idea con le buone o con le cattive. Perché il problema dei flussi migratori, oggi come ieri, non si risolve in un limbo in mezzo al mare.

Angela Caporetto – Articolo21

10 aprile 2019

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