Diamanti: “Dovendo essere rassicurati, abbiamo bisogno di insicurezza”. E i media “confezionano” la paura


Redattore Sociale


All’incontro introduttivo del seminario Redattore Sociale l’intervento del sociologo Ilvo Diamanti. Le responsabilità della politica, ma anche di chi fa informazione. “C’è una vocazione italiana alla paura. Siamo il paese del melodramma…


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Diamanti: “Dovendo essere rassicurati, abbiamo bisogno di insicurezza”. E i media “confezionano” la paura

CAPODARCO DI FERMO – Ilvo Diamanti e la coltivazione della paura. Il sociologo e docente di Scienza Politica all’Università di Urbino al seminario Redattore Sociale, in corso di svolgimento presso la Comunità di Capodarco di Fermo, ha parlato di mezzi di comunicazione e sicurezza, prendendo spunto da una ricerca condotta assieme a Demos per la Fondazione Unipolis. A moderare l’incontro introduttivo del diciassettesimo seminario di formazione per giornalisti è stato Roberto Natale, presidente della Fnsi, cha ha aperto i lavori parlando di “imprenditori della paura”, in riferimento a un ceto politico che ha speculato su questo e citando le responsabilità di parte dell’informazione. “Consapevolmente qualcuno di noi ha fatto campagne mediatiche – ha affermato Natale -. Qualcuno inconsapevolmente. Ma l’inconsapevolezza non è una attenuante”.
Citando il rischio di coltivare il razzismo e la xenofobia, Natale ha richiamato la Carta di Roma e ha salutato la presenza al seminario di venti giornalisti dell’Ansi, l’organizzazione dei giornalisti di origine straniera nata all’interno della stessa Fnsi.

Antonio Nizzoli, responsabile dell’Osservatorio di Pavia, ha parlato della carica ansiogena dei mezzi di comunicazione italiani. “Se voi togliete ai Tg le immagini, vi accorgerete che la povertà di quello che viene detto è incredibile. La notizia è spesso emergenziale. Essa può essere reale, condivisibile, oppure essere il frutto di una rappresentazione fittizia. Le emergenze non esistono in natura in modo immediato. Esistono in relazione alla modalità che la determinano. Realtà, mediazione, rappresentazione mediatica: questo l’iter corretto. Ma per comunicare un’emergenza bisogna mettere in relazione diversi elementi. Se questa serie di elementi si sfrangia, è più difficile delineare l’emergenza. Essa è una costruzione di senso narrativa e la messa in forma è il risultato di una selezione, che fa il mediatore”.
Per Nizzoli, la regola è la ricerca del sensazionale. “Capire è spesso problematico – ha sottolineato -. Un tg senza emergenze e note ansiogene è tipico di regimi poco democratici. L’Apocalisse è l’annuncio delle’evento finale. Il problema è come mediare. Il ruolo del giornalista è centrale. E buona cosa che ne discuta”.

Diamanti e la costruzione della paura. “Spero di andarmene lasciandovi terrorizzati”, ha scherzato diamanti. E ha sottolineato le 3 diverse dimensioni attraverso cui parlare della sicurezza: la rappresentazione, la percezione e la realtà.
”E’ importante incrociare questi criteri – ha affermato – perché dovremmo rispondere a un problema di fondo: se in questa società conta molto l’insicurezza, perché essa è così importante e così diffusa? In realtà – ha spiegato – l’Italia è un Paese specializzato nella comunicazione dell’insicurezza e nella trasmissione della paura. Prevale la criminalità comune nei Tg, perché questo ci rende più insicuri, e dunque più contenti. Dovendo essere rassicurati, abbiamo bisogno di insicurezza. Per questo la criminalità la fa da padrona nei palinsesti e a livello comparato”.
Quali le differenze tra i diversi contenitori italiani? Per Diamanti “le notizie ansiogene sono nei 2 Tg maggiori, Tg1 e Tg5, poi viene Studio Aperto. Poi c’è il TG2 e ultimi TG4 e TG3, quelli politicamente più orientati. Dunque informazione caratterizzata, pre-definita. Ma perché è così numerosa l’informazione ansiogena? Non è così dappertutto. Se vedete i Tg di prima serata in Europa, si noterà che i Tg italiani hanno più le notizie di crimini rispetto ad altri, il doppio di quelli francesi, ecc… L’unico Tg che compete è la prima rete privata spagnola, Telecinco…”
Insomma, “si vede che in Italia per qualche motivo la criminalità o la paura collegata alla criminalità minore rende di più. La prima spiegazione potrebbe essere che c’è tanta esposizione perché è la realtà così, con l’Italia che ha un tasso di criminalità più alta degli altri Paesi europei. Allo stesso tempo, si vede che la variazione nel tempo dell’informazione ansiogena cambia in base alla variazione della realtà. Ma l’Italia ha l’indice di reati più basso. E non ci sono differenze tra il 1980 e oggi. Certo, alcune tipologie di crimini crescono, altre calano. Salgono i furti in appartamento, per esempio. Comunque, allora, non dipende dal tasso di crimini. Il massimo grado di notizie paurose si è sviluppato quando di fatto è partita la campagna elettorale, nell’autunno 2007. Un anno dopo erano la metà. Come si vede, non è la realtà. Ma forse è la politica. In Italia il nesso tra politica e informazione è stretta. La paura ha un colore politico! La paura premia alcuni settori politici piuttosto che altri”.

Il ruolo dei media. Ma, per Diamanti, non è solo colpa della politica. “Noi faremmo torto ai media se pensassimo che agiscano in modo dipendente dalla politica – ha sottolineato -. Gli uomini della comunicazione sono attori che hanno lo stesso potere, se non di più, dei politici. Se fai una trasmissione che fa 10 milioni di spettatori hai potere, tanto che costringi un ministro ha chiedere ospitalità! (chiaro riferimento a Vieni via con me, ndr). Chi fa comunicazione è un attore che ha potere. Rispetto ad altri Paesi, in Italia crimini e paura fanno ascolto più che altrove. E non c’è un mercato che si auto-regola”.

La vocazione italiana. Esiste una vocazione nazionale, per Diamanti, solleticata dai media e sfruttata dalla politica, che però è attratta dalla paura, dall’orrore, dal crimine. “Siamo il paese del melodramma, delle grande storie – ha spiegato -. Sceneggiamo la realtà. Dal Decamerone, passando per Verga… Con l’Osservatorio di Pavia abbiamo provato a veder le differenze con gli altri Paesi. Prima differenza: altrove si dà spazio a un delitto ma quando si verifica quel delitto. In Italia tutti i giorni. Secondo aspetto: i crimini vengono sceneggiati. Negli altri Paesi hai un crimine e lo racconti. Oppure lo tematizzi (violenza sulle donne, violenza nelle scuole, ecc…). Da noi un delitto (Avetrana, ndr) viene sceneggiato: il sacerdote, l’avvocato, il criminologo, ecc… Si celebra il processo. Un caso dura 4, 5, 6 anni! Cogne è successo nel 2002, e abbiamo ancora 30 notizie in prima serata!”.

Insomma, quando parliamo del rapporto tra società, media e paura, parliamo di molti attori protagonisti. “I meno responsabili sono i criminali – ha concluso Diamanti -! La nostra società è insicura per ragioni che non riesce a comprendere e ha un malessere che non riesce a spiegare. E trova soluzioni negli altri. Il 70% degli italiani risponde che ha forte e solida sfiducia nell’altro. L’altro diventa un nemico. Tutti sono immigrati per noi.  E non è un caso che quelli che hanno più paura sono i soli, gli anziani, le donne casalinghe, che guardano la televisione più di 4 ore al giorno. L’indice più basso è invece in quelli che partecipano, hanno legami. Ma ovviamente costruire legami sociali e un ambiente in cui riconoscersi è più difficile”.

Fonte: Redattore Sociale

26 novembre 2010

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