Dialoghiamo! Oggi è il 4 ottobre
Flavio Lotti
Nel giorno della Festa di San Francesco ri-accendiamo la fiaccola del dialogo!
Giovedì 4 ottobre 2018, Festa di San Francesco
Giornata nazionale della pace, della fraternità e del dialogo
“Dialoghiamo!”
Il 4 ottobre ri-accendiamo la fiaccola del dialogo
Oggi è il 4 ottobre, Festa di San Francesco, Giornata nazionale della pace, della fraternità e del dialogo.
“In un tempo di scontri e contrapposizioni senza limiti (senso) e confini, la giornata del 4 ottobre deve contribuire a riaccendere la fiaccola del dialogo” ha dichiarato Flavio Lotti, coordinatore della Marcia PerugiAssisi di domenica prossima.
“Francesco d’Assisi ci dice che è venuto il tempo di migliorare le nostre idee e atteggiamenti. Non è con la guerra o con l’egoismo che si possono vincere i pericoli e le paure che incombono. Il dialogo deve essere il fondamento di una nuova visione delle relazioni tra le persone, tra i popoli e le nazioni. Il dialogo non conosce confini geografici, culturali o sociali. Anche quando i conflitti hanno creato delle barriere insormontabili tra i popoli, lo spirito e la visione degli esseri umani è riuscita in molti casi a mantenere accesa la fiamma del dialogo. Riaccendere questa fiamma è uno degli obiettivi principali di questo giorno e di quelli che verranno.”
Segue una bella storia
Contro l’odio razziale, il razzismo, l’intolleranza
facciamo come San Francesco e il sultano
Nell’ agosto 1219 San Francesco parte per la Terra Santa. Giunto a Damietta (un porto, in Egitto, che si affaccia sul Mar Mediterraneo, al delta del Nilo, circa 200 chilometri a nord del Cairo) trovò la città assediata dai Crociati. Con uno di quei gesti storici di cui era capace, cercò di dissuadere i suoi corregionali dal combattere, quindi si presentò spontaneamente davanti al sultano Malik-al-Kamil.
“Arrivati (S. Francesco e fra Illuminato) nell’accampamento dei Saraceni e introdotti alla presenza del Sultano, questi insisteva per capire se erano portatori du qualche messaggio oppure volevano farsi Saraceni. Risposero: ‘Noi siamo ambasciatori del Signore nostro Gesu’ Cristo, e siamo venuti per salvare le anime, pronti a dimostrare con argomenti ifferutabili che nessuno può salvarsi se non con l’osservanza della legge cristiana’. E si dichiaravano disponibili a subire la morte per questa fede. Il Sultano, che era incline alla mitezza, li ascoltò con bontà. Poi convocò un’adunanza dei sacerdoti, dei periti della legge e di magnati del suo regno. Ma appena ebbe esposto il motivo di quella convocazione, uno di loro, a nome di tutti, rispose: ‘Molto imprudentemente ha agito colui che era tenuto di essere il difensore della nostra legge e doveva rispondere con la spada della vendetta contro gli avversari di essa, ed invece ha sopportato di concedere udienza a dei profanatori della legge, davanti a tante persone’. E perciò lo scongiurarono, in forza della legge, a condannarli a morte”. E se ne andarono. (Fonti Francescane 2236)
Ma il Sultano disse ai cristiani: “Non sia mai ch’io condanni a morte voi che siete venuti per la mia vita”. Aggiunse che era disposto ad affidare a loro grandi possedimenti, se volevano rimanere con lui, e fece mettere davanti a loro lingotti d’oro e d’argento; ma essi rifiutarono tutto, protestando che erano venuti a cercare anime e non beni materiali. E, accompagnati da una scorta in nome del Sultano, poterono ritornare nell’accampamento cristiano. (Fonti Francescane 2237)
Qui vediamo che Francesco è andato dai Musulmani con mitezza e bontà. Non con la spada dell’odio ma con rispetto come ad un fratello che gli vuole bene. E’ andato con il messaggio dell’amore. Il Sultano l’ha capito subito questo. Ha capito che Francesco voleva solo il bene della sua anima non soggiogarlo arrogantemente al cristianesimo. Il Sultano che, da parte sua ‘era incline alla mitezza’, lo capì subito e accettò di dialogare con Francesco. Il loro dialogo si basò sul rispetto di entrambe le parti: una regola fondamentale del dialogo.
Se Francesco fosse andato con l’arroganza dei Crociati, con l’odio e la vendetta, il Sultano l’avrebbe condannato a morte immediatamente secondo la legge coranica. Invece, contro il consiglio dei sacerdoti Musulmani e degli esperti della legge, lo ascoltò volentieri sino a pensar di tenere Francesco con se e riempirlo di possedimenti, d’oro e d’argento.
Un’ altra cosa da notare è che Francesco era pronto a subire la morte piuttosto che usare violenza con il dissidente. Non ha minacciato l’altro se non accettava la sua tesi ma ha rispettato la libertà di coscienza dell’altro, regola sacrosanta per chi vuole vivere in pace con l’avversario. (Padre Massimiliano Mizzi OFM Conv)