Dal villaggio alla baraccopoli


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Ai margini delle metropoli è nata un’umanità separata. Un popolo che vive di scarti e cui nessuno ha pensato di raccontare il futuro. Kibera, alla periferia di Nairobi, è una parte per il tutto.


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Dal villaggio alla baraccopoli

Per la  prima volta nella storia, la popolazione urbana ha superato in numero quella rurale. Secondo UN-Habitat, il Programma Onu per gli Insediamenti umani, oltre la metà dei 3,3 miliardi della popolazione del pianeta vive nelle aree urbane; ma oltre un miliardo non gode dei vantaggi che offre la città, intesa come sistema di tutela, di crescita e sviluppo.
Sono le cosiddette aree dello sprawling o della città spontanea. Aree di degrado, baraccopoli dove regole di convivenza e di convenienza, ispirate a un codice gerarchico interno, finiscono per costituire gli indirizzi di sviluppo degli insediamenti stessi.
Uno dei più grandi slum al mondo e ad altissima densità abitativa è Kibera, alla periferia di Nairobi. È costituito da 13 insediamenti popolati da tribù diverse -quella predominante è la Luo, seguita dai Kisii, i Luhya, i Kamba, i Gikuyu e i Masai- ed è attraversato da una ferrovia a livello, che non interrompe il brulicare della gente.
Il passaggio dalla realtà tradizionale del villaggio a quella caotica e senza regole della baraccopoli è stato traumatico.
Il villaggio ha una struttura circolare, protetta da palizzate in legno, lungo cui sono dislocate le abitazioni, enkang, prevalentemente in fogliame, fango e sterco.  Ogni nucleo familiare ha la stessa sistemazione: la prima capanna a destra spetta al capo famiglia, la seconda  alla prima moglie e quella a sinistra a un’eventuale seconda moglie. Ai bambini, considerati adulti già a 5 anni, spettano altre sistemazioni in cui vivono in autonomia. Al centro del villaggio un’ulteriore recinzione per gli animali (vitelli e agnelli), fonte primaria di sussistenza. Questo modello abitativo, così chiaramente definito e organizzato socialmente intorno alla figura del capo tribù, risponde a un’idea di comunità che ha tenuto per secoli e che l’accelerazione prodottasi nel processo di urbanizzazione ha squassato nel giro di un decennio. La struttura “scomposta” degli slum ne è lo specchio.
Il fenomeno di inurbanizzazione sta toccando dimensioni critiche in cui annegano i diritti dell’individuo e i diritti umani. La strada indicata dalle agenzie delle Nazioni Unite per recuperare un capitale umano di straordinaria ricchezza passa per la riqualificazione degli slum, affinché queste periferie non restino il lato oscuro della coscienza urbana.

Fonte: OngAgiMondo

Editoriale di Maggio

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