“Dadaab, dove muoiono i sogni dei somali”
Articolo 21
Il reportage di Enzo Nucci in onda sabato 22 ottobre nella rubrica “Agenda del Mondo” intorno alle 24,30 dopo il Tg3 della notte.
Il campo profughi di Dadaab sorge in Kenya a 64 chilometri dal confine con la Somalia. Nacque come insediamento spontaneo dei rifugiati somali nel 1991, allo scoppio della guerra civile che insanguina ormai da 25 anni il paese. Nel corso degli anni il campo è cresciuto a dismisura diventando il più grande del mondo. Su un’area grande quanto la città di Firenze hanno trovato posto fino a 600 mila profughi. Dopo la strage all’università di Garissa del 2 aprile 2015, il Kenya ha dichiarato il campo profughi una emergenza nazionale: le autorità infatti sospettano che gli Shabaab (i terroristi somali legati ad Al Qaeda) tengano in vita un traffico di armi all’interno della struttura. La conseguenza è la chiusura entro il prossimo mese di novembre. Oggi nel campo di Dadaab vivono 286 mila profughi, erano 320 mila fino allo scorso agosto quando è iniziato il rimpatrio, deciso con un accordo sottoscritto dai governi di Somalia, Kenya e dalla Unhcr (l’ Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite). Il documento prevedeva il rimpatrio volontario e indirizzato verso le aree sicure della Somalia ma così non è. Mogadiscio (la capitale della Somalia, controllata con grande difficoltà dall’esecutivo sostenuto dall’Unione Africana e dalla comunità internazionale) continua ad essere nel mirino dei terroristi che attaccano quasi quotidianamente obiettivi sensibili. Le altre aree del paese sfuggono al controllo centrale e gli Shabaab continuano ad imporre tangenti agli abitanti ed a procedere agli arruolamenti forzati anche di bambini soldato. L’incentivo per i rientri è rappresentato dal pagamento di 200 dollari per ogni componente delle famiglie che dovrebbe servire ad avviare piccole attività economiche una volta in patria. Inoltre da quando è partita l’operazione di rimpatrio ai profughi di Dadaab sono state dimezzate le razioni di cibo e ridotta al lumicino l’erogazione dell’acqua, una decisione – sospettano i profughi – per accelerare le partenze. L’Unhcr si difende di non avere fondi a sufficienza per supportare le esigenze dei profughi in quanto l’emergenza si è spostata sulla Siria e su altri paesi. Ma questa non può essere una giustificazione per mandare la gente a morire in Somalia. In molti che sono partiti nei mesi scorsi stanno tornando indietro, a Dadaab perché in Somalia è impossibile sopravvivere anche per la mancanza di ospedali, tende, assistenza umanitaria, scuole. Strutture queste che dovevano essere costruite, secondo gli accordi firmati.
Nel reportage di Enzo Nucci parlano i profughi che denunciano le pressioni che stanno subendo per abbandonare il campo di Dadaab, diventata ormai una risorsa economica per lo stesso Kenya.
Fonte: www.articolo21.org
21 ottobre 2016