Da via Teulada alla piazza telematica
Federico Orlando
Ci auguriamo che il terremoto che sta sconvolgendo la destra da Roma a Milano a Napoli a Venezia a Bari sia il segnale premonitore di un risveglio politico, dal quale nascano forze di maggioranza e di opposizione finalmente democratiche e pluraliste.
Abbiamo partecipato in tanti, e con volontà più forte dell'avvilimento, alla manifestazione di via Teulada contro la trimurti Palazzo Chigi- via del Seminario- viale Mazzini, che ha imbavagliato le trasmissioni d'approfondimento alla Rai. Una decisione presa nel clima plumbeo del divieto di pubblicare intercettazioni, del tentato strangolamento dei piccoli e non piccoli giornali d'opinione non assistiti da grandi e sussidiati gruppi editoriali, dal monopolio dell'informazione politica in mano al Tg1, dal sonno profondo dell' autorità delle comunicazioni nei confronti dell'emittenza privata. Andremo a tutte le manifestazioni che, come ha promesso la Fnsi, terremo nelle piazze delle città, davanti alle sedi Rai. Ma vorrei che una di quelle piazze, come vado ripetendo dal comizio “morettiano” di piazza San Giovanni nel settembre 2001 e negli articoli che scrivo, sia quella di Saxa Rubra. Penso che i cittadini verrebbero a migliaia a presidiare i cancelli del monopolio assediato, sia per difendere dall'assedio i colleghi che lì dentro resistono e per incoraggiarli a continuare, sia per far sentire gli umori di tanti italiani ad altri colleghi che, invece, si prostrano ai diktat del padrone e dei suoi caporali. Non è tollerabile che, mentre il consiglio d'amministrazione della Rai, esasperando il già paradossale regolamento della commissione di vigilanza, proibisce i talk show politici, il Tg1 intrattenga san Guido Bertolaso, persona telegenica e simpatica, ma oggi non propriamente neutrale di fronte allo scontro politico. Ci piacciono i servitori dello Stato, non quelli del governo, di qualsiasi governo.
Ma soprattutto vorrei rilanciare la proposta di Giulietti e di Articolo 21 : costituire un unico grande network di tutti i programmi Rai di cultura e intrattenimento, i siti internet, le radio e le televisioni private, affinché fino al 28 marzo trasmettano come in un talk show collettivo, le opinioni dei conduttori imbavagliati. Non perché essi soli siano la bocca della verità, ma perché oggi sono la bocca a cui è stato applicato il lucchetto. Sarebbe un modo significativo di tenere alta la bandiera della Costituzione, contro il sultanato che avanza. Un modi di ricordare agli italiani che all'origine di tutto c'è il conflitto d'interesse di un presidente del consiglio che, se spegne le trasmissioni della Rai per ottenerne un vantaggio politico, dirotta anche sulle sue televisioni private la pubblicità in fuga dal servizio pubblica. Un modo di ricordare ai partiti dell'opposizione che sbagliano di grosso quando dicono che quel conflitto o quell'imbavagliamento non sono tra i problemi principali degli italiani: forse non sono tra i problemi principali dei partiti, ma valgono per la vita della democrazia quanto il lavoro e il reddito da garantire ad ogni cittadino.
La Rai ha l'ordine di dimenticare che la par condicio esiste in tutta Europa,mentre non esiste il conflitto d'interessi; mentre l'addormentata Autorità della comunicazione stenta a intimare alle tv private le regole imposte al servizio pubblico. Ci auguriamo che il terremoto che sta sconvolgendo la destra da Roma a Milano a Napoli a Venezia a Bari sia il segnale premonitore di un risveglio politico, dal quale nascano forze di maggioranza e di opposizione finalmente democratiche e pluraliste.
Fonte: Articolo21
3 marzo 2010