Da Perugia ad Assisi 200mila in marcia per la pace


Luca Liverani


Ricordando il 50esimo della manifestazione “inventata” da Aldo Capitini, si è camminato, ancora una volta, «per la fratellanza dei popoli». Nel nome del “santo poverello”, chiesta la liberazione di Francesco Azzarà, volontario di Emergency rapito in agosto in Sudan.


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Da Perugia ad Assisi 200mila in marcia per la pace

Per riuscire a prendere le misure della Marcia della Pace, domenica, l’unico modo era spiccare il volo. E la stima sui numeri della Perugia-Assisi arriva quando il coordinatore della Tavola della Pace, prossimo al traguardo, chiama il Corpo Forestale: «Dall’elicottero dicono che la fine del corteo è ancora a Collestrada: siamo 20 chilometri di gente!», esulta Flavio Lotti. Un fiume di 200mila persone – dicono gli organizzatori – non rassegnate alla guerra, alla fame, alle violazioni dei diritti elementari. Nel 50° della manifestazione di Aldo Capitini, questo popolo ha percorso ancora una volta 25 chilometri, facendo registrare una partecipazione – senza apparati di partito alle spalle e senza eventi mediatici pressanti come l’Iraq o il Kosovo – superiore alle aspettative e almeno alle due precedenti edizioni. Un esercito di uomini e di donne di buona volontà cui Benedetto XVI non ha fatto mancare il suo incoraggiamento.
Per gli scout – l’Agesci ne ha radunati 4mila – la Marcia comincia alle 7, con la messa a San Pietro a Perugia concelebrata da don Luigi Ciotti e don Tonio Dell’Olio di Libera e dal comboniano Alex Zanotelli che riscalda i cuori dei ragazzi chiamando «papà» Dio padre. Alla partenza si affaccia qualche politico: Bindi (Pd), Vendola (Sel), Orlando (Idv), Ferrero (Prc). Ma al microfono per il via – come ai discorsi finali alla Rocca – c’è spazio solo per associazioni e società civile e per i protagonisti della primavera araba. «La pace è troppo importante perché possa essere lasciata nelle mani dei soli governanti», diceva Capitini. Alle 9 parte la «Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli», lo stesso slogan del 1961. Cinque ore dopo, accaldati, si tira il fiato al Sacro Convento, sul piazzale la bandiera arcobaleno di 25 metri. Dalla loggia è il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, a leggere il messaggio di «sincero apprezzamento» del Papa «per la significativa manifestazione volta a richiamare l’universale valore della pace nel rispetto dei diritti e dei doveri di ciascuno».
Il Papa assicura la preghiera perché sull’esempio di Francesco «nel mondo all’odio subentri l’amore e all’egoismo la condizione fraterna».
Sorrentino ricorda «l’incrocio di due giubilei: il 50° della Marcia e il 25° della giornata mondiale delle religioni per la pace voluta da Giovanni Paolo II, rilanciata il 27 ottobre da Benedetto XVI. Un incrocio che arricchisce entrambe le iniziative» afferma, che si incontrano «facendo di tutti noi pellegrini della verità e della pace». «Eccovi qui davanti alla tomba di San Francesco», è il saluto del custode del Sacro Convento, padre Giuseppe Piemontese: «Non tralasciate di confrontarvi con la strategia e il progetto di pace di Francesco». Poi lancia un appello: «In nome del santo di Assisi, liberate Francesco Azzarà», il collaboratore di Emergency sequestrato in Sudan ad agosto. Un ultimo sforzo e il fiume sale fino alla Rocca. Lotti legge la mozione finale, l’agenda della pace che impegna tutti: diritto a cibo e acqua, lavoro dignitoso, investimenti su giovani e cultura, finanza disarmata, tagli alle spese militari, difesa dei beni comuni e del pianeta, informazione libera, riforma dell’Onu, democrazia partecipativa, società inclusive. La marcia vera comincia ora.

Fonte: Avvenire

27 settembre 2011

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