Così si muore di assedio nella striscia di Gaza


Luisa Morgantini


Oltre mille palestinesi dell’enclave sono malati e devono curarsi altrove. Ma Israele non dà il permesso. Tra chi spera ancora, chi li aiuta, chi è già morto.


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Così si muore di assedio nella striscia di Gaza

A Gaza la popolazione è allo stremo: sono 133 i malati di Gaza morti dall’inizio dell’assedio perché non hanno ottenuto dalle Autorità israeliane il permesso di uscire dalla Striscia e farsi curare negli ospedali dei Territori Occupati, di Israele, Egitto e Giordania. Attualmente 1562 palestinesi gravemente malati necessitano di cure mediche urgenti che non possono trovare negli ospedali della Striscia.
«Morire d’assedio: per la sicurezza di chi?» si chiedono i Physicians for human rights- Israel, che hanno raccolto le storie degli ammalati a cui le Autorità Israeliane hanno ripetutamente rifiutato il permesso di uscire da Gaza per “motivi di sicurezza”, impedendo loro di potersi curare.
Alla Campagna per il diritto di accesso alle cure sanitarie per i palestinesi malati di cancro bloccati nella Striscia di Gaza lanciata da Phr-Israel si è unita anche Amnesty International.
«La sicurezza personale – dicono i Phr – è un diritto universale e non può essere usato come uno slogan per giustificare violazioni dei diritti umani». Eppure aumentano i casi di “diniego di uscita per ragioni di sicurezza”, e per i malati di Gaza questi rifiuti significano morire: le loro storie sono dimenticate, le loro voci inascoltate e alle sofferenze per la malattia si somma la crudeltà della burocrazia ostile di un’occupazione arrogante e illegale che acuisce il dolore nei loro ultimi giorni di vita.
Khadija Al-Aqed, 65 anni, soffre di disfunzioni cardiache: sin dal 1990 ha un pacemaker grazie ad un intervento effettuato all’ospedale Beilinson, in Israele. Nel dicembre 2007 il pacemaker smette di funzionare e lei è invitata urgentemente a raggiungere l’ospedale Al Urdun, ad Amman in Giordania, per una nuova operazione. Nonostante l’urgenza del caso, la risposta alla richiesta di uscita da Gaza attraverso il valico di Erez controllato dalle Autorità israeliane arriva solo il 30 gennaio: la signora Al Aqed non ottiene il permesso per “motivi di sicurezza”. Il 10 febbraio Khadija muore per arresto cardiaco.
Bayyan Abu Hilu, è una bambina di un anno nata nel campo profughi di Al Bureji a Gaza. I suoi genitori hanno già perso due figli a causa di una patologia genetica al fegato. Due mesi dopo la sua nascita, a Bayyan viene diagnosticata una patologia simile. Nel novembre 2007 lei e i suoi genitori si recano al dipartimento di Ematologia dell’ospedale di Hadassah Ein Karem di Gerusalemme Ovest dove la bimba comincia una terapia salvavita. Dopo il primo stadio della cura, i dottori le chiedono di tornare il prima possibile per proseguire la terapia. Il nuovo permesso è negato dalle Autorità Israeliane per “motivi di sicurezza”: Bayyan muore il 2 marzo 2008.
A M.H. 33 anni, è stato diagnosticato un tumore maligno al cervello che gli procura dei gravi disturbi alla vista. Nelle passate settimane le sue condizioni di salute sono molto peggiorate, soffrendo di convulsioni incontrollabili. Il paziente è stato indirizzato al dipartimento neurochirurgico dell’ospedale Ichilov di Tel Aviv, che è già pronto a ricoverarlo.
Ma quando M.H. ha chiesto il permesso di uscita dalla Striscia di Gaza, la sua domanda è stata respinta per motivi di sicurezza. Il Dottor Abd elSalam Aghbaria, specialista oncologico nell’ospedale Rambam di Haifa, ha dichiarato che il ritardo nella terapia potrebbe causare «un rapido peggioramento della malattia e la morte entro giorni o poche settimane».
Il 7 aprile 2008 i Phr si sono appellati contro il rifiuto delle forze di sicurezza israeliane e rivolti alle Autorità militari israeliane al valico di Erez, senza ricevere nessuna risposta.
N.A.A, 29 anni, dal giugno del 2007 soffre per un cancro-linfoma di Hodgkin. La ragazza si è sottoposta alla chemioterapia a Gaza. A gennaio è stata indirizzata con urgenza a Ichilov, in Israele per nuove analisi al fine di accertare la situazione del suo tumore. Da allora, la paziente sta ancora cercando di ottenere il permesso di entrare in Israele ma il Gss, servizio di sicurezza israeliano le ha rifiutato l’accesso sempre per motivi di sicurezza. Secondo il dottor Dina Ben Yehuda, capo del dipartimento di Ematologia all’ospedale Hadassah Ein Karem, a Gerusalemme, il test è urgente e con un’idonea terapia, le prospettive di guarigione sarebbero alte. Una richiesta in nome della paziente è stata presentata alle Autorità al valico di Erez ma senza ricevere nessuna risposta.
A N.M. 27 anni, nel settembre del 2007 hanno diagnosticato un cancro ai polmoni. La ragazza palestinese si è sottoposta a chemioterapia a Gaza ma le sue condizioni restano gravi. Il Dottor Ruth Laufer, oncologo ai Servizi Sanitari di Maccabi, ha dichiarato che la paziente, a causa dei disturbi causati dalle metastasi, richiede cure specifiche a base di combinazioni di medicinali ma “l’impossibilità di accertare lo stato delle sue condizioni potrebbe costituire un pericolo immediato per la sua vita”. Il Ministero Palestinese per la Sanità l’ha indirizzata urgentemente al Centro Tumori Re Hussein in Giordania, ma fino al 14 aprile la paziente non è riuscita ad ottenere il suo permesso di uscita a causa delle obiezioni sollevate dal Gss per motivi di sicurezza. I medici di Phr hanno fatto richiesta a nome della paziente il 15 aprile. «La sicurezza universale per tutte e tutti in Israele e nei Territori Occupati Palestinesi può essere raggiunta solo attraverso strumenti politici, con la fine dell’occupazione e di tutte le forme di oppressione nella regione».
(ha collaborato Francesca Cutarelli)
*Phr- Physicians for Human Rights-Israel è un’organizzazione fondata nel 1988 con lo scopo di difendere il diritti umani e in particolare il diritto alla salute sia in Israele che nei Territori Occupati Palestinesi. Oggi i Physicians For Human Rights-Israel riuniscono più di 1150 membri e più della metà sono fornitori ed esperti sanitari.

Fonte: Liberazione

03/05/2008

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