Coronavirus, venti storie belle di solidarietà!
La redazione
Uomini e donne scappate dalla Siria o dai centri di detenzione libici cuciono mascherine, migranti consegnano la spesa ad anziani e disabili, Ong al lavoro: brevi racconti per riflettere.
Tempi magri per i cattivisti (gli odiatori seriali), quelli del coronavirus: marocchini che offrono un posto letto agli italiani bloccati in Marocco dopo la chiusura delle frontiere (Aiutateci a casa vostra!), condomini cinesi che lasciano nella buca delle lettere tre mascherine (Aiutateci a casa nostra!), migranti fuggiti dai lager libici e dalla guerra in Siria che consegnano la spesa agli anziani, o cuciono mascherine (Aiutiamoli a casa nostra, che poi ci aiutano), e le Ong che fine hanno fatto? Sono tutte sul campo. Abbiamo scelto venti storie di solidarietà per riflettere.
1. Abdou M. Diouf racconta su Facebook che nei giorni scorsi, grazie a un tam tam social, molti marocchini hanno offerto un posto letto nelle proprie case agli italiani rimasti bloccati in Marocco dopo la chiusura delle frontiere causata dall’emergenza coronavirus. Aiutateci a casa vostra.
2. Matteo Zorzoli, giornalista sportivo, ha postato su Twitter la foto di una busta da lettere con su scritto “Dilegua, o notte! Tramontate, stelle! All’alba vincerò” e all’interno tre mascherine. Una famiglia cinese l’ha lasciata in tutte le cassette postali del palazzo in cui si è trasferita da poco. “Ancora non parlano bene l’italiano, stiamo scrivendo un messaggio di ringraziamento con parole semplici e comprensibili”, ha commentato il papà di Matteo a La provincia pavese. Aiutateci a casa nostra.
3. Aiutiamoli a casa nostra, che poi ci aiutano. Il tg del volontariato ha dedicato una puntata a Moussà, rifugiato ivoriano che vive a Novate Milanese. È da poco rimasto disoccupato perché il ristorante in cui lavorava è stato chiuso “causa coronavirus”, e ha deciso di diventare un volontario dell’Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani): in questi giorni sta consegnando la spesa a domicilio ad anziani e disabili.
4. A Trinità, in provincia di Cuneo, Yousra e Amina Alkhalf cuciono mascherine da distribuire a operai, poliziotti e personale ospedaliero. Il materiale viene fornito dai comuni dell’Unione del fossanese, mentre le due donne sono tra le decine di sarte che hanno volontariamente deciso di mettere insieme i pezzi. Fuggite dalla Siria in guerra nel 2014, sono arrivate in Piemonte lo scorso dicembre con un corridoio umanitario, grazie al progetto di accoglienza Sentieri di pace per Yousra e Amina. Ricambiano il sostegno, facendoci riscoprire il significato della parola solidarietà: rapporto di fratellanza e assistenza reciproca.
5. Al lavoro sulle mascherine sono anche i migranti ospiti della casa alloggio di don Antonio Carbone, a Torre Annunziata (Napoli). Metropolis racconta che fin ad ora don Antonio è riuscito a recuperare tre vecchie macchine da cucire. L’olio di gomito lo mette Modu che, prima di subire le torture nei centri di detenzione libici e di arrivare in Italia a bordo di un barcone, faceva il sarto in Gambia. Pensare che sino a qualche settimana fa qualcuno gli urlava contro “forza Salvini”.
6. “Forza Italia, siamo tutti con voi”, urlano i bambini di un orfanotrofio africano. Il video è stato condiviso su Twitter da Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, che spiega: alcuni amici della città li aiutano da trent’anni. Come ha scritto il giornalista Giuseppe Smorto: “è quindi vero che l’amore, prima o poi, ritorna”.
7. Il centro islamico di mozzate, in provincia di Como, ha contribuito alla donazione di mille mascherine e tradotto in arabo le restrizioni da rispettare. Ora vuole sostenere gli ospedali: “Siamo pronti a diventare donatori di sangue, ho intenzione di contattare l’Avis”, ha detto il referente Aziz El Hiba al giornale La settimana di Saronno. Ma non erano “tutti terroristi” (cit.)?
8. “Ricordate Medici senza frontiere? Quando dovevano soccorrere i migranti lo facevano bene, con le loro navi e la scritta Medici senza frontiere era molto visibile sulle loro tute. Adesso sono scomparsi”, attacca il conduttore Rai Bruno Vespa in un video pubblicato su Facebook. Commentando il post, Medici senza frontiere ha pacatamente fatto notare di essere operativa nel lodigiano, uno degli epicentri dell’emergenza, da oltre una settimana. Non è la sola, anche molte altre organizzazioni non governative hanno offerto il loro aiuto. Emergency ha ambulatori aperti in tutta Italia e ha attivato un servizio di consegne a domicilio. Samaritan’s Purse ha allestito un ospedale da campo a Cremona. Hope ha donato 24 ventilatori polmonari in Lombardia. Sea Watch è al lavoro per supportare le autorità sanitarie di Lampedusa. Oggi la gente ringrazia le Ong, a volte incosapevolmente, chiedendosi dove siano finite. Sono sul campo e sono le stesse Ong che fino a qualche settimana fa erano tacciate di essere il nemico pubblico numero due, seconde solo ai migranti da loro aiutati, e che adesso ci aiutano. Alle volte, il destino.
9. Aiutiamoli dentro casa. In principio fu un post-it comparso in un condominio di Roma. Il testo, riportato da Repubblica, recitava così: “Per tutte le persone con più di 70/75 anni e con patologie, le famiglie…si offrono di far la spesa per voi”. Poi è successo ovunque. covid19italia.help, una piattaforma promossa da Action Aid e messa in piedi da volontari e volontarie con l’obiettivo di collezionare informazioni utili, segnala la presenza di 142 servizi di consegne e commissioni, nonché 79 di supporto psicologico, che sono disseminati in tutta Italia: sud, centro e nord.
10. “Ho 70 anni, un figlio invalido e devo dare un grande grazie con tutto il cuore al comitato di quartiere che ieri mi ha portato mascherina, amuchina e guanti”, scrive Elisa Orti, da tutti conosciuta come “mamma Lisa”. Succede in quella che la vulgata popolare vuole sia la “Scampia di Roma”, San Basilio. Qui i ragazzi del comitato popolare si sono organizzati per assistere gli over 60. Ricevono talmente tante chiamate che al telefono con lavialibera Davide Angellili confessa di essere un po’ stanco: “Non immaginavo che ci fossero così tante persone sole, o con i figli lontani. Ci chiedono soprattutto se possono contare su di noi in caso di necessità. Se ho imparato qualcosa da questa pandemia? L’importanza dei legami”. E se c’è qualcosa che alla fine ne uscirà sconfitta, secondo Angellili, è la politica: “Ormai completamente scollata dal territorio”.
11. Hanno portato la spesa a un’anziana signora che aveva chiesto aiuto e si sono trovati davanti la loro ex maestra d’asilo. Niente abbracci, perché adesso non si può, ma la commozione, quella sì che c’è stata. E tanta. È capitato nel quartiere Rifredi di Firenze, dove i volenterosi volontari della Casa del Popolo – il Campino e dei Rude Boyz, tifoseria della squadra Virtus Rifredi, hanno messo in piedi una rete di consegne a domicilio per i bisognosi, offrendo aiuto anche a chi la spesa in questo momento non può permettersela. A muoverli è “la passione”, che somaticamente si traduce in “lucciconi agli occhi”, ci assicura Alessandra Scapati.
12. A Giugliano, in provincia di Napoli, una donna di 82 anni ha chiamato la locale stazione dei carabinieri preoccupata: ha detto di essere sola, di dover andare a fare la spesa, e di non aver a disposizione mascherine da indossare per proteggersi. Poco dopo, a casa sua, ha bussato il Comandante, mascherine alla mano. Lo racconta Il meridiano news.
13. “Cari ragazzi, adesso viene il difficile. La prima settimana è andata. È forte questo dannato virus. Mette schemi e tattiche balorde. Mai viste prima. Ma ad alzare le mani saremo noi, come dopo un gol. Esulteremo”, è parte del testo della lettera scritta ai ragazzi che vivono nella comunità per minori Alfa Podis di Vinovo (Torino) dall’educatore, nonché mister, Pino Di Leone. L’ha lasciata una sera sotto il cuscino di ognuno, raccomandando alla fine: “Dopo aver letto, andate a lavarvi le mani. Grazie”.
14. Alina fa l’educatrice in una grande residenza sanitaria assistenziale di Milano, dove sono ricoverati anziani e adulti con patologie psichiatriche. Su Animazione sociale, rivista dedicata al terzo settore, scrive che per rassicurare gli ospiti in queste settimane sta leggendo dei libri perché — assicura — “il lavoro di cura non si ferma neanche davanti all’emergenza coronavirus, anzi raddoppia”.
15. E chi una casa non ce l’ha? #vorreirestareacasa è la campagna per aiutare chi non ha un tetto sotto cui rifugiarsi lanciata dall’associazione romana Binario 95, che sta continuando a fornire servizi di accoglienza. In Italia si stima che i clochard siano circa 55mila.
16. “Cinquanta senza dimora sistemati a tempo di record”, titola Il mattino di Padova. Hanno trovato ospitalità in un immobile dotato di presidio medico allestito grazie al “perfetto lavoro di squadra tra Caritas, Comune, Centro servizio volontario e Sant’Egidio”. Tuttavia il quotidiano ricorda anche che altrettante persone, purtroppo, rimangono in strada.
17. Nei loro implacabili controlli, le forze dell’ordine di Roma hanno multato cinque clochard nell’area di Termini. Avvenire svela un finale di storia migliore: sono ospiti dell’ostello della Caritas diocesana, che si è offerta di pagare quanto dovuto.
18. “Scusa un secondo, la portiera mi ha appena portato delle nuove buste di frutta e verdura”, dice all’altro capo del filo Maria Zingarelli, chef e proprietaria del locale vegetariano Il Giardino di via Barbaroux, di Torino. Frutta e verdura che le sono state donate da aziende e cittadini, e servono a cucinare pasti caldi per i senzatetto. Maria ha iniziato a farlo qualche giorno dopo aver chiuso il proprio locale per coronavirus, insieme ad Antonella Giani dell’associazione culturale Giardino forbito. Nelle foto le si vede affaccendarsi in cucina, allegre come due ragazzine. Adesso di pasti completi, dolci inclusi, sono arrivate a sfornarne 200 che vengono distribuiti nel convento di Sant’Antonio da Padova, negli asili notturni di Gruppo Abele, Cooperativa sociale Terra mia, Gruppo Arco, Cooperativa sociale Aeries, Associazione 360°. “Lavoriamo giorno e notte, con un unico obiettivo: far sì che tutto vada bene”, dice. Possono essere sostenute partecipando alla campagna “ci fai la spesa?”.
19. “J. è al quinto mese di gravidanza e in casa con lei c’è un’amica con un bimbo di due settimane. Facevano le parrucchiere, ma hanno perso il lavoro per via delle gravidanze. Il coronavirus le ha messe ancora più in ginocchio. Ci chiedono tante cose sul ‘vairus’, hanno memoria delle epidemie in Africa centrale e non si spaventano per il nostro abbigliamento”. Lo scrivono i ragazzi dell’ex Opg Occupato – Je so pazzo (Potere al popolo) sulla loro pagina Facebook. In questi giorni, muniti di gel, guanti, mascherina e tuta, stanno distribuendo pacchi alimentari a Napoli e provincia raccontando sul social lo spaccato d’umanità che incontrano nel loro peregrinare. Vale la pena seguirli.
20. I volontari dell’organizzazione Linea d’Ombra Odv e i medici dell’associazione Don Kisciotte continuano a distribuire cure, cibo, e vestiti ai migranti che arrivano a Trieste dopo aver percorso la rotta balcanica. Ne curano le piaghe ai piedi e le ferite con garze e disinfettante, forniscono mascherine e gel igienizzanti. Si sono attrezzati per proseguire la loro attività nel rispetto della normativa anti-coronavirus, con buona pace di Paolo Polidori, vicesindaco leghista della città, tristemente noto alle cronache per aver buttato la coperta di un clochard in un cassonetto.
FONTE: La Via Libera
Rosita Rijtano
23 marzo 2020