Cooperazione, fondi al lumicino e confusione alla ribalta
Emanuele Giordana - Lettera22
L’Italia viene strigliata dalla Coordinatrice della Campagna dell’Onu per gli Obiettivi del Millennio. I fondi di aiuto pubblico sono sempre di meno. E al Senato un parlamentare, nell’assenso generale, fa obiezione e si rifiuta di firmare la conversione in legge di un decreto che, dice, usa fondi civili per missioni militari. Perpetuando un vecchio schema.
I fondi della cooperazione italiana, in futuro sempre più al lumicino per i tagli del governo, tornano a riaccendere polemiche. E fa capolino anche l'oramai nota confusione di competenze e finanziamenti tra civile e militare. La polemica sul dissanguamento dei fondi dell'Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) è stata ieri l'oggetto degli strali della Coordinatrice della Campagna dell'Onu per gli Obiettivi del Millennio, Evelyn Herfkens, che giovedì era in visita al parlamento italiano. Ma una precisazione del senatore del Pd, Roberto di Giovan Paolo, che era ieri presente alla conferenza stampa della Herfkens, ha messo il dito nella piaga di un'antica materia: quattrini della cooperazione civile che finiscono a finanziare parte delle missioni militari.
In maniera abbastanza silenziosa infatti è passato mercoledì al Senato il doppio voto che ha fatto diventare legge due decreti: la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali, fino alla fine dell'anno e le "disposizioni urgenti" per la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia. Di Giovan Paolo, un passato da obiettore di coscienza, ha però deciso di non partecipare al voto delle due leggi (passate con 261 voti su 262 presenti al Senato) che settimana prossima andranno alla Camera. La sua motivazione è molto semplice: la missione in Georgia prevede la presenza di 40 militari e dal fondo della cooperazione si sono andati a pescare 1 milione e mezzo di euro (su una decina rimasti nel magro bilancio della Farnesina) per corroborare sia la missione, sia il finanziamento della Conferenza dei donatori. Ma, dice Di Giovan Paolo, perché andare a prendere i fondi proprio dalla cooperazione civile perpetuando un'antica confusione su ruoli, strumenti e capitoli di bilancio? Il senatore ne fa una questione di principio "anche se mi rendo conto che la cifra è relativa e che l'obiezione del governo può riguardare il capitolo della Conferenza dei donatori. Ma – aggiunge – sentivo la necessità di dare un segnale specie in un momento in cui la legge sulla cooperazione è scomparsa dal dibattito parlamentare, la figura del viceministro è stata abolita, i fondi per l'anno prossimo subiranno un taglio del 56%… E sia ben chiaro, la mia non è solo 'testimonianza'. È un atto politico che spero preluda in futuro a scelte diverse".
Per ora però le uniche scelte sono quelle della forbice: scelte che hanno lasciato la Herfkens "inorridita quando ho sentito che, anziché crescere, l'aiuto pubblico sarà riconsiderato". Ospite di un impassibile Enrico Pianetta, presidente del comitato interparlamentare che appoggia gli obiettivi del Millennio dell'Onu, la Herfkens ha rimandato ad altri momenti il linguaggio diplomatico: l'ex ministro danese ha spiegato che il gap tra promesse e aiuto reale dei paesi donatori "è di oltre 30 miliardi dollari" e che l'Italia figura tra coloro che maggiormente sono responsabili di questo "tocco" che già in passato, con un budget l'anno scorso di meno di 4 miliardi di dollari di Aps, posizionava l'Italia dietro a paesi assai più piccoli come la Svezia o l'Olanda. Ma quest'anno sarà ancora peggio e si allungherà la distanza siderale tra la promessa di raggiungere come aiuto pubblico allo sviluppo "almeno lo 0,51% del Pil entro il 2010. Certo – ha aggiunto la Herfkens – le Nazioni Unite non possono mandare la polizia a riscuotere gli assegni dei paesi che promettono e non mantengono" ma ha accusato di cecità chi, proprio mentre esplode la crisi finanziaria e mentre "molta meno gente avrà accesso al credito, diminuiranno le rimesse e la situazione generale peggiorerà", taglia i fondi necessari a sostenere la guerra alla povertà rappresentata dagli Otto obiettivi del Millennio, sottoscritti nel 2000 dai 189 stati membri dell'Onu. Marina Ponti, direttrice della Campagna per l'Europa quantifica: "il progetto del governo, che speriamo abbia un ripensamento in commissione Bilancio, farà passare i fondi della cooperazione (esclusi dunque i contributi alle banche di sviluppo) da 730 a 320 milioni: 410 in meno!". Chissà se basterà la campagna "stand up" (alzati!) che l'Onu ha messo in piedi per ricordare che, standosene seduti, passano i tagli anziché gli impegni. E si perpetua la confusione tra cooperazione civile e missioni militari.
Fonte: Lettera22 e il Manifesto
17 ottobre 2008