Continua lo sciopero della fame di Aung San Suu Kyi


Internazionale


Da oltre tre settimane la leader birmana protesta contro la sua detenzione dopo la decisione del regime di prolungare gli arresti domiciliari. Una situazione che ormai va avanti da diciannove anni.


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Continua lo sciopero della fame di Aung San Suu Kyi

Sono ormai tre settimane che la leader birmana Aung San Suu Kyi rifiuta le provviste di cibo in segno di protesta contro la sua detenzione. Infatti alla leader birmana sono stati prolungati gli arresti domiciliari. Il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia, si è detto molto preoccupato per le condizioni di salute del Premio Nobel per la Pace (1991) e ha chiesto alla giunta birmana al potere di garantire il benessere della leader 63enne.

Da tre settimane Suu Kyi si rifiuta di mangiare, ha dichiarato la "National League for Democracy" in un comunicato, senza tuttavia confermare le voci secondo le quali la leader birmana si trova in sciopero della fame.

Gli ultimi rifornimenti di cibo accettati da Suu Kyi, 63 anni, risalgono al 15 agosto. Il suo avvocato, Kyi Win, le ha fatto visita a inizio settembre la 63enne Suu Kyi nell'abitazione dove è confinata da 13 degli ultimi 19 anni. La leader della Lega nazionale per la democrazia avrebbe comunque confermato di stare bene anche se si sentiva molto stanca e di aver bisogno di riposo. Aung San Suu Kyi ha un fisico minuto e magro; nel 2003 pesava 45 chili.

A fine agosto, Suu Kyi si era rifiutata di incontrare l'inviato Onu, Ibrahim Gambari, per rimarcare il fallimento delle iniziative portate avanti finora dalle Nazioni Unite per favorire la riconciliazione nazionale e promuovere le riforme.

Per il responsabile esteri del partito in esilio in Thailandia, Nyo Ohn Myint, Suu Kyi continuerà a rifiutare il cibo fino a quando non saranno accolte le sue richieste. Di recente, il Nobel aveva chiesto alla giunta di riavviare il dialogo, di installare un'antenna parabolica sulla sua casa e di garantire libertà di movimento al suo assistente personale.

Fonte: Internazionale

6 settembre 2008

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