Consiglio d’Europa: l’Italia viola il principio del non respingimento
Giorgio Beretta - unimondo.org
Sono stati circa 600 gli immigrati intercettati in mare e immediatamente respinti tra maggio e luglio del 2009, principalmente verso la Libia.
"Nella sua forma attuale, la politica italiana consistente nell’intercettare migranti in mare e nel costringerli a tornare in Libia o in altri paesi non europei, rappresenta una violazione del principio di non-respingimento". Lo denuncia il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt) del Consiglio d'Europa che ieri ha pubblicato il suo rapporto sull'Italia dopo la visita condotta nel luglio 2009 nel nostro paese. Il rapporto corredato dalla risposta del Governo italiano è stato reso pubblico "su richiesta delle autorità italiane" – segnala il comunicato del Cpt.
Il Comitato sottolinea che "l'Italia è vincolata al principio di non-respingimento indipendentemente dal luogo in cui essa eserciti la sua giurisdizione, il che non esclude l’esercizio della stessa attraverso il proprio personale e le navi coinvolte nella protezione dei confini o nel soccorso in mare, anche quando operino al di fuori delle acque territoriali". Inoltre, "tutte le persone che rientrano sotto la giurisdizione dell’Italia dovrebbero poter avere la possibilità di richiedere la protezione internazionale e di fruire delle strutture necessarie".
Secondo le informazioni a disposizione del CPT, durante il periodo preso in esame, "le autorità italiane non hanno offerto ai migranti intercettati in mare tali possibilità e strutture". Al contrario, "alle persone rinviate in Libia nel quadro delle operazioni condotte da maggio a luglio 2009, è stato negato il diritto di ottenere una valutazione individuale del proprio caso, nonché un accesso effettivo al sistema di protezione dei rifugiati".
Secondo quanto emerso dal rapporto, "la Libia non può essere considerato un paese sicuro in termini di diritti umani e di diritti dei rifugiati". "La situazione delle persone arrestate e detenute in Libia, compresi i migranti – i quali corrono inoltre il rischio di essere espulsi in altri paesi – indica che coloro che sono rinviati verso la Libia rischiano di essere vittime di maltrattamenti" – afferma il rapporto europeo.
Nella risposta del Governo italiano al rapporto, le autorità italiane descrivono le operazioni di cui sopra come "rinvio di migranti intercettati in acque internazionali, su richiesta di Algeria e Libia", nonché operazioni di ricerca e salvataggio". Le autorità indicano che nel corso di queste operazioni, durante il periodo esaminato dal CPT, "nessun migrante, una volta a bordo di una nave italiana, ha espresso l’intenzione di presentare richiesta di asilo". Secondo il Governo italiano "la Libia è vincolata dalle convenzioni internazionali che le impongono di rispettare i diritti umani, e che il paese ha ratificato la Convenzione dell'Organizzazione dell'Unità Africana del 1969 che disciplina gli aspetti specifici dei rifugiati in Africa, in base alla quale è tenuto a proteggere tutte le persone che sono perseguitate e che provengono da "aree a rischio". Le autorità italiane hanno inoltre menzionato l'esistenza di un ufficio dell'UNHCR in Libia in grado di soddisfare le esigenze di tutela delle persone rinviate".
L'associazione Save the Children si unisce alla richiesta del Comitato del Consiglio d'Europa alle autorità italiane e chiede "un’immediata revisione delle attuali pratiche di intercettazione e rinvio dei migranti, volta alla garanzia dell’assistenza umanitaria e sanitaria a tutte le persone sotto la giurisdizione italiana, compresi coloro che vengono intercettati in mare al di fuori delle acque territoriali". L'associazione ribadisce le preoccupazioni già espresse in passato sul coinvolgimento di minori nelle operazioni di rinvio di migranti, principalmente in Libia.
Lo scorso luglio il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg aveva criticato le nuove politiche del Governo italiano in materia di immigrazione e respingimenti. "Il ministro dell'Interno italiano rende praticamente impossibile l'accesso alla richiesta d'asilo politico da parte di persone che ne hanno bisogno" – aveva affermato Hammarberg. "Con i respingimenti viene negata a queste persone ogni possibilità che le loro ragioni siano valutate secondo i principi dei diritti umani" – ha continuato il Commissario.
Fonte: Unimondo
29 aprile 2010