Comitato 16 novembre: “Il governo non si sente responsabile? Fa male”


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Mariangela Lamanna, portavoce del Comitato: “Sapevano che questi malati stavano partendo da tutta Italia: dovevano fermarci. Invece non hanno neanche risposto alla nostra lettera”.


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E' una storia di ritardi e mancate risposte, quella raccontata da Mariangela Lamanna, portavoce del Comitato: "Sapevano che questi malati stavano partendo da tutta Italia: dovevano fermarci. Invece non hanno neanche risposto alla nostra lettera".

Mariangela Lamanna non ci sta: non le va giù che il governo possa sentirsi "la coscienza a posto", dopo la morte di Raffaele Pennacchio, avvenuta all'indomani del presidio: non il primo presidio del Comitato, ma il nono. L'ultima parte di questa lunga storia inizia il 31 luglio scorso: "Incontrammo Fadda – ricorda Lamanna – il quale ci promise una convocazione con un certo ordine del giorno entro fine agosto, così che le associazioni potessero esaminarlo ed eventualmente modificarlo. A metà settembre, non era ancora arrivato nulla: telefonai in ministero e mi dissero che c'era una questione importante che teneva tutti impegnati in quel momento: la questione Berlusconi!". In conclusione, dopo varie insistenze, "siamo stati convocati da Fadda per il 9 ottobre, con un ordine del giorno che non ci interessava affatto e che nulla aveva a che fare con i nostri bisogni: si parlava di cooperative e di distribuzione di fondi. Ma di quali fondi parliamo? – tuona Lamanna – Di 250 milioni, da destinare per il 30% ai disabili gravissimi?? Ma se lo stesso viceministro Guerra ha dichiarato, tempo fa, che occorre almeno un milione e mezzo?!".

I ministeri, quindi, sapevano che i malati di Sla sarebbero partiti da ogni parte d'Italia per venire a Roma: "Se non si sentono responsabili, se si sentono la coscienza a posto, fanno molto male! Potevano fermarci, hanno il mio numero di telefono – continua Lamanna – Bastava cambiare l'ordine del giorno e accettare d'incontrarci: Raffaele, in questo momento, poteva essere a casa sua, insieme alla moglie che, medico anche lei, lo accudisce ogni giorno". Sì, perché Raffaele Pennacchio quel progetto "Restare a casa", rivendicato al Comitato, era riuscito a metterlo in pratica, ma solo grazie alle proprie risorse: "Medico lui, medico la moglie: era la famiglia che si faceva carico interamente della sua assistenza. Non aveva visto ancora neanche un centesimo del fondo Sla per il 2010, che nella sua Campania non è stato ancora distribuito!".

A Roma, Raffaele era arrivato insieme a un cugino: aveva trascorso la notte di martedì in ambulanza, "deciso a lottare fino all'ultimo. La moglie era molto preoccupata – riferisce Lamanna – ma lo ha lasciato partire, sapendo che era pronto a tutto. Ieri sera lo ha raggiunto qui a Roma. Ora, aspettiamo che i medici ci diano il via libera per riportarlo a casa sua e salutarlo degnamente". (cl)

Fonte: www.superabile.it
25 ottobre 2013

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