Colpo di mano su giornali e Tv, a rischio le testate “scomode”
Bianca Di Giovanni
Finanziaria nuova versione. Così si toglie ossigeno a circa 92 testate, per lo più giornali legati a gruppi parlamentari, che di fatto non sopravviverebbero senza quell’aiuto.
Ci chiudono la bocca. Lo dice Pier Luigi Bersani, accusando il comportamento di maggioranza e governo sulla Finanziaria in Parlamento: il centrodestra si è votato da solo in pochi minuti il testo, senza accettare nessuna modifica, inviandolo all'Aula dove tutti si aspettano la fiducia. Lo ripetono i rappresentanti sindacali delle testate giornalistiche che attingono al Fondo per l'editoria. La manovra infatti, al comma 53 bis, elimina il diritto soggettivo di accedere a quei finanziamenti, e decreta che le erogazioni siano ripartite tra i vari soggetti fino a esaurimento. Se non bastano, pazienza.
Per di più la nuova formulazione impedisce alle società editrici di indicare la somma nei bilanci, rendendo impossibile redigere i libri contabili per il prossimo anno. In poche parole: i giornali sono a rischio chiusura.
Così si toglie ossigeno a circa 92 testate, per lo più giornali legati a gruppi parlamentari, che di fatto non sopravviverebbero senza quell'aiuto. E non perché non vendono, ma solo perché non riescono a intercettare i flussi pubblicitari, sempre più concentrati sui grandi gruppi.
E' un colpo ai più deboli, un bavaglio al pluralismo, una minaccia per l'occupazione. In questo comparto, infatti, lavora un giornalista su cinque occupati nella carta stampata. Sono a rischio tra i 1.800 e i 2.000 posti di lavoro giornalistico, che andrebbero sommati ai circa 1.500 poligrafici. E' come chiudere una grand efabbrica, come eliminare in Fiat Termini Imerese.
Nei corridoi della Camera si racconta di una lite furibonda tra Giulio Tremonti e Paolo Bonaiuti, che stava redigendo un regolamento per rendere più “virtuosa” l'erogazione. Si stava studiando il modo di finanziare le testate in base alle copie effettivamente distribuite (e non solo stampate, com'è oggi) per premiare le più efficienti.
Con il blitz in manovra è tutto cancellato. Sempre alla Camera si narra di un altro duello, questa volta a distanza, tra il ministro dell'Economia e il presidente Gianfranco Fini. Questa mossa sarebbe stata accompagnata da forti rassicurazioni alla Padania, testata legata al gruppo della Lega, mentre rimarrebbe in mezzo al guado il Secolo d'Italia, più vicino ai finiani. Altre voci, invece, darebbero per imminete una norma “riparatrice” nel decreto milleproroghe di fine anno. Insomma, un passo indietro una volta verificata l'effettiva portata dello scudo fiscale. Per ora però c'è solo la certezza della pagina scritta, pronta al voto blindato in settimana.
Fonte: unita.it
7 Dicembre 2009