Clima, Obama e Ban Ki-Moon: “Inevitabile rischio catastrofe”


Ninni Andriolo


Gli Stati Uniti cercano una nuova via ambientalista dopo l’era Bush, “ma il tempo sta per scadere”. L’Italia arranca rispetto agli impegni presi da Giappone, Gran Bretagna, Germania e Francia.


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Clima, Obama e Ban Ki-Moon: “Inevitabile rischio catastrofe”

“Lentezza glaciale “ accusa Ban Ki-Moon. Il segretario generale dell’Onu ricorre agli immagini forti per dare la scossa alle trattative sul dopo Kyoto, che segnano il passo dispetto delle “catastrofe” ambientale “irreversibile”che preoccupa anche Obama. 192 i Paesi presenti al summit voluto dalle Nazioni Unite. Molti i capi di stato e di governo, mentre l’Italia, rappresentata da Stefania Prestigiacomo, esporta a New York l’ennesima baruffa di governo. Il ministro dell’Ambiente, infatti, punta il dito contro Tremonti per i tagli sull’ ambiente previsti in Finanziaria. “Ne ho già parlato con Berlusconi”, rivela, e racconta del macao rifinanziamento dei fondi per “le iniziative previstedal protocollo del Kyoto che scadevano nel 2009”. Va ricordato che L’Italia si presenta all’Onu con il fardello di un 13% di emissioni in più da recuperare entro il 2012. E con l’handicap di richieste di dilazioni avanzate, senza successo, a livello internazionale. A dispetto del nostro paese, però, qualcosa pur si muove ala vigilia della conferenza di Copenaghen. Il presidente cinese, Hu Jintao, si è impegnato ieri a ridurre “notevolmente”le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di pil. Pechino vanta il primo posto tra i paesi responsabili di inquinamento da Co2 e, assieme agli Usa, copre il 40% delle emissioni di gas serra.

L’ORIZZONTE DEL MONDO
Passare delle parole ai fatti: questo l’imperativo che riguardi a tutti, Anche i Paesi più industrializzati dell’Occidente. Copenaghen, come ripete Ban Ki-Moon, non dovrà essere “un appuntamento sprecato”.E il presidente francese,Sarkozy, propone la creazione di una organizzazione mondiale per l’ambiente e la convocazione di un vertice a novembre, una sorta di G8allargato prima di Copenaghen.
L preoccupazione, al là delle dichiarazioni della buona volontà, è che, spenti i riflettori del summit dell’Onu, il dopo Kyoto torni a farsi tenebroso. Mancano poche settimane all’appuntamento in Danimarca, “sono soltanto quindici i giorni utili per il negoziato”, spiega Ban Ki-Moon secondo il quale un flop sarebbe “moralmente ingiustificabile, economicamente miope, politicamente avventato”, visto che i ghiacciali dell’Artico potrebbero sparire entro il 2030. E dal Palazzo di vetro di New York il segretario Onu fa appello innanzitutto alle nazioni più industrializzate. Invitandole a fare “il primo passo”, a dare l’esempio, a convincere così gli emergenti – a cominciare da Cina e India – ad adottare “misure audaci”. Riduzione drastica delle emissioni entro il 2020: questo chiede l’Onu. E dopo le frenate anti Kyoto dell’era Bush, Obama cerca di mettere gli Stati Uniti alla testa della politica a difesa dell’ambiente. Negli ultimi otto mesi, rivendica, gli Usa hanno promosso energia pulita e riduzione dell’inquinamento “più che in qualsiasi altro periodo della loro storia”. Ma i passi da compiere “sono ancora molti”. Perché “ la parte più difficile è davanti a noi” e il tempo sta per scadere”. Il fatto è che sia Pechino che Nuova Dehli rinfacciano ai paesi del G8una politica ambientale scellerata che non può essere pagata da tutti allo stesso modo. Ma anche dentro L’Europa c’è chi accelera e chi frena. L’Italia, per esempio, sembra impreparata-visti i ritardi su Kyoto_ a cambiare marcia. Anche sul versante ambientale, in sostanza, Roma rischia di rimanere senza voce, ai margini dalle posizioni più avanzate: del Giappone(il premier Hatoyama si è impegnato per un  -25%entro il 2020), della Gran Bretagna, della Germania, della Francia, ecc. E degli Usa che proporranno al G20  di Pittsburgh, come annuncia Obama, la propensione delle sovvenzioni sui carburanti di origine fossile per “affrontare meglio la sfida contro il riscaldamento climatico”.

Fonte: L'Unità

di Ninni Andriolo, inviato a New York

23 settembre 2009

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