Cipsi: troppa euforia per una legge che nasce vecchia
Cipsi
La cooperazione internazionale deve essere l’anima della politica di uno Stato, non può essere demandata a privati, imprese o banche!
Guido Barbera, Presidente di Solidarietà e Cooperazione CIPSI – Coordinamento di associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale – ha commentato il testo di riforma della cooperazione allo sviluppo approvato il 17 luglio alla Camera, esprimendo viva preoccupazione per l’entusiasmo generalizzato che aleggia attorno alla nuova legge e alla rapidità con cui sta percorrendo l’iter parlamentare. “È vero, afferma Barbera, che dopo decenni di stallo, boicottaggi, divisioni e veti incrociati, essere riusciti a superare una legge storicamente sorpassata è un risultato importante, ma le nubi davanti a noi e i rischi futuri, sono tanti! A nostro avviso, avendo raccolto il vecchio lavoro fatto in precedenti legislature, è mancato il coraggio – continua Barbera – di una svolta vera d’identità della cooperazione. La nuova legge si basa sulla logica degli interessi della politica di sviluppo europea basata su finanza, industria e mercati, invece di scegliere la cooperazione dei diritti e dei beni comuni per la convivenza tra tutti i cittadini e tutti i popoli, di cui ogni Stato dovrebbe essere diretto garante. Competitività e burocrazia non possono determinare e regolare le modalità di relazione e solidarietà tra i popoli, così come gli interessi economici, o di qualunque altro tipo, non possono e non devono determinarne le priorità di intervento. Il mondo è andato avanti e questa proposta rischia di risultare già vecchia, di fronte agli scenari di crisi, di migrazioni, di continuo aumento dello spread tra miseria e povertà, tra fasce sociali, anche a casa nostra. Oggi la cooperazione ha nuovi scenari. Ha un’identità nuova. Chiede ruoli, ma soprattutto una politica diversa. Una politica non più di aiuti allo sviluppo, ma una politica dei diritti e dei beni comuni per tutti i cittadini.
Le nostre preoccupazioni, sottolinea Barbera, non vogliono essere una bocciatura della nuova legge, bensì un impegno e un invito a recuperare ciò che manca, e a cancellarne i possibili rischi, nell’ultimo passaggio parlamentare in Senato e, ancor di più, nella fase di stesura dei vari regolamenti. La cooperazione deve rimettere al centro la persona, non la finanza, non l’impresa. Deve rivolgersi a implementare rapporti paritari e di giustizia tra comunità, tra Paesi, sostenendo processi partecipativi e di autogoverno, ridisegnando concrete e attive sovranità democratiche. Non si può fare questo attraverso soggetti e strumenti che, per natura, operano nella competizione e per il guadagno. La politica di chi pensa di dover avere di più per poter ‘aiutare gli altri’ non ha mai funzionato, ma ha aumentato la povertà, perché è una politica di sfruttamento per ridiistribuire bricciole. Non possiamo continuare a destinare il 50-60% di fondi in aiuti di Stato, ben conoscendo l’inefficacia, l’inefficienza e la corruzione presenti, destinando invece il 10-15% a quella società civile che tutti sappiamo resistere, combattere giornalmente per la sopravvivenza e per i propri figli! Poi ci lamentiamo e ci stupiamo se salgono sui barconi per morire nel nostro mare! La cooperazione non può essere fatta con gli stessi strumenti e soggetti che stanno producendo miseria, ingiustizia, divario sociale crescente.
Per questo, conclude Barbera, chiediamo che nei regolamenti per l’attuazione della nuova legge:
1. Si liberi la cooperazione da ogni forma di competizione e dall’appesantimento burocratico che non garantiscono “trasparenza” e, tantomeno, i migliori risultati;
2. Si escluda ogni riferimento a regolamenti e linee guida di un’Europa che, attraverso questi, si è allontanata drammaticamente dalle sue origini e dal rapporto con i cittadini;
3. Si definiscano chiaramente i criteri di ammissibilità delle imprese e delle banche alla cooperazione. Non si può e non si deve parlare di cooperazione in operazioni finanziarie, neppure industriali, come nel caso dell’ENI in Mozambico, che investe 50 miliardi a fronte della possibilità di sfruttamento di un giacimento enorme di gas (oltre 24 miliardi di metri cubi di gas), mentre a Gela mette a rischio 3.500 posti di lavoro!
4. Si limitino i luoghi e passaggi decisionali e gestionali all’essenziale, favorendo la rapidità e l’efficacia operativa e semplificandone ulteriormente tutta la gestione;
5. Si favorisca la definizione delle priorità di intervento con criteri basati non sulle priorità dello sviluppo economico, commerciale, industriale o politico, quanto piuttosto sulle priorità di tutela dei beni comuni, dei diritti universali di ogni cittadino e della convivenza mondiale;
6. Si valorizzi il ruolo della cooperazione nella prevenzione dei flussi migratori e nell’integrazione sociale tra i popoli, investendo risorse umane e finanziarie adeguate. La cooperazione non si fa con gli intenti e le promesse, così come non deve essere fatta solo con le risorse private e/o multilaterali;
7. Si valorizzi il ruolo della società civile a partire dal territorio locale in processi di cooperazione sociale territoriale, partecipata e non condizionata;
8. Si sviluppi e valorizzi il ruolo dell’educazione nella costruzione di una cultura di cooperazione e solidarietà a partire dalla scuola e dai giovani;
9. Si valorizzi concretamente il ruolo dei giovani nella costruzione di relazioni ed esperienze internazionali, favorendone le esperienze concrete e le relazioni internazionali;
10. Si rafforzi il concetto di cooperazione come partecipazione nel costruire la convivenza mondiale nel rispetto dei diritti umani e nella tutela dei beni comuni, come filo conduttore coerente di tutta la politica nazionale.
Fonte: www.cipsi.it
29 luglio 2014