Chiusi i Forum dell’acqua, dalle soluzioni alle lezioni di Marsiglia
Misna
“Dal tempo delle soluzioni al tempo degli impegni”: è con una generica dichiarazione d’intenti che si è chiuso il VI Forum mondiale dell’acqua a Marsiglia.
Dopo una lunga settimana di lavori, caratterizzata da circa 400 conferenze e workshop, animate da un migliaio di relatori e innumerevoli interventi, in pochi erano rimasti, venerdì sera, ad ascoltare le ultime dichiarazioni dei rappresentanti delle varie categorie di partecipanti. Generici impegni ad assumere le proprie responsabilità per “migliorare la vita di miliardi di esseri umani che ogni giorno soffrono a causa della mancanza di acqua o di igiene”, a cercare di attuare alcune delle soluzioni illustrate e a portare la tematica dell’acqua in cima all’agenda del Vertice della Terra Rio+20. Più che le solite promesse e i vecchi cliché, a Marsiglia in molti avrebbero preferito vedere mettersi in moto il tempo delle “azioni”. Poiché, hanno commentato alcuni osservatori, “troppe soluzioni uccidono le soluzioni”.
Il documento più significativo di questo Forum era stato presentato al secondo giorno, il 13 marzo. Una dichiarazione ministeriale che contiene diversi aspetti legati alla problematica dell’acqua, in cui figurano i concetti di “sviluppo sostenibile”, di “implementazione del diritto all’acqua”, di “interazione tra acqua, energia e alimentazione”, di “accesso ai più vulnerabili”. Solo “parole di facciata” secondo i detrattori del Forum, che non ne modificano l’essenza: un appuntamento per mercanti d’acqua mossi da interessi di profitto. A confortare questa tesi, la protesta di Felipe Quispe, ministro dell’Ambiente e dell’Acqua della Bolivia, che ha rifiutato di firmare la dichiarazione ministeriale contestandone in particolare un punto, quello sulla “pianificazione finanziaria strategica e sostenibile, basata sulla combinazione adeguata dei contributori (…) pubblici, finanziatori privati, e canali bilaterali e multilaterali”.
Resta quindi un appuntamento controverso il Forum mondiale dell’acqua, i cui veri protagonisti sono industriali e governanti. Particolarmente vistosi i francesi, attraverso insegne e rappresentanti dei grandi gruppi come Suez, Veolia, Lyonnaise des Eaux, e l’impegno del governo a mobilitare investitori sulla scena internazionale. Significativa anche la presenza cinese e sud-coreana, in vista della VII edizione del Forum in programma fra tre anni a Daegu. Folta la presenza africana, costituita in buona parte da delegati a seguito dei presidenti Mahamadou Issoufou (Niger) e Idriss Deby (alla guida del Ciad da oltre 20 anni), ma anche di rappresentanti di organismi panafricani, come la Banca africana per lo sviluppo (Bad).
L’edizione marsigliese è tuttavia portatrice di un’innovazione – importante secondo alcuni, ipocrita secondo altri – con l’apertura per la prima volta ad alcune voci della società civile e di organizzazioni non governative. Non solo tra gli stand – alla stregua del Rotary club e dell’Edf (l’Enel francese), il Soccorso Islamico o il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) – ma anche tra i relatori e gli ospiti di tavole rotonde e sessioni di lavoro. Per alcune di queste organizzazioni intervistate dalla MISNA alla fine della settimana, il bilancio è piuttosto incoraggiante: “Per la prima volta sentiamo parlare nei discorsi ufficiali di attuazione dell’acqua potabile, di malattie idriche, di bonifica delle acque sporche, richieste che noi organizzazioni umanitarie sollecitiamo da anni” ha detto alla MISNA Renaud Douci, responsabile della comunicazione dell’associazione ‘Solidarites International’, sostenendo di aver potuto scambiare opinioni con altri attori “in tutta libertà, senza aver avuto l’impressione di essere strumentalizzati”. Altri, come il portavoce di una rete di contadini delle Filippine conosciuto durante questo forum, sono rimasti frustrati dal poco spazio riservato alla voce dei più piccoli, in particolare gli agricoltori del Sud del mondo, molto sensibili alla questione della gestione dell’acqua.
Ricco di presenze e di contenuti, in un’atmosfera più eclettica e confusa, si è concluso anche il Forum alternativo mondiale dell’acqua (Fame) con alla base altri presupposti: l’acqua è un bene comune e un diritto universale, non una merce il cui costo va definito in base alla regola dell’offerta e della domanda. E soprattutto, che non va affidato alle multinazionali già responsabili non solo di drammi ecologici e umani, ma anche di una immensa richiesta di acqua per far funzionare mega-impianti. Lo hanno ribadito per tre giorni, dal 14 al 17 marzo, nel corso di animati dibattiti le decine di reti e Ong protagoniste del Forum mirato, soprattutto, alla divulgazione di soluzioni comunitarie per la distribuzione e il trattamento dell’acqua, alla denuncia dei progetti e degli interessi capitalistici e alla preparazione di basi per la creazione di un Tribunale internazionale dell’acqua presso il quale i cittadini potrebbero difendere i propri diritti.
Capitalista o alternativo, privato o pubblico, dei ricchi o dei poveri, se diametralmente opposti i due forum hanno avuto uno comune merito, quello di attirare l’attenzione – scarsa, quella dei media italiani – su un tema che rischia di diventare nei prossimi decenni una fonte di aspre contese se non di aperti conflitti. A meno che non si trovino sin da ora le soluzioni per consumare e gestire l’acqua in maniera diversa. E che si torni a rispettarla.
Fonte: www.misna.it
19 Marzo 2012