Caso Regeni, petizione accademici britannici
La redazione
In 200 scrivono al ‘Guardian’, criticando le università inglesi e la loro partnership con l’Egitto: “Mancano delle risposte”
Non cessa di far discutere il caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito e ucciso a Il Cairo tra gennaio e febbraio 2016. I suoi colleghi accademici, infatti, hanno firmato una petizione (200 i firmatari) pubblicata sul ‘Guardian’, nella quale puntano il dito contro il governo britannico e alcune università che hanno intrapreso rapporti di collaborazione con le autorità egiziane nonostante “le molte domande lasciate insolute dal rapimento e dall’omicidio di Giulio Regeni”.
Prima fra tutte, il movente del suo omicidio: “Contestiamo la saggezza e la legittimità di fare affari come niente fosse con un regime autoritario che attacca sistematicamente la ricerca, l’istruzione e la libertà accademica”, scrivono i firmatari, affermando pesantemente che “Giulio è uno dei molti studenti e accademici a essere stato arrestato, torturato, incarcerato e ucciso negli ultimi anni in Egitto, nel contesto di una sempre più ampia campagna di repressione che prende di mira l’opposizione politica, sindacati, società civile, media indipendenti e la professione legale”.
La petizione
Solo pochi giorni fa, riporta il quotidiano britannico, le indagini sulla morte di Giulio avrebbero incontrato una nuova battuta d’arresto, dopo che i pubblici ministeri avrebbero appurato che i filmati delle telecamere di videosorveglianza della stazione (consegnati all’Italia lo scorso 15 maggio), l’ultimo luogo dove il ricercatore era stato visto (il 25 gennaio 2016, il corpo è stato rinvenuto il 3 febbraio seguente), contegono lacune inspiegabili e praticamente nessuna immagine di Regeni, Troncamenti sui quali la magistratura italiana avrebbe spiegato di voler andare a fondo. Per quanto riguarda la petizione, a ogni modo, i 200 accademici criticano in modo particolare il recente viaggio al Cairo di una delegazione britannica (11 università in tutto) che, scrivono, aveva come obiettivo l’istituzione di “scambi a livello di studenti e di ricerca, richieste congiunte di donazioni, e alla possibilità di creare campus internazionali in Egitto”.
Ricerca della verità
Un’operazione che, riporta il ‘Guardian’, sarebbe da considerare come una sorta di esplorazione di nuovi fronti in vista della Brexit e delle possibili tensioni di mercato che ne seguiranno a livello di Unione europea anche in relazione a un prevedibile calo di studenti europei in Gran Bretagna. I firmatari la descrivono come “una serie di memoranda of understanding firmati negli ultimi anni” che “hanno gettato le basi affinché le istituzioni britanniche stabiliscano branche di campus internazionali e altri programmi”. Nel prosieguo della lettera, gli accademici avanzano anche alcune ipotesi circa la responsabilità dell’omicidio, invocando comunque un’attenzione sempre vigile su un caso che, dopo due anni, attende ancora risposte chiare.
22 agosto 2018