Buon Natale, Gaza!
BoccheScucite
E dopo un anno ci proviamo ancora. Ostinati di fronte a questa gigantesca prigione in cui nelle prossime settimane cercheranno di entrare più di mille pacifisti da ogni parte del mondo.
La vastità delle montagne di macerie che si stendevano davanti e dietro, a destra e a sinistra, non ci aveva certo fatto dimenticare che ci trovavamo dentro la cosiddetta “gabbia” di Gaza mentre ad ogni passo constatavamo che questa della gabbia non si trattava certamente di un'immagine simbolica visto che un milione e mezzo di abitanti non possono né entrare né uscire da questo “inferno”, come lo definisce abuna Manuel nel suo appassionato racconto (Un parroco all'inferno, Edizioni Paoline). Cosa possono allora significare, per un intero popolo in gabbia, 3 metri per 5 di prato verde con una panchina e uno scivolo?
Nel cortile della scuola di Jabalya, che BoccheScucite ha potuto visitare in ottobre, alcune famiglie hanno creato un angolo di paradiso, 3x 5 appunto, dove a turni di 3 famiglie per volta, ogni sera piccoli e grandi possono avere ogni tanto uno spazio bello, “pieno” di verde e perfino con un gioco per i piccoli. A turno, per non morire soffocati dalla gabbia. Un angolo di bellezza e di speranza per rompere l'assedio.
Allo stesso modo, piccolo e potente, è in questi giorni lo spazio che Majed ha rubato al totale isolamento della sua Striscia: ogni sera in una città diversa d'Italia, tanta gente avrebbe dovuto ascoltare e incontrare la testimonianza di questo giovane di Gaza ma purtroppo non sono bastati tutti i permessi necessari per far uscire questo “uccello in gabbia”. Invano l'hanno aspettato in Spagna e a Firenze, a Catania e a Genova. Ma lui non si è perso d'animo e ha rotto l'assedio con… Skype.
La sua voce e il suo sorriso, i gesti ampi delle sue braccia e la sua voglia di lottare per la giustizia sono stati più forti dei check-point di Erez e Rafah: “Catania people, my friends, we have broken the siege!”.
Un grido che raggiunge i cuori e comunica forza a tutti noi che, come il Patriarca di Gerusalemme, vogliamo per Natale… entrare a Gaza.
“Venite tutti a fare con me Natale a Gaza -scrive il Patriarca Twal- perché siamo stanchi di questa situazione, stanchi anche di noi stessi”.
E fa memoria del massacro come faremo da centinaia città italiane domenica prossima, perchè a un anno da quegli “interminabili giorni di guerra che hanno insanguinato la Striscia lo scorso Natale, purtroppo, non è certo migliorata la vita della gente di Gaza! Un enorme numero di vittime, tra cui centinaia di bambini, la distruzione di case e città, hanno trasformato la festa della vita nascente nel lutto di tanta desolazione e morte”.
E dopo un anno ci proviamo ancora. Ostinati di fronte a questa gigantesca prigione in cui nelle prossime settimane cercheranno di entrare più di mille pacifisti da ogni parte del mondo, proprio all'inizio di un nuovo anno che è difficile sperare sia decisivo per il processo di pace.
Israele infatti fa come sempre tutto il possibile per allontanare ogni possibilità di pace: nessuna scandalizzata protesta da parte della comunità internazionale ha accolto l'irricevibile decisione di Netanyauh di sospendere per 10 mesi alcuni dei centinaia di cantieri di nuovi insediamenti, ridicolo “gesto di buona volontà” di cui forse nessuno ha informato Obama, impegnato a ricevere il Nobel per la pace…
Israele continua ad appoggiare la quotidiana conquista di terra palestinese da parte dei coloni (“vanno appoggiati e difesi”, afferma il ministro Lieberman), e fingendo di dispiacersi della protesta degli stessi, come abbiamo già visto nell'evacuazione dei coloni di Gaza, ripete: “Vedete! Cosa possiamo fare? I coloni protestano e quindi le colonie non possiamo certo fermarle nella loro crescita naturale!”
Peccato che perfino un ministro, Benny Begin, abbia ammesso: “anche in questi dieci mesi di sospensione, in realtà altri diecimila coloni si aggiungeranno ai trecentomila attuali”, mentre un ministro del Likud ha dichiarato: “congelamento o non congelamento, nei prossimi mesi si
costruiranno 3.000 appartamenti nelle colonie”.
Lo stato d'Israele in realtà sta pericolosamente scivolando sulla china del fondamentalismo: mentre la città di Gerusalemme -ovest e anche est- è nelle mani dei più ultra-nazionalisti ebrei ortodossi, alla Knesset si discute della possibilità di rendere la Torah della Bibbia… legge di Stato!
E ancora, Israele non abbassa il livello della violenza, anzi, in questi giorni ha arrestato il leader della protesta nonviolenta di Bil'in Abdallah Abu Rahmah. È per di più gravissimo questo attacco al movimento di resistenza nonviolenta perché Abdallah è stato arrestato a Ramallah, dove i soldati israeliani non dovrebbero entrare.
Non fa ben sperare, di conseguenza, la strategia dell'Egitto che, smentendo il mito della sua innata solidarietà verso i “fratelli palestinesi”, vuole imitare la riuscitissima “impresa” del muro di apartheid israeliano costruendone una sotterranea, d'acciaio lungo il confine con Gaza. Il Cairo nega tale ipotesi ma intanto stanno installando sensori di ultima generazione per individuare i tunnel e
colpire così l'unico varco per un popolo affamato di tutto.
D'altra parte l'Europa sembra sempre più faticosamente contribuire alla pace, visto che in questi giorni, dopo tanta attesa, è stata finalmente approvata la dichiarazione dei ministri degli esteri UE che avrebbe
dovuto riconoscere Gerusalemme come città dei due popoli e appena possibile capitale dei due stati. Purtroppo però (anche stavolta per “merito” dell'Italia!) la risoluzione è stata totalmente annacquata, con l'esultanza del ministro Frattini (“è meglio non interferire”) e della parlamentare Fiamma Nirenstein (“Una città, due capitali? Ma così si riconosce lo Stato palestinese prima del tempo e si scatena la guerra” Il Giornale).
Praticamente ogni giorno c'è una pessima notizia per la gabbia palestinese…
E proprio per questo ci proviamo ancora a rompere l'assedio. E anche solo per merito del logo di CHRISTMAS IN GAZA, 20 dicembre, 100 città per la pace, ormai siamo in migliaia a sapere che anche dall'incubo di una stretta chiusura di oppressione potrà nascere la stella del Natale.
“Ci vorrebbero tutti schiavi nella gabbia di Gaza, ma tra la schiavitù e la morte non abbiamo dubbi su cosa scegliere. Gaza still living!”. E' l'appello accorato di abuna Manuel (il video su You Tube: “Recintati a morte”), per una gabbia che un cartone animato ha reso perfettamente (su You Tube: closedzone.com ). Ma in particolare scaricare e diffondete lo straordinario video “IL BELLO DI GAZA” che potete vedere su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=nlbq5PaXiWA
(attenzione! Il link corretto è http://www.box.net/shared/hxbox8p6zv) con riprese inedite, dichiarazioni di Goldstone e ammissioni dei soldati israeliani responsabili di Piombo Fuso.
E perché domenica prossima sia il più possibile ampia e partecipata la comunione con la gente di Gaza, a BoccheScucite, da Comiso, Hamid ha affidato il suo appello:“Tutti noi musulmani che viviamo in Europa conosciamo bene e viviamo con sofferenza e angoscia la pena dei nostri fratelli palestinesi. Tutti i giorni, anche se siamo lontani, ci sentiamo compartecipi e ci identifichiamo con tutto quello che loro subiscono. Lo ripetiamo nelle nostre feste e quando ci incontriamo tra noi o con altri fratelli cristiani: il nostro pensiero, i nostri sguardi e i nostri cuori sono rivolti a loro! Anche noi musulmani vogliamo dedicare la giornata del 20 dicembre al ricordo del massacro di Gaza, per non dimenticare e per unirci a tutti, musulmani e non musulmani, che hanno ancora viva la speranza di un futuro migliore per i tutti gli abitanti di Gaza e soprattutto i bambini. Noi invochiamo Dio ogni giorno almeno 17 volte con la nostra preghiera del Fatiha e domenica 20 la ripeteremo per tutte le vittime di Gaza, “in nome di Allah il Compassionevole e il Misericordioso. A lui chiediamo aiuto!”
Editoriale di BoccheScucite n.19 del 15 dicembre 2009