Bombe demografiche


Alberto Tundo


L’India è una potenza fuori controllo mentre l’Africa entro 40 anni avrà un miliardo di abitanti in più. Un rapporto Onu lancia l’allarme sul futuro del pianeta.


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Bombe demografiche

Non hanno timer e non deflagrano come classici ordigni ma quando scoppiano possono produrre effetti devastanti. Sono le cosiddette "bombe demografiche". In un mondo che sta già facendo i conti con gli effetti del sovrappopolamento, sono in particolare due quelle innescate che inducono demografi e geografi a tracciare quadri inquietanti: in India e in Africa.

Il cappio indiano.
La prima minaccia arriva dall'India che attualmente, con il suo miliardo e duecento milioni di abitanti è il secondo Paese più popoloso del mondo, dopo la Cina. Un primato, quello di Pechino, che potrebbe passare di mano già a partire dal 2025, quando gli indiani arriveranno al miliardo e settecento milioni. Sempre che il trend rimanga costante, ipotesi più che probabile se si guarda alle statistiche degli ultimi anni. Il piano noto come National Population Policy, varato nel 2000, prevedeva la riduzione del tasso di fertilità per arrivare ad una stabilizzazione entro il 2045 e una serie di obiettivi intermedi, come quello di portarlo a 2,1 entro il 2010. Target mancato clamorosamente, visto che i dati di quest'anno lo fissano a 2,8, la media figli di ogni donna indiana. Se in alcuni stati del subcontinente come il Tamir Nadu o il Kerala negli ultimi anni si sono registrati forti progressi, nel nord e nel centro dello sterminato Paese la media è di circa quattro figli per coppia. Il simbolo del disastro incombente è l'Uttar Pradesh, uno stato che da solo conta 190 milioni di abitanti e dove è fallito qualsiasi tentativo di pianificazione e razionalizzazione. Manca la volontà politica del  governo centrale ma anche la consapevolezza che se negli anni Novanta l'India si è avvantaggiata della sua forza demografica e di una popolazione molto giovane da sfruttare come manodopera, adesso questi stessi elementi si stanno trasformando in un cappio.

Il continente urbanizzato.
Se lo scenario indiano preoccupa, quello africano fa venire i brividi.  Secondo i dati forniti dall'agenzia dell'Onu che monitora il processo di urbanizzazione, UN-Habitat, entro il 2050 si assisterà ad un massiccio spostamento di popolazioni dalle campagne alle città. Il numero di abitanti delle aree metropolitane triplicherà: entro questa data arriverà a 1,3 miliardi. Erano poco più di 500 mila nel 1950. Colpa anche del boom demografico, che si tradurrà in un miliardo di abitanti in più nei prossimi 40 anni, solo in Africa. La crescita più impressionante, pari all'80 per cento, stando alle proiezioni, sarà quella di Ougadougou, in Burkina Faso, che in 10 anni potrebbe passare dagli attuali 1,9 milioni di abitanti a 3,4. Più contenuto a livello percentuale ma ugualmente preoccupante, lo sviluppo di Lagos, Nigeria – che nel 2025, con i suoi 16 milioni, toglierà a Il Cairo la palma di metropoli più popolosa (il sorpasso è previsto per il 2015) – Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo (15 milioni) e Luanda, Angola (8 milioni), tutte con tassi di crescita che oscillano tra il 40 e il 50 per cento, mentre quelli di Niamey (Niger), Kampala (Uganda), Dar es Salaam (Tanzania) e Mbuji-Mayi (Rdc) sfioreranno il 60 per cento.

Un oceano di miseria.
Ciò che spaventa di più, è la consapevolezza che aumenteranno le bocche da sfamare mentre con lo spopolamento delle campagne diminuirà la forza lavoro impegnata nell'agricoltura, con un conseguente calo della produzione alimentare. Come vivranno i futuri cittadini africani allora? Il rapporto Onu chiude la porta alla speranza: "Sarà un oceano di miseria con isole di benessere", si legge nel testo. La paura è che l'urbanizzazione si tramuti in una crescita senza precedenti degli slum, le baraccopoli che circondano molte capitali africane. Timori che sono quasi certezze, soprattutto perché negli ultimi anni, molte società europee e mediorientali hanno comprato appezzamenti vastissimi nel continente, per la produzione di cibo destinato a tavole e mercati degli altri continenti o per coltivazioni water-intensive, che necessitano di una enorme quantità di acqua. Senza cibo, senza acqua e strangolata dagli slums. Questa è la cartolina che il rapporto dell'agenzia con sede a Nairobi sta disegnando per il futuro prossimo.  E già il presente è piuttosto inquietante: anche quest'anno, abbiamo esaurito già ad agosto le risorse naturali che la terra può fornire e reintegrare nell'arco di 12 mesi. L'Africa per molti era il continente della speranza, quello che avrebbe rimesso la natura al centro dello sviluppo. Le proiezioni Onu dicono il contrario, se questi trend non saranno invertiti. Uno spazio di manovra resta ma si va facendo sempre più stretto.

Fonte: PeaceReporter

6 dicembre 2010

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