Basta respingimenti!
Avvenire
Le agenzie Onu confermano: “Naufragio con 41 morti”. Lo hanno raccontato i superstiti soccorsi dal rimorchiatore “Vos Triton”. Timori per altre 90 persone disperse. Unhcr e Oim ripetono: “La Libia non è un porto sicuro: brutalità e violenze”
“Salvare la vita di rifugiati e migranti alla deriva nel Mediterraneo deve tornare ad essere una priorità dell’Unione europea e della comunità internazionale”.
Questo è l’appello che l’Oim, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’Unhcr/Acnur, l’Agenzia Onu per i rifugiati, lanciano dopo aver raccolto le testimonianze dell’ultimo ed ennesimo naufragio.
Il team di Unhcr, presente a Porto Empedocle in attesa dello sbarco dalla nave mercantile Vos Triton di 77 migranti e rifugiati, ha raccolto “testimonianze accurate circa il naufragio avvenuto sabato 20 febbraio nel Mediterraneo Centrale che confermano come almeno 41 persone sarebbero annegate e sono ora disperse”.
Una tragedia che potrebbe avere un bilancio perfino maggiore. Da giorni, infatti, manaca all’appello un barcone con almeno 90 persone. Non c’è modo di sapere se siano state intercettate dai guardacoste libici o se siano ancora alla deriva,in condizioni di mare in costante peggioramento.
Da quanto è stato possibile ricostruire, 120 persone si trovavano su un gommone partito dalla Libia giovedì 18 febbraio, fra le quali 6 donne, di cui una in stato di gravidanza, e 4 bambini. “Dopo circa 15 ore il gommone ha cominciato ad imbarcare acqua e le persone a bordo hanno provato in ogni modo a chiedere soccorso. In quelle ore, 6 persone sono morte cadendo in acqua mentre altre due, avendo avvistato un’imbarcazione in lontananza hanno provato a raggiungerla a nuoto, annegando”.
Dopo circa tre ore la nave commerciale Vos Triton si è avvicinata per effettuare un salvataggio, “ma nella difficile e delicata operazione moltissime persone hanno perso la vita in mare. Solo un corpo è stato recuperato. Fra i dispersi ci sarebbero, 3 bambini e 4 donne, una delle quali avevas con se un neonato, salvato durante le operazioni, è che è stato portato a Lampedusa.
Il rimorchiatore, che batte bandiera di Gibilterra ed è in servizio presso le piattaforme petrolifere, aveva raccolto in direzione Nord i naufraghi e poco dopo aveva messo la prua verso Tripoli. Un cambio di rotta che aveva fatto circolare l’ipotesi di un “ammutinamento” dei migranti che avrebbe costretto il capitano a tornare verso la Sicilia. Secondo alcune Ong il capitano avrebbe tentato di rispondere a un’altra richiesta d’aiuto poi rientrata. Ma diverse fonti, anche investigative, al contrario confermano che vi fosse stata l’iniziale intenzione di riportare i migranti in Libia (probabilmente in accordo con la cosiddetta Guardia costiera libica), dove peraltro le agenzie Onu presenti sul posto erano state informate dell’arrivo sul molo di un imprecisato numero di persone. Tuttavia a bordo della Vos Triton non vi è stata alcuna rivolta da parte dei superstiti. Notizia smentita sia dall’equipaggio della nave che dagli investigatori, i quali parlano semmai del “disappunto” espresso dai migranti per un eventuale ritorno in Libia, ma senza alcuna minaccia della violenza. In alcune immagini dall’alto, peraltro, si vedono i 77 migranti sul ponte della nave disposti in cerchio intorno al cadavere di un loro compagno mentre hanno improvvisato una preghiera.
Ad oggi sarebbero già circa 160 le vittime del 2021 nel Mediterraneo centrale. “Lungo tutta la rotta che porta, attraverso la Libia, al Mediterraneo centrale, sono decine di migliaia – insistno le agenzie Onu – le persone vittime di inenarrabili brutalità per mano di trafficanti e miliziani”. Secondo i dati pubblicati da Unhcr, su un totale di oltre 3.800 persone arrivate in Italia via mare dal 1 gennaio al 21 febbraio, 2527 sono partite dalle coste libiche. Secondo i dati raccolti da Oim, nello stesso periodo sono state oltre 3.580 le persone intercettate in mare e riportate in Libia. Persone “costrette a subire una condizione di detenzione arbitraria”, sottolineano le organizzazioni che ricordano come i migranti catturati dalle motovedette libiche “corrono il rischio di diventare vittime di abusi, violenze e gravi violazioni di diritti umani”.
Perciò viene ribadito che “la Libia non è da considerarsi un porto sicuro e deve essere fatto ogni sforzo affinché le persone recuperate in mare non vi vengano riportate. In linea con gli obblighi internazionali il dovere di salvare persone alla deriva in mare deve sempre essere rispettato, indipendentemente dalla loro nazionalità e dello status giuridico”.
Semmai le partenze dalla Libia dovrebbero convincere che le partenze dalla Libia sono “la riprova della necessità di uno sforzo internazionale immediato per offrire ad essi alternative valide. Le soluzioni ci sono, ciò che serve è un cambio di passo per rafforzare l’accesso all’istruzione e per aumentare i mezzi di sostentamento disponibili nei Paesi lungo la rotta”.
Nello Scavo
Avvenire
24 febbraio 2021