Baghdad, mezzanotte di fuoco


Santo Della Volpe - articolo21.org


Diario da Baghdad di Santo Della Volpe: "Trenta anni di guerra hanno distrutto tutto, dalla civiltà più antica del mondo, alla convivenza tra tribù di commerci centenari".


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Baghdad, mezzanotte di fuoco

Anche di notte il caldo è asfissiante. Il pilota del piccolo aereo americano da 4 posti che ci ha caricato a Kuwait City  avverte che il caldo si sentirà  per un bel po’, anche dopo il decollo dalla grande base militare Usa che copre vaste parti del deserto. In effetti  il bimotore che  ha per insegne solo la scritta “United States of America”, sale lentamente  sul golfo persico: è notte fonda,quasi le 22,dietro di noi solo le luci lontane della città che lascia il posto ad  una terra nera. Come fiammelle accese  i pozzi petroliferi illuminano alcuni puntini sotto le eliche dell’aereo. E’ cominciata tutto da lì, da quel petrolio nel kuwait,la tragedia di questa zona.
Una volta qui sotto c’era il giardino terrestre, milioni di palme da dattero là dove Tigri ed Eufrate uniti arrivano al mare. Trenta anni di guerra hanno distrutto tutto,dalla civiltà più antica del mondo,alla convivenza tra tribù di commerci centenari.
Entriamo in Iraq su questo  piccolo aereo chissà come scovato dall’ufficio stampa dello Stato Maggiore della Difesa ,per di più dall’Italia. Anche il viaggio verso Baghdad è una impresa, sempre: Appena sorvoliamo le prime luci della periferia della città,l’aereo scende in picchiata,i bagagli (accumulati verso la coda del piccolo veivolo) , travolgono ogni cosa,scivolano rumorosamente verso la zona dei 3 passeggeri, le orecchie  risentono subito della rapida discesa e quando il piccolo bimotore ad elica si adagia sulla pista dell’aeroporto militare di Baghdad,lo stomaco in gola ti avverte:. siamo arrivati.
 E’ quasi mezzanotte, mezzanotte di fuoco,viene da dire,per le vampate di calore che salgono dalla pista,vuota,scura,appiccicosa.
Poi il maledetto “Rino”: il capitano Sociu,rumeno,ufficiale della Nato ci carica su un’auto che finalmente ha un po’ di aria condizionata  avverte: dobbiamo fare presto perché  il Rino (il convoglio di autobus corazzati che dall’aeroporto porta nella “green zone” di Baghdad,attraverso i quartieri sciiti della periferia) non aspetta . In realtà ci fanno attendere ancora una buona ora con tutte le casse di materiale,bagagli e quant’altro. E soprattutto hanno cambiato le regole. Ora,  all’imbarco vogliono che gli “ospiti” siano accompagnati da una scorta militare. Ma questo non è possibile dice il capitano Sociu,commentando che gli americani come al solito cambiano le regole in corso d’opera e poi non comunicano tra di loro. L’avevamo già sperimentato. Nonostante l’accompagnamento di due ufficiali americani e di un funzionario del dipartimento di Stato , la guardia all’ingresso della base americana di Kuwait City ci ha fatto attendere fuori ovviante dall’auto in piedi e senza dire perché,per quasi 45 minuti. E solo perché il sergente alla sbarra d’ingresso non aveva saputo del nostro arrivo e del nostro volo. Ancora una volta difetto di comunicazione e torna alla mente la vicenda di Calidari: chi doveva avvertire i soldati a quel maledetto check point dell’arrivo di quell’auto con Nicolò Calidari e Giuliana Sgrena?  Fu avvertita la pattuglia di Lozano e da chi? Visto che in quel tratto di strada non si può andare oltre i 40 kilometri orari (ed il Rino ce lo conferma di nuovo nel suo lento movimento verso la città) perché i soldati americani volevano a tutti i costi fermare quell’auto?
Difetto di comunicazione,incredibile passaparola burocratico che non ha funzionato  e poi uso di potere di chi è armato per far rispettare regole di sorveglianza spesso confuse.
Poi anche il Rino parte con tutti i nostri pensieri e bagagli, tutte le sue regole (ampiamente superate dall’anziano soldato senza divisa che sovrintende l’imbarco) ed il suo carico di soldati e civile,imbacuccati nei giubbotti antiproiettile e gli elmetti, pesanti e  spessi al punto da far grondare sudore nel giro di pochi minuti. E,come se non bastasse,  appena arrivati a Baghdad ecco un “Incaming” (l’allarme per bombe di mortaio) alle 3 di notte: tutti molliamo tutto,bagagli,computer e con ancora indosso elmetti e giubbotti antiproiettili corriamo verso il rifugio di cemento armato.
Bentornati  a Baghdad.eravamo partiti ad aprile sotto le bombe e ci torniamo sotto allarme bombe, per fortuna falso. Ma ci risiamo.

Fonte: Articolo21

29 agosto 2008

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