IL MANIFESTO


Slogan, sparizioni e uccisioni

Afghanistan. Chi ancora lavora in tv ripete solo slogan, nessuna informazione. Chi si batteva per i diritti si nasconde. O viene ritrovata senza vita: a Mazar-e-Sharif uccisa la giovane Foruzan Safi, guidò la protesta del 6 settembre

Milite Ignoto, la retorica del martirio «impersonale»

4 novembre. L’enfasi delle ricorrenze celebra in modo acritico un passato immaginario. La narrazione della Grande guerra in tali termini è funzionale all’occultamento del senso della storia

Verso la catastrofe!

L’Onu: «Procediamo sulla buona strada. Verso la catastrofe». Sempre più drammatiche le parole del segretario Guterres Il nuovo report: insufficienti gli sforzi dei paesi da qui al 2030. Per rispettare l’obiettivo ambizioso dell’Accordo di Parigi, il mondo ha bisogno di dimezzare le emissioni annuali di gas serra nei prossimi otto anni

Fine della dottrina dei “bombardamenti umanitari”

Afghanistan. Nel 2001 fummo tra i pochi ad opporci alla guerra in Afghanistan. Restammo isolati anche nella sinistra radicale Usa. Non dobbiamo far prevalere il principio della non interferenza, ma favorire interventi civili.

Abbiamo esportato inflazione e rancore, più che democrazia!

Investito in sviluppo un 20° di quanto speso per guerreggiare. E solo un decimo di quel 20° è finito in progetti agricoli, per un popolo a cui non restava altro che coltivare oppio. A chi presentare il conto della disfatta? I paesi Nato potrebbero almeno accollarsi, in proporzione al Pil, l’impegno di dare ospitare le migliaia di profughi in fuga

La guerra è finita, veniamo in pace!

Dal campo di battaglia al media center governativo, i nuovi padroni di Kabul vogliono rassicurare la popolazione e il mondo.

Criminali intervento e ritiro!

Abbandonare ora la popolazione afghana, la società civile, le donne, gli orfani, è da codardi. Dopo 20 anni di guerra ora s’interponga la pace!

Nel nuovo mondo, dalla parte giusta

Genova, venti anni dopo il G8. La memoria è preziosa, ma il futuro va aggredito. La riflessione di Luciana Castellina.

Dopo il Senato, la Camera: cittadinanza a Patrick Zaki

Mozione votata all’unanimità, è il secondo pronunciamento del parlamento in tre mesi. Ma il governo italiano sembra non voler sentire. Lo studente egiziano dell’Università di Bologna è in cella dal febbraio 2020

Perché uno Stato per due popoli

Israele/Palestina. Ai palestinesi è sempre più chiaro che è preferibile battersi per i propri diritti all’interno di un unico Stato invece che accettare la resa incondizionata a Israele insita nella soluzione due popoli due stati. Fra gli israeliani la situazione è più complessa