Armare gli aerei italiani?
I dati dei rapporti sulle vittime civili e una conversazione con Fabrizio Foschini dell’Afghan Analyst Network. Il ministro La Russa e le opinioni – molto diverse – degli afgani. Da Kabul Emanuele Giordana.
I dati dei rapporti sulle vittime civili e una conversazione con Fabrizio Foschini dell’Afghan Analyst Network. Il ministro La Russa e le opinioni – molto diverse – degli afgani. Da Kabul Emanuele Giordana.
Kabul vive sospesa in una bolla che galleggia sopra la guerra. Una guerra lontana nella città delle trame sottotraccia, parvenza di convivenza civile in una capitale su una linea del fronte che è alle sue porte, appena fuori, qualche chilometro.
Intervista di Emanuele Giordana a Danish Karokhel di Pajhwok, Afghan News-Kabul, sulla strage nel Gulistan.
Per il terzo giorno consecutivo colloqui a “porte chiuse” si sono tenuti a Kabul. Ogni giorno la delegazione cambia luogo di incontro anche se ormai riesce con difficoltà a depistare i cronisti. E anche se ufficialmente il governo continua a negare che si tratti di colloqui di pace, qualcosa c’è.
A Kabul sul negoziato si respira un certo scetticismo. Anche perché, se le voci sugli incontri si susseguono, di certo c’è poco. E l’unico fatto che parla chiaro è il Consiglio superiore di pace che Karzai ha appena varato per guidare la trattativa ma che, appena pubblicato, ha visto finire sotto accusa la maggioranza dei 68 membri che lo compongono.
Il punto di non ritorno è stato scatenato da un raid di elicotteri della Nato in territorio pachistano che, due giorni fa, ha ucciso alcune guardie di frontiera nella località di Mand-to-Kandao, ferendone diversi altri.
Il vero protagonista è stato il Medio Oriente e i suoi attori principali, gli israeliani e i palestinesi ovviamente. Ma anche le due grandi potenze che hanno enorme influenza nella regione: Stati uniti e Iran, rappresentati dai loro presidenti, Barack Obama e Ahmadinejad.
Forse perché ha qualcosa da farsi perdonare. Ma il presidente francese Nicolas Sarkozy, inseguito dalle polemiche europee, dallo scontro con giornali e sindacati, dalle ombre dell’affaire Betancourt, ha messo subito i piedi nel piatto.
La guerra? Via dal 2011. Anzi non proprio. Cioè si. I segnali, tanto per cambiare, sono confusi. Riguardano l’Afghanistan e vengono dagli Stati uniti o dagli statunitensi impegnati sul terreno.
Si può essere ottimisti quando si fanno i conti con la pena capitale e quando, nel 2009, le esecuzioni sono state almeno 5.679, appena una cinquantina in meno rispetto al 2008 e una settantina in meno rispetto al 2007?
I documenti resi pubblici dicono cose in gran parte già conosciute e l’unica vera nuova notizia è che è stato tenuto un minuzioso conteggio del numero delle vittime civili, ovvero degli “effetti collaterali” della guerra…
Ieri emissari della diplomazia di 70 paesi hanno tenuto a battesimo la prima Conferenza internazionale sull’Afghanistan che si sia svolta a Kabul. Atto fortemente simbolico, promessa di transizione ma, in sostanza, montagna che partorisce un topolino.