Attentato in Afghanistan: numero due dell’intelligence vittima eccellente dei talebani
Junko Terao
E’ di 23 morti e 35 feriti il bilancio del nuovo attentato suicida a firma talebana che ieri ha colpito una moschea. L’obiettivo era Abdullah Laghmani, vice capo dei servizi segreti vicino a Karzai. Intanto spunta l’accusa di brogli più grave contro il presidente uscente.
L’Afghanistan del dopo-elezioni non conosce tregua. Ieri l’ennesimo attacco suicida a firm talebana ha colpito una moschea nella città di Mehtar Lam, provincia di Laghman, con un bilancio di almeno 23 morti e 35 feriti. Non si tratta dell’attentato più sanguinoso delle ultime settimane, ma di certo è quello che ha fatto la vittima più eccellente: come confermato da Zabiullah Mujahid, portavoce talebano, il vice capo dell’intelligence di Kabul, Abdullah Laghmani, era l’obbiettivo dichiarato, e centrato in pieno, del kamikaze che si è fatto esplodere in mezzo alla folla radunata fuori dalla moschea, dove era in corso un incontro tra leader locali. Oltre a Laghmani, sono rimasti uccisi anche tre alti funzionari del governo locale, tra cui il presidente del consiglio provinciale di Langham. Un nuovo duro colpo per le autorità afghane e un segnale chiaro indirizzato al presidente Ahmid Karzai, a cui Laghmani pare fosse molto vicino. Per non contare il fatto che il numero due dei servizi segreti era noto per il suo ruolo nella lotta contro le reti di criminali e insorgenti, che ieri hanno dato prova, ancora una volta, di capacità di messa a punto di azioni particolarmente complesse e puntuali. Questo nuovo episodio mina la già traballante immagine del presidente uscente, e la bufera in cui Karzai si trova per le accuse di brogli sta peggiorando una situazione già molto precaria dal punto di vista della sicurezza: sembra infatti che diversi signori della guerra che fino a poco fa avevano appoggiato il governo e i militari occidentali nella lotta contro i talebani nelle regioni più critiche – nell’est e nel sud del paese – siano adesso passati dall’altra parte. Un salto dello steccato che si spiega con una grave perdita di fiducia in Karzai e nei suoi sostenitori occidentali, e che minaccia inevitabilmente un peggioramento della situazione. Per far fronte alla quale gli Usa avrebbero già pronto un piano e 14mila nuovi soldati: pare che l’invio di nuove truppe ci sarà, senza però aumentare il numero totale dei militari nel paese. Washington potrebbe infatti richiamare una parte degli addetti alla logistica e mandare al fronte truppe combattenti. Un trucco che permetterebbe al presidente Barack Obama di non “sforare” nei numeri – è di ieri un sondaggio della Cnn che vede 6 americani su 10 contrari alla guerra – e all’esercito di mettere a punto azioni più efficaci. E proprio dagli Usa è arrivato nuovo fango per Karzai. Campeggiava ieri in prima pagina sul New York Times la denuncia più grave mossa finora nei suoi confronti. Il quotidiano newyorkese dava conto di brogli avvenuti nel distretto meridionale di Shrorabak, dove alcuni leader tribali della provincia di Barith avevano deciso di togliere il sostegno a Karzai e indirizzare i voti della loro comunità a favore di Abdullah Abdullah, il suo principale sfidante. Il voltafaccia era avvenuto dopo negoziazioni che avevano coinvolto lo stesso candidato, volato a Kandahar per ricevere ufficialmente il loro sostegno. Peccato, però, che delle 23.900 schede partite da Shorabak per la capitale, nessuna riporti la croce sul nome di Abdallah. Il motivo è presto detto. Come denunciano i capi tribali, il governatore distrettuale, Delaga Bariz, è stato arrestato su mandato del fratello di Karzai, Ahmed Wali, leader del consiglio provinciale di Kandahar e – dice il NYTimes – l’uomo più potente di tutto l’Afghanistan meridionale, e nel giorno delle elezioni tutti i 45 seggi del distretto sono stati chiusi. Le urne con le schede, però, sono arrivate comunque a Kabul per lo spoglio ed erano tutte, magicamente, a favore di Karzai. Sono oltre 2600 le accuse di brogli nei confronti del presidente uscente su cui la commissione elettorale dovrà indagare, e che preannunciano tempi lunghissimi prima dell’esito del voto. Ma quello di Shrorabak è di gran lunga il caso più eclatante della lista, la cui lunghezza fa intuire come difficilmente una eventuale riconferma di Karzai sulla carta si tradurrà in un reale consenso della popolazione. Secondo gli ultimi dati forniti dalla Iec, la commissione elettorale indipendente, consultabili sul sito www.iec.org.af, al momento Karzai sarebbe a quota 47,3% contro il 32,6% di Abdallah su un totale di seggi scrutinati pari al 60,3%. Dati, ovviamente, da prendere con le pinze.
Fonte: Lettera22 e il manifesto
3 settembre 2009