Anche il nostro popolo risorgerà!


BoccheScucite


L’editoriale di BoccheScucite "voci dalla Palestina occupata" sulla situazione palestinese, su un popolo che vive sotto una dura oppressione e occupazione da oltre sessant’anni.


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Anche il nostro popolo risorgerà!

“Sua Santità, noi siamo stati esposti a una dura oppressione e siamo
sotto occupazione da sessant'anni. Chi altri se non Lei, potrà gridare
davanti a questa ingiustizia dicendo come Mosè: “O Dio libera il mio popolo!” 

Mentre le Lettera a Papa Benedetto “Non Dimentichi!” continua a raccogliere migliaia di firme, con parole ancora più forti e coraggiose Padre Manuel ha scritto dalla prigione di Gaza un'altra lettera che BoccheScucite pubblica e rilancia in Italia (A VOCE ALTA). Manuel è quel prete che durante il massacro di gennaio ha denunciato senza paura Israele, fin dalle prime ore dell'attacco: "Quello in corso a Gaza è un massacro, non un bombardamento, è un crimine di guerra e ancora una volta nessuno lo dice" (27 dicembre). Scucire la bocca di Padre Manuel è semplicemente un dovere. Sono proprio loro, i palestinesi e in questo caso i cristiani, a chiederci di non tacere. Sono loro a supplicarci di smascherare l'ipocrisia di chi, pur conoscendo l'abisso di ingiustizia che Israele perpetua da sessant'anni, rinuncia a dar voce a questo grido di dolore pur di non criticare Israele. (Sono gli stessi professori ebrei dell'Università di Gerusalemme a chiederci: Aiutateci a fermare Israele!, come riportiamo in HANNO DETTO).  
“Santità, Lei sa bene che Gerusalemme, i suoi luoghi santi e la sua gente vivono sotto questa orribile occupazione. Noi, il popolo della Palestina, cristiani e musulmani insieme, non accettiamo che sua Santità sia costretto ad entrare a Betlemme attraverso lo stretto passaggio nel muro dell’apartheid che circonda “la Città della Pace”, o che debba uscire dalla porta opposta, circondato da armi israeliane”.  
È autentica parresia evangelica quella del parroco di Gaza, che non teme di chiamare le cose con il loro nome. E se poi questa stessa “franchezza” viene in questi giorni addirittura dal Patriarca di Gerusalemme Fouad Twal, non temiamo di darle massima eco:
“Sessant'anni sono troppi. Se dopo sessant'anni non siamo arrivati ad una soluzione di pace, vuol dire che i mezzi usati sono sbagliati. Forse non c'era la volontà per questa pace. (…) Si parla sempre di territori occupati, senza continuare la frase perché abbiamo paura della frase. Si tratta di territori occupati ingiustamente da Israele.”
(Gente Veneta, 11 aprile 2009).  
Ma la provocazione di Padre Manuel è più precisa: Sappia Santità che “noi vogliamo incontrarLa a Gerusalemme e se questo non sarà possibile rifiuteremo ogni altra soluzione. Perché non possiamo accettare che le porte di Gerusalemme siano chiuse davanti a noi e che noi siamo costretti ad andare a Betlemme per incontrarLa. Tutti i palestinesi sono nati a Gerusalemme e nessuno può portarci via i certificati di nascita. Non accetteremo di incontrarLa in nessun altro
altro posto se non a Gerusalemme.”  
È ancora una volta la Città Santa il cuore del problema. Stravolta e progressivamente de-arabizzata anche nella sua parte palestinese, Gerusalemme registra in questi mesi un forte aumento della prepotenza e violenza dei coloni israeliani, che si sentono ora protetti dal nuovo governo estremista e razzista. Si evolve così anche la prassi consolidata di distruzione della case dei palestinesi. ICAHD ha denunciato (Haaretz, 6 aprile) che la municipalità non si accontenta di incrementare la criminale prassi di distruggere le case: addirittura sta studiando come farle saltare in aria. L'esigenza è quella di impiegare meno tempo possibile per demolire un'abitazione evitando le proteste.
Meglio allora farla rapidamente esplodere con la dinamite… impedendo, per esempio, che Hillary Clinton venga in Israele e si permetta di condannare l'ordine di demolizione del quartiere arabo di
Silwan. (tutte LE FOTO di questo numero sono parte di un reportage di Giovanni Sacchetti a Silwan).
E nell'indifferenza mondiale si intensifica la colonizzazione ed espropriazione della città, per esempio anche attraverso la costruzione del nuovo tram. Spiega il geografo Khalil Tufakji: “Dicono di voler soltanto garantire trasporti pubblici moderni, ma ignorano le risoluzioni internazionali. E i binari attraversano anche la zona araba, collegando gli insediamenti colonici e vietando l'uso del tram ai palestinesi. Questo è apartheid”.  
Anche per Gerusalemme la questione è determinata dai confini. “Saremo molto felici di conoscere le frontiere di Israele, unico Stato al mondo senza confini definiti”, ha sottolineato Il Patriarca Twal la scorsa settimana a Venezia. Confini per una terra senza pace e per una città dove padre Manuel vorrebbe consegnare al Papa “un ramo d’ulivo appena colto da uno dei nostri alberi, così che Lei possa credere con noi che, nonostante tanti lo dubitino, la pace arriverà in
Medio Oriente, quando sarà tolta l'occupazione e sarà riportata Gerusalemme alla pace e la pace a Gerusalemme”.  
È anche l'augurio di BoccheScucite per questa Pasqua.
Nella Terra santa e nella terra ferita del nostro Abruzzo. (due riflessioni su tutte le vittime in HANNO DETTO).
Anche noi abbiamo sentito lo sconcerto per le tante, troppe vittime del terremoto in un lungo venerdì santo. E riportando le parole del parroco di Aboud non dimentichiamo che in Palestina è sempre venerdì santo.
(HANNO DETTO)
Eppure, eppure vogliamo anche credere che dalle stesse colline di Gerusalemme, da quella terra che trema sotto i piedi di chi la abita non per eventi naturali, ma per le ruspe che demoliscono, per le armi che non tacciono nemmeno in questi giorni, vogliamo credere che questo calvario della gente di Terra santa non sia “zona residenziale”, come diceva don Tonino Bello. Vogliamo sperare davvero che le croci di tutti i condannati a vivere senza dignità e libertà in Palestina abbiano una 'collocazione provvisoria'. Perché tutto questo deve avere fine. E da Gerusalemme, allora come oggi, arriverà un sussulto di vita piena per tutti i popoli che oggi la abitano.

Fonte: Bocchescucite
voci dalla Palestina occupata
n. 75 del 15 aprile 2009

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