Afghanistan, la pace dopo la tregua
Avvenire
Iniziata la settimana di «riduzione delle ostilità» che dovrà portare alla firma dell’accordo il 29 febbraio e all’inizio del ritiro Usa dopo 18 anni di guerra, la più lunga per gli americani
Al via la mini-tregua in Afghanistan per aprire la strada a uno storico accordo tra Stati Uniti e taleban che inneschi veri e propri negoziati di pace e porti dopo 18 anni alla fine della presenza militare Usa nel Paese.
Una guerra che anche lo scorso anno (la statistica è stata resa nota solo poche ore fa) è costata la morte o il ferimento di diecimila civili.
La firma della pace, per Donald Trump, che da settimane parla di intesa vicina, sarebbe un successo di politica estera enorme. Anche in chiave elettorale, nell’anno in cui il tycoon si gioca la rielezione alla Casa Bianca e dopo i risultati finora incerti e in parte deludenti su altri fronti, dalla Corea del Nord all’Iran, dalla Siria al Medio Oriente.
Per sette giorni – ha annunciato il governo di Kabul – è stata concordata tra le parti una immediata “riduzione delle ostilità“, a partire da oggi, frutto dei lunghi e complessi negoziati svoltisi per settimane in Qatar.
Se il cessate il fuoco reggerà, allora il 29 febbraio a Doha – hanno confermato i vertici taleban e il segretario di stato Usa Mike Pompeo – ci sarà la firma del vero e proprio accordo.
La svolta era già nell’aria la scorsa settimana, quando a margine della conferenza di Monaco sulla sicurezza internazionale il segretario di stato americano Mike Pompeo e il capo del Pentagono Mark Esper hanno incontrato il presidente afghano Ashraf Ghani (che ieri è stato confermato come vincitore delle elezioni), presenti anche il generale Scott Miller, comandante delle truppe Usa in Afghanistan, e Zalmay Khalilzad, l’inviato speciale Usa nel Paese, colui che in Qatar ha chiuso sui dettagli dell’intesa con i negoziatori taleban.
La riduzione delle ostilità annunciata nelle ultime ore nel dettaglio prevede un arco di tempo di una settimana dalla giornata di sabato in cui dovrà cessare ogni tipo di violenza: dalle bombe in strada al lancio di razzi passando per gli attacchi suicidi. Passato questo periodo si arriverà alla firma dell’accordo che farà da cornice all’avvio delle trattative tra tutte le parti (probabilmente il 10 marzo) per attuare il previsto ritiro Usa.
Sia la Germania che la Norvegia si sarebbero offerti per ospitare i colloqui di pace, ma nessuna decisione sarebbe stata ancora presa.
Per quanto riguarda l’uscita delle truppe americane dall’Afghanistan (si tratta di ben 12mila uomini, attualmente) l’ipotesi è quella di un ritiro graduale in un arco di tempo di 18 mesi.
Dovrebbero proseguire però tutte le operazioni anti-terrorismo contro gruppi come Daesh-Isis e al Qaeda. A salutare gli sviluppi è stato il numero uno della Nato Jens Stoltenberg, precisando che “questo è un test critico della volontà e della capacità dei taleban di ridurre la violenza e contribuire alla pace in buona fede”. “Ciò potrebbe spianare la strada a negoziati tra afghani, a una pace sostenibile e a garantire che il paese non sia mai più un rifugio sicuro per i terroristi”. Plauso anche da Mosca che parla di “un evento importante per il processo di pace in Afghanistan”.
Il bilancio atroce Onu del 2019
Più di 10.000 civili sono stati uccisi o feriti nella guerra in Afghanistan l’anno scorso, lo rileva una rapporto Onu diffuso oggi nell’annunciare la storica tregua parziale che ha avuto inizio in tutto il Paese.
Secondo la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama), nel 2019 sono stati uccisi 3.404 civili e feriti 6.989. Mentre il numero è sceso del cinque per cento rispetto al 2018, è stato comunque il sesto anno consecutivo che la guerra ha causato più di 10.000 vittime, ha detto l’Unama. “Quasi nessun civile in Afghanistan è sfuggito alla violenza in corso,” ha detto Tadamichi Yamamoto, capo dell’Unama.
“È assolutamente necessario che tutte le parti colgano l’occasione per fermare i combattimenti, perché la pace è attesa da tempo; le vite dei civili devono essere protette e gli sforzi per la pace sono in corso”. Il calo del cinque per cento delle vittime è stato attribuito alla diminuzione dell’attività dell’affiliato locale dello Stato islamico nell’Afghanistan orientale, che è stato in gran parte spazzato via l’anno scorso.
Oggi è iniziata una tregua parziale, definita dalle parti in guerra come “riduzione della violenza”, in tutto l’Afghanistan. I taleban, le forze statunitensi e afghane hanno concordato di ridurre la violenza per sette giorni prima della prevista firma, il 29 febbraio, di un accordo Usa-taleban che potrebbe iniziare a porre fine alla guerra.
Gli Stati Uniti sono in trattative con i taleban da più di un anno per ottenere l’accordo, in cui ritireranno migliaia di truppe in cambio delle garanzie di sicurezza dei Talebani e della promessa di tenere colloqui di pace con il governo di Kabul. Il rapporto dell’Unama sostiene che ci sono state notevoli fluttuazioni nella violenza per tutto il 2019, in coincidenza con i guadagni e le battute d’arresto durante i negoziati Usa-taleban.
Avvenire,
22 febbraio 2020