Afghanistan: in sei punti le proposte della società civile
Elisabetta Norzi
Con l'impegno di preparare, entro fine settembre, un documento da presentare al governo per uscire dall'impasse dell'Afghanistan, si è tenuto a Roma il seminario organizzato da Arci, Lunaria e Lettera22 "Afghanistan: proposte della società civile".
Un documento in sei punti che riassume la posizione e le proposte della società civile sulla guerra in Afghanistan, cominciata ormai sei anni fa. Un insieme di questioni, scritte nero su bianco, su cui ragionare e riflettere, che verranno consegnate a settembre al ministro degli Esteri Massimo D'Alema in vista del suo intervento alle Nazioni Unite sul conflitto in Afghanistan. E' il risultato del seminario "Afghanistan: proposte della società civile", organizzato da Arci, Lettera22, Lunaria (19 luglio, Senato della Repubblica), al quale hanno partecipato diversi parlamentari, associazioni, Ong oltre alla Tavola della Pace. Emanuele Giordana, direttore di Lettera22, ci spiega in che cosa consiste il documento.
Quali sono i punti principali che avete messo a fuoco?
Il documento, che ci siamo impegnati a preparare entro fine settembre, comprende sei punti principali: innanzitutto la conferenza internazionale sull'Afghanistan, di cui lo stesso D'Alema aveva parlato, e l'appoggio al dialogo tra le parti nello stesso Afghanistan in vista di una conferenza di pace nel paese. Poi lo scarso impatto della cooperazione civile; gli interrogativi sull'ambiguità del mandato militare e sugli effetti dei bombardamenti; l'appoggio alla società civile afgana; il tema dei diritti e della giustizia (compresa la possibilità di un tribunale internazionale che si occupi della questione) e la richiesta di una nuova politica per superare il problema dell'oppio. Tutti contenuti che saranno anche al centro delle iniziative collegate alla marcia Perugina-Assisi
Qual è, al momento, l’impegno militare e civile dell’Italia in Afghanistan?
Attualmente, nel paese ci sono oltre 2000 soldati italiani. Al contrario ci sono pochissimi fondi investiti per progetti di cooperazione, che vedono impegnate solamente alcune Ong. Gli unici due progetti rilevanti sono l'ospedale nazionale di Kabul, sostenuto dalla Cooperazione italiana, e l'ospedale della provincia di Baglan Le province in Afghanistan, però, sono ben 33. Si tratta quindi di risorse risibili, che non permettono un impegno capillare e continuativo.
Quali sono, secondo lei, le prospettive della missione militare?
Una guerra fatta così è sicuramente perduta. Bisogna prendere atto del fallimento delle promesse fatte agli afgani dalla comunità internazionale sei anni fa. O intervengono proposte che cambiano la gestione del conflitto, con seri progetti di cooperazione, oppure entro fine anno i nodi verranno tutti al pettine.
Da parte del mondo politico e del governo, ci sono segnali in questa direzione?
Durante l’incontro di oggi, al quale hanno partecipato diversi parlamentari, il senatore Francesco Martone ha reso noto che qualcosa si sta muovendo nel mondo della politica: 41 senatori hanno infatti diffuso un documento nel quale si invita il governo a una svolta, che cambi di segno l'impegno italiano e internazionale in Afghanistan.