Afghanistan, buon viso a cattivo gioco
Emanuele Giordana - Lettera22
“Non è il momento di discutere ma il tempo di guardare avanti per la stabilità e l’unità nazionale”. E’ Hamid Karzai che parla in conferenza stampa dove, attorniato dal senatore americano John Kerry e dal capo della missione Onu a Kabul, Kai Eide, ha scelto per l’occasione giacca nera e camicia e “karakuli” – il cappello di astrakan che lo ha reso famoso
“Non è il momento di discutere ma il tempo di guardare avanti per la stabilità e l'unità nazionale”. E' Hamid Karzai che parla in conferenza stampa dove, attorniato dal senatore americano John Kerry e dal capo della missione Onu a Kabul, Kai Eide, ha scelto per l'occasione giacca nera e camicia e “karakuli” – il cappello di astrakan che lo ha reso famoso – di colore grigio. Appare dimesso anche se fa mostra di saper ancora tenere in pugno la situazione. Non recrimina, accetta il verdetto. L'Afghanistan andrà al ballottaggio.
Lo vuole il riconteggio dei voti che – dopo un lungo tira e molla – ha decretato vani oltre un milione di voti in 210 seggi dichiarati fuori gioco dalla Ecc, la Commissione mista (Onu – Afghanistan) che l'altro ieri aveva reso noto quel verdetto. La Commissione elettorale nazionale (Iec) non può, secondo la Costituzione, impugnarlo e dunque non c'è nulla da fare. La presenza di Kerry, un uomo che è stato candidato alla presidenza degli Stati uniti, è li per dire che così vuole, oltre alla Commissione mista, anche la comunità internazionale, cioè l'America, azionista di riferimento.
“Chiamo la nazione a vedere in questo nuovo round elettorale un'opportunità”, aggiunge l'uomo che dava ormai per scontata la sua rielezione a capo dello stato, carica che avrebbe ricoperto per la terza volta. Gli fa eco Fazel Sangcharaki, portavoce di Abdullah Abdullah il grande sfidante: “Noi confidavamo che il presidente avrebbe accettato di ritornare alle urne…”. E così sarà. Presto, praticamente domani, il 7 novembre, prima che il grande freddo cali sull'Afghanistan rendendo ancor più difficile di quanto già non sia tornare alle urne. Un'ipotesi che non piace a nessuno ma necessaria a legittimare il nuovo corso. Quale che sia.
Kerry mostra soddisfazione e Obama, per esprimere la sua, alza il telefono dello Studio ovale per parlare direttamente con Hamid Karzai facendo venire in mente quella famosa telefonata – quando mesi fa la tensione tra Casa bianca e palazzo presidenziale – era palpabile, tanto da esigere una telefonata “riparatrice” dell'allora neo presidente al “sindaco di Kabul”, come Karzai era chiamato dai suoi denigratori. E soddisfazione arriva da ogni capitale impegnata in Afghanistan con le truppe inserite nel contingente Isaf/Nato: il presidente francese Nicolas Sarkozy si congratula con lo “statista” il cui più alto interesse è “l'unità del popolo afgano”. Gordon Brown saluta la statura di Karzai, anche lui sottolineandone i pregi, questa volta: i difetti al momento – sbandierati senza tante smancerie alla vigilia del primo turno – passano in secondo piano. Anche il governo italiano mostra apprezzamento e fa sapere che resteranno in Afghanistan fino alla fine del processo elettorale i 400 militari inviati di rinforzo per il voto presidenziale dello scorso 20 agosto. Contenti a Bruxelles, sia i responsabili del governo europeo sia il capo della Nato. “Nessuna macchia”, direbbe un antico oracolo cinese. Ma molti problemi all'orizzonte.
Il primo è il fattore tempo, il secondo la sicurezza già a fatica garantita al primo turno. Infine si dovrà condurre un ballottaggio senza frodi e sarà necessario essere più attenti per evitare che sulla stampa nazionale o internazionale non filtrino denunce e malumori, come accaduto per tutto il mese di agosto, prima durante e dopo il primo turno. Ma c'è anche un'altra ipotesi a cui la diplomazia sotterranea, che non ha mai smesso di darsi da fare in questi mesi, sta lavorando. Si chiama governo di unità nazionale, ossia la possibilità che i due contendenti si mettano d'accordo. Ma è un'ipotesi ancora lontana.
Se infatti dalle fitte maglie ordite dalla Commissione di controllo era uscito che Karzai anziché il 54,6% aveva ottenuto solo il 49,67%, cioè poco meno della metà dei voti, Abdullah Abdullah, attestatosi al 27,7% al primo spoglio, potrebbe vedersi riconosciuto quasi un 32%. Oggi i dati ufficiali definitivi dovrebbero essere resi noti e su quelli si deciderà il da farsi. E' vero che Abdullah avrebbe ottenuto quasi un terzo in più dei voti, ma se Karzai sta appena sotto il 50%, il vecchio leone pashtun potrebbe ancora farcela. Infine ci saranno le dichiarazioni di voto dei perdenti e potrebbe fare la differenza la massa di voti che si sposterà dai candidati che hanno ottenuto il 2 o il 4%. Per esempio da personaggi, come Ramnazan Bashardost, che sono andati ben oltre il 10%.
Tra tutte le incognite, anche un altro nodo pesa sul voto: la decisione di Barack Obama sull'invio o meno di nuove truppe. Le indiscrezioni dicono che il generale McChrystal, comandante in campo delle truppe Usa e di quelle Nato, gli avrebbe chiesto 40mila uomini,. Ma il presidente non si pronuncia. Vuole – ha fatto sapere – un governo legittimo prima di decidere.
Fonte: Lettera22 e il manifesto
21 ottobre 2009