A Tunisi attacco contro la rivo­lu­zione alla vigilia del Social Forum


Giuliana Sgrena - ilmanifesto.it


La rivo­lu­zione tuni­sina è entrata nel mirino dello Stato isla­mico. La grande pres­sione sulla Tuni­sia arriva dalla Libia e non solo per le ondate di pro­fu­ghi.


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La  rivo­lu­zione tuni­sina è entrata nel mirino dello Stato isla­mico. I ter­ro­ri­sti che ieri hanno pro­vo­cato una strage al Bardo, il più antico museo archeo­lo­gico del mondo arabo e dell’Africa, hanno com­piuto quell’attacco che i tuni­sini teme­vano da tempo. Non è bastata una rivo­lu­zione che ha abbat­tuto una dit­ta­tura aprendo le porte a un pro­cesso demo­cra­tico, dove si sono con­fron­tate forze lai­che e isla­mi­ste, per sven­tare le vel­leità del ter­ro­ri­smo globalizzato.

Il tema della sicu­rezza era stato al cen­tro della cam­pa­gna elet­to­rale che lo scorso autunno aveva segnato la vit­to­ria delle forze lai­che a sca­pito degli isla­mi­sti che ave­vano dila­pi­dato il con­senso otte­nuto nel 2011, nelle prime ele­zioni del dopo Ben Ali. Ennah­dha, alla prova del potere, ha perso, anche se non ha rinun­ciato al governo. Ma ora il gioco è pas­sato nelle mani degli estre­mi­sti che sono cre­sciuti all’ombra e con la com­pli­cità di Rachid Ghan­nou­chi, grande vec­chio dell’islamismo tunisino.

La grande pres­sione sulla Tuni­sia arriva dalla Libia e non solo per le ondate di pro­fu­ghi. Non a caso è stata raf­for­zata la pro­te­zione al valico di fron­tiera di Ras Jedir, spesso chiuso per evi­tare il pas­sag­gio di armi e di jiha­di­sti e per con­tra­stare il contrabbando.

I con­trolli tut­ta­via non hanno impe­dito il pas­sag­gio dei jiha­di­sti di Ansar al Sha­ria che in Libia hanno la base logi­stica per coor­di­nare le spe­di­zioni in Siria.
Pro­prio in Libia, a 70 chi­lo­me­tri da Sirte, sabato scorso è rima­sto ucciso Ahmed Rouissi, durante gli scon­tri tra i soste­ni­tori del calif­fato e la Bri­gata 166 fedele al governo instal­lato a Tri­poli. Ahmed Rouissi, lea­der di Ansar al Sha­ria, era rite­nuto uno dei ter­ro­ri­sti tuni­sini più peri­co­losi, impli­cato anche negli assas­si­nii, avve­nuti nel 2013, dei lea­der del Fronte popo­lare Cho­kri Belaid e Moha­med Brahmi.

Tut­ta­via finora il mag­gior numero di vit­time – soprat­tutto di mili­tari – si è regi­strato sulle mon­ta­gne di Chaambi alla fron­tiera con l’Algeria, che ha inviato nella zona ingenti forze che agi­scono anche oltre fron­tiera, con l’accordo di Tunisi.

Il ter­ro­ri­smo glo­ba­liz­zato non cono­sce fron­tiere e col­pendo la Tuni­sia mira a far fal­lire l’unica rivo­lu­zione che finora ha avuto un esito posi­tivo con l’avvio di un pro­cesso di demo­cra­tiz­za­zione che peral­tro non ha escluso gli isla­mi­sti. Fin­ché Ennah­dha era al potere, pro­teg­geva le azioni dei sala­fiti che sono arri­vati anche ad attac­care l’ambasciata ame­ri­cana. Non solo, pro­prio dalla Tuni­sia sono par­titi migliaia di jiha­di­sti che sono andati a com­bat­tere in Siria con il fronte al Nusra o in Iraq con lo Stato isla­mico. I tuni­sini – reclu­tati nelle moschee o nelle asso­cia­zioni isla­mi­che con il con­senso di Ennah­dha – sono così diven­tati il mag­giore sup­porto dei ter­ro­ri­sti in Siria.

Anche gio­vani tuni­sine sono state costrette a dare il loro con­tri­buto: sono state spe­dite in Siria a sod­di­sfare gli appe­titi ses­suali dei com­bat­tenti, dopo aver con­tratto il matri­mo­nio jiha­di­sta, una nuova ver­sione del matri­mo­nio di pia­cere o temporaneo.

Ora i Fra­telli musul­mani non sono più al potere, anche se sosten­gono il governo al quale par­te­ci­pano con un pro­prio mini­stro, e la via è libera per i soste­ni­tori del calif­fato, ormai dif­fusi in tutto il Magh­reb. La pro­cla­ma­zione del calif­fato a Derna, in Libia, ha evi­den­te­mente spinto i jiha­di­sti tuni­sini all’azione. Un attacco san­gui­noso anche se con l’impiego di forze limi­tate, forse anche per­ché, secondo quanto annun­ciato dal mini­stero dell’interno, era stata appena sgo­mi­nata una cel­lula ter­ro­ri­stica a nord di Tunisi. L’assalto al museo è avve­nuto men­tre all’assemblea nazio­nale, che ha sede anch’essa nell’ex palazzo reale, erano in corso col­lo­qui tra il mini­stro della Giu­sti­zia ed esperti del suo mini­stero e di quello dell’interno per ela­bo­rare la legge con­tro il ter­ro­ri­smo (pura coin­ci­denza?) e con­tro il rici­clag­gio di denaro.

La mag­gior parte delle vit­time sono turi­sti stra­nieri (17 su un totale di 19, oltre ai due ter­ro­ri­sti), pro­ba­bil­mente l’obiettivo, se cal­co­lato, era quello di col­pire il set­tore trai­nante dell’economia del paese. Il turi­smo era ripreso dopo anni di stallo pro­vo­cato dai timori susci­tati dai cam­bia­menti in corso e ora rischia di subire una nuova bat­tuta d’arresto.

Pro­prio in que­sti giorni è dif­fi­cile tro­vare posti liberi negli alber­ghi di Tunisi per­ché mar­tedì 24 avrà ini­zio il Forum sociale mon­diale e per l’occasione arri­ve­ranno espo­nenti di asso­cia­zioni, movi­menti, par­titi da tutto il mondo e soprat­tutto dai paesi del Medi­ter­ra­neo. In Tuni­sia si era svolto il Forum sociale anche due anni fa e pro­prio il suc­cesso di quella edi­zione aveva deter­mi­nato la scelta di quest’anno. Anche il Forum è entrato nel mirino dei ter­ro­ri­sti? Spe­riamo di no e solo una grande par­te­ci­pa­zione in que­sta situa­zione può rap­pre­sen­tare un gesto di grande soli­da­rietà con il popolo tuni­sino. Certo, un attacco di que­ste dimen­sioni alla vigi­lia dell’apertura, men­tre fer­vono i pre­pa­ra­tivi, non è di buon auspicio.

Ma forse come nel VII secolo era stata Kahina, la regina ber­bera, a fer­mare i califfi, ora saranno le donne, già pro­ta­go­ni­ste della rivo­lu­zione, a bloc­care i seguaci di al Baghdadi.

Fonte: www.dirittiglobali.it

19 marzo 2014

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